Padre Massimiliano Maria Kolbe e la Medaglia Miracolosa
Quello stretto legame fra il santo martire e la Vergine Maria…
Padre Massimiliano Maria Kolbe nel 1918, dopo essere ordinato sacerdote, celebra la sua prima Messa a Roma a Sant’Andrea delle Fratte. È il luogo dove, il 20 gennaio del 1842, l’Immacolata Concezione della medaglia miracolosa appare all’ebreo Alfonso Ratisbonne. Il giovane ebreo, che portava la medaglia al collo per scherno, si converte istantaneamente. La medaglia miracolosa è stata coniata per volontà della Madonna espressa a Santa Caterina Labouré nell’apparizione del 27 novembre del 1830.
Padre Alfonso Longobardi, vice parroco di Sant’Andrea delle Fratte, ricorda il legame tra padre Kolbe con la chiesa romana non lontana da piazza di Spagna e con la medaglia miracolosa.
R. – Padre Massimiliano Kolbe ha una venerazione particolare per la Vergine Maria, l’Immacolata. Qui a Sant’Andrea delle Fratte il 20 gennaio del 1842 la Vergine Immacolata appare ad Alfonso Ratisbonne, un ateo appartenente ad una famiglia ebrea e anche massone. Per Massimiliano Kolbe questa storia e coinvolgente: Maria con la sua bellezza e con la sua luce converte questo uomo.
Qual è il legame di padre Massimiliano Kolbe con la medaglia miracolosa?
R.- C’è questo legame perché Alfonso Ratisbonne portava con sé, per scherno, la medaglia. Un amico, che si era convertito, gli aveva chiesto che la indossasse. E gli aveva detto che anche lui si sarebbe convertito. Alfonso l’aveva presa per schernirlo. Quella medaglia sarà poi fondamentale. Alfonso dirà di aver visto la Vergine Maria così come è raffigurata sulla medaglia, coniata in seguito all’apparizione della Vergine Maria a Santa Caterina Labouré. Ed è semplicissima. Su un lato c’è la Vergine, con una preghiera a Maria. Sull’altro lato c’è la lettera di Maria, la M, intarsiata nella croce e in due cuori: il Sacro Cuore di Gesù è il cuore addolorato della Vergine Maria. Questa medaglia diventa per padre Kolbe un po’ lo stemma, il segno esteriore che ogni appartenente alla Milizia dell’Immacolata deve portare con sé.
Padre Kolbe portava con se e aveva in petto questo segno anche il 14 agosto 1941, il giorno della sua morte ad Auschwitz…
R. – Anche lì, ad Auschwitz, quella di padre Kolbe è stata una vita da apostolo. Mi colpisce molto un particolare al di là di come sia morto: il fatto che con la sua presenza in quelle celle diventa una presenza di speranza. Si racconta che nelle celle non ci sono più grida e pianti ma canti e preghiere. E, non a caso, le ultime parole di padre Massimiliano Maria Kolbe prima di morire saranno: “Ave Maria”. Potremmo dire che queste parole sono la sintesi di una vita che si dona e si mette nelle mani dell’Immacolata e si fa strumento di santità.
Fonte Vatican News