Non abbiamo parlato in questi giorni del Festival di Sanremo, della gara, dei cantanti.
Non lo abbiamo fatto quest’anno, nel rispetto del tempo che stiamo vivendo, di grande pandemia mondiale, nel rispetto delle persone che non ci sono più, ed anche nel rispetto del tempo a disposizione che abbiamo, e che abbiamo dedicato a Papa Francesco ed al suo viaggio ‘eroico’ ed impossibile in Iraq.
E’ bastata un po’ di musica e quattro canzonette per far dimenticare a molti cosa sta accadendo intorno a noi, e dentro di noi. Esorcizziamo con le BLASFEMIE DI FIORELLO, che si presenta sul palco con una corona di spine in testa, ma leggo sui giornali, che l’anticristo è Achille Lauro. E tutti addosso a lui. Al buon Fiorello invece, no, tutto è permesso. Forse perché si chiama Rosario….
No. Achille Lauro è l’unica cosa interessante che ho visto ogni sera, finito il Festival che non ho guardato, sul sito di RaiPlay. Ho guardato solamente le sue ‘perle’. E le ho condivise tutte. Artisticamente e moralmente.
Per essere sincero, il ‘bacio in bocca’ a Bossdoms, nel matrimonio improvvisato, non mi è proprio andato a genio, è stata una …. stupidata talmente ridicola, che perfino mi ha fatto sorridere. E ne ho poca voglia in questo periodo. Anche se mi sforzo un pò, per non perdere l’abitudine.
Ultimo quadro della settimana del Festival di Sanremo per Achille Lauro, questa volta dedicato alla musica classica, con in scena il ballerino dell’Opera di Roma Giacomo Castellana. Achille Lauro canta C’est la vie, poi iniziano a risuonare le parole di tutti quelli che lo hanno criticato negli ultimi anni: Red Ronnie, Matteo Salvini, Maurizio Gasparri, Valerio Staffelli.
A petto nudo e con delle rose infilzate nel petto sanguinante (le parole che feriscono) e sanguina cadendo in ginocchio.
“È giunto il nostro momento – recita – La nostra stessa fine in questa strana fiaba. La più grande storia raccontata mai. Maschere dissimili recitano per il compimento della stessa grande opera. Tragedia e commedia. Essenza ed esistenza. Intesa e incomprensione. Elementi di un’orchestra troppo grande per essere compresa da comuni mortali.
È giunto il nostro momento.
Colpevoli, innocenti. Attori, uditori. Santi, peccatori. Tutti insieme sulla stessa strada di stelle Di fronte alle porte del Paradiso. Tutti con la stessa carne debole.
La stessa rosa che ci trafigge il petto. Insieme, inginocchiati davanti al sipario della vita. E così sia. Dio benedica solo noi esseri umani”.
Ah! Dimenticavo….
Non mi chiedete come è finito Sanremo 2021. Non lo so, lo scoprirò domani al Telegiornale.
di Daniele Venturi, responsabile Papaboys 3.0