“E’ vero – si legge nel Messaggio del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso – che la globalizzazione ha aperto molte nuove frontiere e ha fornito nuove opportunità” sul fronte sociale e politico, ma “si può anche dire che la globalizzazione non ha raggiunto il suo obiettivo primario di integrare le popolazioni locali nella comunità globale. Piuttosto, la globalizzazione ha contribuito in modo significativo alla perdita da parte di molti popoli della loro identità socio-culturale, economica e politica”.
“La globalizzazione – afferma il dicastero vaticano – ha contribuito alla frammentazione della società e ad un aumento del relativismo e del sincretismo in materia religiosa, determinando anche una privatizzazione della religione. Il fondamentalismo religioso e la violenza etnica, tribale e settaria in diverse parti del mondo, oggi sono in gran parte le manifestazioni del malcontento, dell’incertezza e dell’insicurezza tra i popoli, in particolare dei poveri e degli emarginati che sono stati esclusi dai benefici della globalizzazione”.
“Le conseguenze negative della globalizzazione, come il diffuso materialismo e consumismo, inoltre, hanno reso le persone più egocentriche, assetate di potere e indifferenti ai diritti, bisogni e sofferenze degli altri”. Questo – come ha osservato Papa Francesco – ha portato ad una “globalizzazione dell’indifferenza che ci fa lentamente abituare alla sofferenza dell’altro chiudendoci in noi stessi” (Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, 2014).
“Tale indifferenza – si sottolinea nel messaggio – dà luogo a una ‘cultura dell’esclusione’ (cfr Papa Francesco, Discorso al Movimento Apostolico Ciechi e la Piccola Missione per i Sordomuti 29 marzo 2014) in cui a poveri, emarginati e vulnerabili sono negati i loro diritti, così come le opportunità e le risorse che sono invece disponibili per altri membri della società. Essi vengono trattati come insignificanti, superflui, gravosi, inutili, da utilizzare o anche da scartare come oggetti. In vari modi, lo sfruttamento dei bambini e delle donne, l’abbandono di anziani, malati, diversamente abili, migranti e rifugiati, e la persecuzione delle minoranze, sono sicuri indicatori di questa cultura dell’esclusione”.
“Coltivare una cultura dell’inclusione diventa così una chiamata comune e una responsabilità condivisa, che deve essere attuata con urgenza. Si tratta di un progetto che coinvolge quanti hanno a cuore la salute e la sopravvivenza della famiglia umana qui sulla terra e che deve essere compiuta nonostante le forze che perpetuano la cultura dell’esclusione”.
Il Messaggio si conclude con un appello affinché indù e cristiani possano unirsi “con i seguaci di altre religioni e con le persone di buona volontà per promuovere una cultura dell’inclusione per una società giusta e pacifica”.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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