Celebrazione della Domenica delle Palme e recita dell’ Angelus
Da Piazza San Pietro, Celebrazione della Domenica delle Palme e della Passione del Signore presieduta da Papa Francesco, Recita della Preghiera dell’Angelus
Appena dimesso, dopo la bronchite su base infettiva, il Papa riprende dunque la sua agenda della Settimana Santa e, tramite il portavoce, fa sapere che presiederà i Riti pasquali: le modalità delle liturgie della Settimana Santa “restano invariate”, ha confermato Bruni, spiegando che il Papa presiederà le celebrazioni con un cardinale all’altare, anche il giorno di Pasqua. Una modalità, peraltro, già in vigore da tempo.
Domani la Messa della Domenica delle Palme, con il cardinale Leonardo Sandri, vice decano del Collegio cardinalizio, come celebrante. Da giovedì si entrerà nel vivo delle celebrazioni pasquali, con la Messa del Crisma nella Basilica vaticana e poi la Messa della Cena del Signore, con il rito antico e sempre commovente della Lavanda dei piedi.
Da oggi si conosce il luogo; lo stesso, come detto, scelto dal Papa argentino il 28 marzo 2013, quindici giorni dopo la sua elezione.
Festeggiamo oggi l’entrata messianica di Gesù a Gerusalemme; in ricordo del suo trionfo, benediciamo le palme e leggiamo il racconto della sua passione e della sua morte. È il profeta Isaia con il suo terzo cantico sul servo sofferente di Iahvè che ci prepara ad ascoltare questo passo del Vangelo.
La sofferenza fa parte della missione del servo. Essa fa anche parte della nostra missione di cristiani. Non può esistere un servo coerente di Gesù se non con il suo fardello, come ci ricorda il salmo di oggi.Ma nella sofferenza risiede la vittoria. “Egli spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo, umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte, e alla morte di croce”. E, come il suono trionfale di una fanfara, risuonano le parole che richiamano l’antico inno cristiano sulla kenosi citato da san Paolo: “Per questo Dio l’ha esaltato al di sopra di tutto”. L’intera gloria del servo di Iahvè è nello spogliarsi completamente, nell’abbassarsi, nel servire come uno schiavo, fino alla morte. La parola essenziale è: “Per questo”. L’elevazione divina di Cristo è nel suo abbassarsi, nel suo servire, nella sua solidarietà con noi, in particolare con i più deboli e i più provati.
Poiché la divinità è l’amore. E l’amore si è manifestato con più forza proprio sulla croce, sulla croce dalla quale è scaturito il grido di fiducia filiale nel Padre. “Dopo queste parole egli rese lo spirito”, e noi ci inginocchiamo – secondo la liturgia della messa – e ci immergiamo nella preghiera o nella meditazione. Questo istante di silenzio totale è essenziale, indispensabile a ciascuno di noi. Che cosa dirò al Crocifisso? A me stesso? Al Padre?
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