La sofferenza delle comunità cristiane in Medio Oriente è raccontata in queste ore dai testimoni diretti, i leader religiosi cattolici e ortodossi siriani e iracheni, presenti a Bari al Summit organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio sul futuro dei cristiani in quell’area del mondo. Il servizio di Francesca Sabatinelli per la Radio Vaticana:
In Medio Oriente è in atto il martirio dei cristiani che continuano a vivere senza rinunciare alla loro fede e alla loro identità. E’ il fondatore della Comunità di Sant’Egidio, Andrea Riccardi, a dire con fermezza che “l’eliminazione dei cristiani rappresenterà un suicidio per il pluralismo perché i cristiani hanno sempre dato un contributo importante allo sviluppo delle società arabe”. “Un Medio Oriente senza o con pochi cristiani non è più il Medio Oriente”, è l’analogo timore espresso da mons. Paul Richard Gallagher, segretario per le relazioni con gli Stati della Santa Sede, che manifesta apertamente la preoccupazione del Vaticano per ciò che avviene in quell’area. “Negli ultimi mesi – sottolinea mons. Gallagher – siamo stati testimoni di atrocità inaudite in varie parti del Medio Oriente, anche contro i non cristiani”. In quell’area è in atto una “drammatica pulizia etnica di intere regioni, che sembra rappresentare la fine di una storia”, prosegue Riccardi che ipotizza: forse una realtà così pacifica come quella cristiana è “Dialogo-intollerabile per chi vuole il totalitarismo islamico”. Per il ministro degli esteri italiano, Paolo Gentiloni, da anni ormai “l’Europa è malata di egoismo e indifferenza”. Alberto Quattrucci della Comunità di Sant’Egidio, organizzatore dell’evento a Bari:
R. – Noi di Sant’Egidio seguiamo da tanti anni tutte le terre mediorientali, nel senso di legame di amicizia, di incontro, di dialogo, di cooperazione, ovviamente soprattutto con i cristiani, ma anche con i musulmani. Nonostante questo, però, mi sorprende molto quello che emerge oggi in senso drammatico, ma anche positivo. Racconti di episodi di grande sofferenza su anziani, bambini, donne, comunità intere, villaggi ormai vuoti di cristiani, immagini veramente drammatiche si intrecciano continuamente a toni di grande speranza e di grande futuro, come a dire: il tempo dei martiri è anche il tempo di una nuova vocazione dei cristiani in Medio Oriente e nel mondo dal Medio Oriente. Questo tono, che poi è anche l’intuizione di Papa Francesco, i discorsi, i temi di Papa Francesco, come la bellissima lettera mandata ai Patriarchi mediorientali nella prossimità del Natale, sta emergendo come una nuova vocazione nell’oggi. Questo è un fatto estremamente importante e prezioso.
D. – A Bari ci sono, tutti assieme, uno accanto all’altro, Patriarchi, responsabili delle Chiese cattoliche ortodosse del Medio Oriente. E’ la prima vera volta in cui sono tutti riuniti assieme. Che voce viene da loro?
R. – Sì, è interessantissimo questo, perché effettivamente è la prima volta che sono tutti insieme. Erano stati insieme i cattolici da un lato, o gli ortodossi dall’altro, ma è la prima volta che sono tutti insieme. Non si tratta più di cattolici e ortodossi, si tratta di comunità cristiane del Medio Oriente. E questo loro lo sentono con grande orgoglio e con grande senso di unità. E’ emersa la parola “unità” e si è denunciato in maniera estremamente chiara che la guerra non ha mai risolto nulla, che l’opposizione non ha mai risolto nulla e, qui è l’interessante, anche l’opposizione nei confronti dell’islam non risolve. O il futuro si costruisce insieme o non c’è futuro, per tutte le comunità religiose, non solo cristiane, in Medio Oriente. E’ un fatto, direi, molto grande. Sono nati degli appelli e delle domande rivolte per lo più alla Comunità di Sant’Egidio, perché questa unità venga sempre più consolidata nei prossimi mesi e porti a denunce chiare. Questo appello noi lo accogliamo con grande entusiasmo, ma anche con molta attenzione. Hanno chiesto a Sant’Egidio di aiutare quest’unità, che significa solidarietà, visite reciproche dei Patriarchi in un Paese o nell’altro, in una comunità o nell’altra, incontri in Europa per sensibilizzare su questi temi, eventuali futuri appelli, ma significa anche collaborazione fattiva, in senso di una vocazione comune, per continuare a vivere in Medio Oriente e a diffondere questo messaggio di pace. Quindi mi sembra un fatto molto rilevante.
D. – Non si può prescindere chiaramente dall’importanza del ruolo dell’islam e del rapporto con l’islam. In questi mesi si è sempre ripetuto come la maggior parte delle vittime della violenza fondamentalista siano i musulmani stessi. Però il rapporto con l’islam, in generale, è ormai messo a dura prova…
R. – Sì, è messo a dura prova, però anche qui sono emerse diverse proposte, lo diceva padre Pizzaballa, il custode di Terra Santa, ma altri si sono uniti, di un dialogo concreto con le comunità islamiche, che vogliono la coesistenza, la coabitazione in Medio Oriente. Si è detto con chiarezza che la presenza dei cristiani è importante anche per l’islam, per garantire il pluralismo vero, per garantire una dissociazione forte delle comunità islamiche dall’estremismo, dal terrorismo, da queste lotte armate degli ultimi tempi.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana