Uno straordinario ministro del perdono di Dio. San Leopoldo, bastava vederlo, sentirne anche solo il nome, per essere spinti ad avvicinarlo e aprirgli la propria coscienza. Ancora giovane, all’inizio del ministero sacerdotale, al suo confessionale fu un accorrere di gente.
Così nei vari conventi dove passò, anche se a Padova il movimento assunse forme crescenti e veramente eccezionali. Numerosissimi penitenti – di ogni estrazione sociale e culturale – si riunivano davanti alla porta del suo confessionale, disposti a lunghe attese, desiderosi di poter sentire da lui la parola del perdono, di avere un consiglio illuminato per la propria vita.
San Leopoldo Mandić fu confessore ricercato per le doti di sapienza e scrutazione dei cuori, dovute alla frequentazione dei testi biblici e patristici, ma soprattutto per la benevola accoglienza dei penitenti. Chi lo ebbe come confessore, ne lodò l’«accoglienza singolare», la «pazienza incredibile», la «delicatezza imperturbabile», il «grande senso di comprensione», il «grande cuore», l’«umanità nell’ascoltare». Se qualche penitente si lasciava sopraffare dalle lacrime o turbare da scrupoli, usava dire: «Stia tranquillo, metta tutto sulle mie spalle, ci penso io», e si addossava preghiere, veglie notturne, digiuni e privazioni volontarie.
Dei suoi penitenti si sentiva soprattutto «amico». Già al primo incontro si era da lui accolti come vecchie conoscenze, tanta era la cortesia, la cordialità. Padre Leopoldo «seppe fare della sua cella-confessionale, al dire di molti penitenti, un “salottino della cortesia”. Egli si mostrava pieno di bontà e di comprensione con quanti andavano a inginocchiarsi ai suoi piedi» (papa Paolo VI). Qualche volta, se avvertiva timidezza o diffidenza, con spontanea umiltà non esitava a farsi incontro, anche materialmente, alzandosi dalla sua poltrona.
Il prof. Ezio Franceschini, docente universitario a Padova e poi rettore all’Università Cattolica di Milano, che fu suo penitente, ricordò il dolore provato da padre Leopoldo quando venne tacciato di lassismo. Gli confidò il frate: «Dicono che do troppo facilmente l’assoluzione, anche a chi non ne ha le dovute disposizioni». Allargando le braccia, soggiunse: «Mi guardi, signore. Le pare che se un peccatore viene a inginocchiarsi davanti a me lo possa fare per me e non per il Padrone Iddio?».
Nella sua straordinaria semplicità, naturalezza e serietà d’intenti, padre Leopoldo accompagnò e guidò molti alla «misura alta» della vita cristiana, cioè alla santità. Consapevole che è Dio il primo artefice in quest’opera, diceva: «Dio è la guida di ogni anima, e ogni anima ha la sua via. Lo Spirito Santo è il primo direttore di spirito e resta sempre il primo; i santi li fa lui… A noi spetta solo il dovere di riconoscere e assecondare la sua azione e non intralciarla con le nostre meschine vedute». Tale opera di Dio, egli la riconobbe e favorì in molte anime: sacerdoti, religiosi e religiose, professionisti, padri e madri di famiglia.
Anche il beato papa Giovanni Paolo II, nell’omelia per la canonizzazione di padre Leopoldo, rievocando alcune sue espressioni, evidenziò il profilo esemplare del confessore: «In questo sta la sua grandezza. In questo suo scomparire per far posto al vero Pastore delle anime. Egli manifestava così il suo impegno: «Nascondiamo tutto, anche quello che può avere apparenza di dono di Dio, affinché non se ne faccia mercato. A Dio solo l’onore e la gloria! Se fosse possibile, noi dovremmo passare sulla terra come un’ombra che non lascia traccia di sé”. E a chi gli chiedeva come facesse a vivere così, egli rispondeva: “È la mia vita!”».
«Noi non abbiamo che da ammirare e da ringraziare il Signore che offre oggi alla Chiesa una così singolare figura di ministro della grazia sacramentale della Penitenza; che richiama da un lato i sacerdoti a ministero di così capitale importanza, di così attuale pedagogia, di così incomparabile spiritualità; e che ricorda ai fedeli, fervorosi o tiepidi e indifferenti che siano, quale provvidenziale e ineffabile servizio sia ancor oggi, anzi oggi più che mai, per loro la Confessione individuale e auricolare, fonte di grazia e di pace, scuola di vita cristiana, conforto incomparabile nel pellegrinaggio terreno verso l’eterna felicità».
Papa Paolo VI, Omelia per la beatificazione di padre Leopoldo
Fonte www.leopoldomandic.it
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