Ma chi fu San Restituto? La succitata Passio ci dice che Restituto (il cui nome significa “rinnovato nella fede e ricondotto alla salvezza tramite il Battesimo”) era un giovane nobile originario di Eretum, l’attuale Monterotondo (Roma), e lo descrive come un ragazzo saggio e raffinato catturato quando erano imperatori Diocleziano ed il suo cesare Massimiano. Il periodo in cui si svolse la sua esistenza è il III sec d.C., un’epoca complessa particolarmente difficile per la fede cristiana. La fine della dinastia militare dei Severi aveva infatti causato una profonda crisi politica nello Stato romano, anche se la vera crisi dell’Età Tardoantica non fu tanto lo sconvolgimento dell’assetto politico, ma soprattutto la crisi spirituale, non essendo in grado la religione pagana di dare risposte all’uomo del tempo circa le domande fondamentali sul senso della vita. Il clima di smarrimento aveva quindi agevolato il diffondersi di culti e religioni orientali, ricche di superstizioni. Tra i vari culti, si era pertanto diffusa anche la religione cristiana, con la sua fede in un unico Dio, la speranza di una vita dopo la morte ed il suo messaggio di fratellanza. In questo clima di smarrimento esistenziale, per il processo di evangelizzazione determinante fu la vicenda della leggendaria Legione Tebea, una legione proveniente da Tebe di Egitto e composta da uomini convertitisi segretamente al Cristianesimo. Di questa legione faceva parte anche San Restituto. Chiamata dall’Egitto per volere dell’Imperatore Massimiano al fine di sedare la rivolta dei Bagaudi (popolazioni barbariche che popolavano il territorio dell’attuale Francia), la legione si rifiutò di onorare il culto dell’Imperatore Diocleziano, venerato come dio, e trovò la morte nel massacro di Agauno (Valle D’Aosta). Le fonti antiche successive alla Passio di Eucherio di Lione parlarono tuttavia di Martiri Tebei (cioè quelli che caddero nel massacro di Agauno) e Pseudo-Tebei (ossia coloro che riuscirono a scappare dal massacro di Agauno e continuarono l’opera evangelizzatrice subendo il martirio nei luoghi dove giunsero).
La Passio di Restituto narra infatti che Restituto, scampato dal massacro di Agauno, continuò a professare la religione cristiana a Roma, predicando contro gli dèi pagani. Per questo fu arrestato e, in quanto cittadino romano, condotto in tribunale davanti al prefetto Ermogene. Invitato dal prefetto a compiere sacrifici agli dèi pagani per evitare di andare incontro ad atroci punizioni, Restituto rifiutò di seguire il comando, mettendo così a gioco la propria vita per testimoniare il suo Credo.
Interessante è leggere proprio tutto lo svolgimento del suo processo, nonché il racconto dell’esperienza della sua prigionia e dei tentativi di Ermogene di fargli rinnegare la sua fede attraverso la promessa di una grande carriera nell’esercito. Restituto fu però saldo nella fede e, per questo, sottoposto a torture durissime: Ermogene comandò infatti ai soldati finanche di spezzargli le mascelle a colpi di pietre, oltre che di percuoterlo con sferze, e palle di piombo.
Bellissima è quindi l’immagine che appare di San Restituto durante queste torture, che il giovane affronta sorridente e gioioso perché avverte accanto a sé la presenza del Signore.
Rinchiuso in carcere, Restituto compie addirittura un miracolo: in lacrime ed incatenato, si rivolge al Signore offrendo se stesso in cambio della libertà di tutti gli altri prigionieri. Dio accoglie la sua preghiera attraverso il susseguirsi di una serie di eventi prodigiosi, come un terremoto nel carcere, il brillare di una grande luce ed il diffondersi di un odore soave. Informato dai soldati l’accaduto, Ermogene accusò così San Restituto di compiere malefici e, dinanzi all’ennesimo rifiuto del giovane di rinnegare la fede cristiana, lo condannò alla pena capitale per decapitazione.
Le fonti raccontano al riguardo che la decapitazione di San Restituto avvenne fuori del Campidoglio e che il suo corpo venne gettato presso l’arco di Settimio Severo, nei pressi del Colosseo, perché fosse divorato dai cani. Dalle fonti apprendiamo altresì che una Matrona di nome Giusta raccolse il corpo del giovane martire, lo nascose nella sua casa e gli diede una degna sepoltura in un campo di suo possesso ubicato sulla via Nomentana. La donna avvertì dunque anche Stefano, il vescovo del luogo, il quale accolse le spoglie mortali con tutto il clero ed il popolo della città. Il corteo funebre ebbe luogo nel foro con inni e lodi ed il corpo di San Restituto fu sepolto in un cimitero sotterraneo, divenendo subito mèta di grandi pellegrinaggi da parte di malati che speravano di ottenere una guarigione miracolosa per intercessione del Santo.
In merito, interessante è lo studio condotto dal prof. Vincenzo Fiocchi Nicolai circa la catacomba di San Restituto a Monterotondo, rinvenuta proprio grazie alle indicazioni riportate dalle fonti e contenute nella monografia dal titolo “Roma Sotterranea”, redatta agli inizi del 1600 dall’archeologo maltese Antonio Bosio, il quale precisò che il monumento era stato nascosto agli studiosi perché gli ingressi erano stati murati. Fino al 1600 viene infatti attestato che la catacomba di San Restituto fosse accessibile, come risulta da numerosi atti notarili di compravendita stipulati per la costruzione del vicino convento dei padri cappuccini. Dagli atti di una visita pastorale del 1700 risulta anche che ci fosse una chiesa dedicata a San Restituto di origini molto antiche, successivamente inglobata nella villa Cecconi in Monterotondo nel 1700.
Il culto di San Restituto, nato nel III sec d.C., dovette avere pertanto diffusione probabilmente sino al 1800. Tale culto era stato molto comune in passato grazie alla tradizione religiosa locale dei territori del Lazio e dell’Italia Settentrionale, anche se non mancano tracce di devozione nell’Italia Meridionale.
Riscoprire la figura dei Santi oramai dimenticati come ad es. il giovane Restituto, leggere e riflettere sulla loro parabola umana e spirituale, per poi visitare i luoghi in cui questi hanno vissuto, a mio avviso può costituire un monito per l’uomo contemporaneo, e soprattutto per i ragazzi del nostro tempo, a decidere di incentrare la propria vita su valori e ideali volti a raggiungere il senso vero dell’esistenza umana.
di Maddalena Mazzone per PAPABOYS 3.0
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