“L’ora è grave” – ha affermato mons. Auza – la sopravvivenza stessa dei cristiani in Medio Oriente è a rischio dopo 2000 anni. Anche altre comunità etniche e religiose stanno subendo ugualmente “violazioni dei diritti umani, torture, uccisioni e ogni forma di persecuzione semplicemente per la fede che professano o per il gruppo etnico di appartenenza”, ma “i cristiani sono stati specificamente presi di mira, uccisi o costretti a fuggire dalle loro case e villaggi”.
“Solo 25 anni fa – ricorda Auza – c’erano quasi due milioni di cristiani che vivevano in Iraq” mentre ora sono meno di 500mila. La situazione è “insostenibile” di fronte alle minacce di morte che subiscono da parte di organizzazioni terroristiche. I cristiani vivono un “profondo senso di abbandono” da parte delle autorità legittime e della comunità internazionale.
La Santa Sede invita tutto il mondo “ad agire prima che sia troppo tardi”, ricordando che “l’intera comunità internazionale ha concordato che ogni Stato ha la responsabilità primaria di proteggere la sua popolazione da genocidio, crimini di guerra, crimini contro l’umanità e pulizia etnica” e – laddove non potesse o non volesse – “la comunità internazionale deve essere pronta ad agire per proteggere le popolazioni in conformità con la Carta delle Nazioni Unite”.
Il presule ricorda anche che Papa Francesco ha ripetutamente invitato la comunità internazionale “a fare tutto il possibile per fermare e prevenire ulteriori violenze sistematiche contro le minoranze etniche e religiose”. “Il ritardo dell’intervento – ha ammonito l’osservatore permanente – significherà solo che più persone moriranno, saranno perseguitate o costrette a fuggire”.
La Santa Sede – ha detto mons. Auza – esprime “il suo profondo apprezzamento per i Paesi della regione e per tutti coloro che lavorano instancabilmente, anche a rischio della propria vita, per fornire assistenza a circa due milioni e mezzo di sfollati interni in Iraq, a 12 milioni di siriani che hanno bisogno di assistenza umanitaria, di cui quattro milioni vivono come rifugiati e sette milioni e mezzo di sfollati interni. Cerchiamo – conclude – di aiutare questi Paesi”.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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