Più di trent’anni fra teatro, televisione e cinema. E l’amore per le sfide. È l’attrice Laura Marinoni, debutto in televisione nel 1981 e in teatro nel 1984 con Giuseppe Patroni Griffi, il «papà storico: quasi dieci anni di spettacoli insieme».
Lo scorso maggio Andrea Chiodi, direttore artistico del festival teatrale varesino Tra Sacro e Sacro Monte, che l’ha vista più volte ospite, le propone una nuova partecipazione. «Se scrivessi io qualcosa?», suggerisce lei. Perché, racconta, «era da tempo che avevo voglia di cimentarmi con le vite dei santi».
Prosegue: «Vado spesso in Umbria e, quando sei in Umbria i santi li percepisci, anche se non li vedi. Ci sono al mondo dei luoghi benedetti, magici, sia per chi crede sia per chi non ha fede. Si avverte che lì sono passate, come dire, “energie” molto buone. Volevo scrivere di tanti santi, non ultima anche Ildegarda di Bingen, di cui ho usato le musiche nello spettacolo. Ma sentivo la necessità di elaborare e recitare un testo teatrale su santa Rita da Cascia». La santa dei casi impossibili, come viene ricordata, che ha devoti in ogni parte del mondo.
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UNA SANTA DI FAMIGLIA
Un personaggio che era nel dna di Laura Marinoni. «Rita, in qualche modo misterioso, mi è sempre appartenuta un po’. La sento di famiglia: è qualcosa di inspiegabile. Mia nonna materna le era molto devota, me ne parlava di continuo. È stata lei a insegnarmi le preghiere, fin da piccolissima, e a guidarmi verso un itinerario spirituale».
Laura inizia così un percorso di studio: molte letture storiche e un aiuto prezioso, il testo di Lucetta Scaraffia (La santa degli impossibili. Rita da Cascia tra devozione e arte contemporanea, Edizioni Vita e Pensiero, ndr). «Scaraffia intraprese questa ricerca in modo assolutamente scientifico, da non credente. Durante gli studi qualcosa in lei cambiò, trovò la fede e la devozione per la santa».
Laura Marinoni si immerge nei luoghi di Rita, da Roccaporena, piccolo Comune vicino a Perugia montagnoso e aspro dove nacque, fino a Cascia. Cammina per quei viottoli, ne respira l’aria e i profumi, cerca di immaginarsi la vita di questa donna di cui si sa pochissimo. «Sopra Assisi, in campagna, ho cominciato a scrivere e in poche settimane è nato Rita degli impossibili. Incredibile storia di una donna. Con due o tre momenti di grazia: ho sentito che le parole uscivano come fossero state sempre dentro di me. Credo di essere riuscita alla fine a trasmettere non solo qualcosa inevitabilmente di mio ma anche un’umanità che è difficile trovare nelle biografie, che in pratica non esistono».
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LE SCELTE CHE RENDONO SANTI
Una donna che ha avuto un’esistenza normale ed eccezionale insieme: si pensa alla santità come a un qualcosa di scollegato dalla vita, come a un’aureola che separa dal mondo.
«Crediamo che il santo nasca tale: in realtà siamo tutti potenzialmente santi e peccatori. I santi sono tali perché hanno fatto una scelta dopo l’altra nel quotidiano. Rita, nata da genitori già anziani, fu moglie e madre. Sposata per quasi vent’anni a un uomo che era un assassino, impegnato nelle lotte tra guelfi e ghibellini. Poi vedova, con due figli che meditavano vendetta».
La tradizione narra che santa Rita fu rifiutata dalle monache per tre volte, finché fu condotta in volo al centro del chiostro del convento di Santa Maria Maddalena di Cascia in una nuvola di fuoco, scortata da sant’Agostino, san Nicola da Tolentino e san Giovanni Battista. «Ho immaginato i particolari di come questo volo fosse accaduto. Come poteva sentirsi? Trasportata al di fuori del tempo e dello spazio contro la sua volontà, e destinata, dopo quasi quarant’anni di mondanità, a un altro mondo, una realtà che quasi avrebbe voluto rifiutare. Ho immaginato di far partire il racconto dal suo spaesamento davanti alle suore, stordita dopo il volo: si sveglia e da lì inizia a ricordare chi è e a trasmetterci i suoi dubbi».
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NEI PANNI DI RITA
Con tanto rispetto e in punta di piedi, Laura Marinoni ha usato la sua fantasia per mettersi nei panni della santa: «Dovevo decidere tante cose. Se amava il marito, per esempio: ho deciso di sì, nonostante fosse un violento; mi sono immaginata i figli; la prima notte d’amore; mi sono inventata che da ragazzina avesse un cane chiamato Montano, nome ispirato alla chiesetta dedicata a san Montano a Roccaporena».
L’entusiasmo di Laura Marinoni è contagioso, uno stupore gioioso di fronte al mondo: trapela quando ci rivela che, tra i futuri progetti, c’è anche quello di scrivere un secondo capitolo sulla spiritualità di oggi. «Un testo teatrale che sia rivolto a tutti, che si ponga le domande fondamentali dell’esistenza, quelle che possiamo farci o non farci ma che rimangono sempre le stesse e che racconti le differenti spiritualità. Siamo tutti esempi viventi per quello che facciamo. L’esperienza religiosa non si può insegnare, devi viverla e diviene cosa tua».
Fonte www.credere.it
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