Categorie: Italiae et Ecclesia

Sant’Egidio: pace si costruisce coi mattoni della preghiera

“La pace è sempre possibile”: questo il centro del messaggio lanciato ieri dal Papa all’Angelus. Parole che hanno toccato i cuori di tutti, perché tutti possiamo essere operatori di pace facendola germogliare, con la preghiera, nelle nostre famiglie e poi costruendola tra le nazioni. Al microfono di Roberta Barbi, il segretario generale di “Incontri internazionali Uomini e Religioni” della Comunità di Sant’Egidio, il prof. Alberto Quattrucci, riflette sul significato di questo messaggio e spiega perché il Papa è tornato a ricordarlo:

R. – Il Papa ce lo ricorda in maniera molto forte. Purtroppo, negli ultimi tempi la guerra è tornata a diventare un modo per risolvere i conflitti come un fatto quantomeno inevitabile. Come un fatto naturale, invece, Papa Francesco in maniera forte – e noi della Comunità di Sant’Egidio ci sentiamo fortemente uniti a questo discorso, a questo messaggio – dice che la “pace è sempre possibile” e che la guerra, quindi, è sempre e comunque evitabile.

D. – Il tema della Giornata della Pace 2015 è stato: “Non più schiavi , ma fratelli”. La guerra crea sempre schiavitù, quindi combattere la guerra è combattere la schiavitù e costruire insieme la pace e la fraternità…
R. – Il messaggio è bellissimo, perché effettivamente quando si parla di schiavi sembra di usare purtroppo una parola vecchia, ormai superata. In realtà non è vero, perché esiste una schiavitù attuale, moderna, con dei volti diversi. Esiste anche la schiavitù tradizionale, perché in tanti Paesi del mondo esistono ancora gli schiavi venduti, e la guerra è uno dei fattori che genera schiavitù, perché l’uomo non è più libero ma crede di liberarsi lottando, uccidendo il cosiddetto nemico, quindi le guerre ci fanno schiavi e questo ieri il Papa lo ha ripetuto. Mi viene in mente l’esperienza della nostra Comunità di Sant’Egidio: in questi 19 negoziati di pace dal 1992 ad oggi svolti in tanti Paesi del mondo, abbiamo assistito a tante forme di schiavitù che riguardano sempre i deboli, i più poveri, i più esclusi. E poi tra schiavi e fratelli qui non guardare in faccia l’altro vuol dire sempre chiamarlo “nemico”: cominciare a guardarsi in faccia vuol dire ritrovarsi fratelli, come si era all’origine.

D. – Il Papa ha ricordato come la pace germogli dalla preghiera e quanto sia importante la pace nei cuori, in famiglia ancora prima che tra le nazioni. Cosa può fare ognuno di noi nel suo piccolo?
R. – Due cose. Prima cosa: il fatto che il Papa abbia ricordato questo che ha letto su due enormi cartelloni rendendoli il cuore del suo discorso sulla pace. Quindi, la preghiera è la radice della pace perché viene ascoltata davvero. La preghiera genera pace ed è un fenomeno, un fatto, un miracolo “verticale”, perché Dio interviene nelle storia attraverso la fiducia espressa dalla preghiera degli uomini. La preghiera anche “orizzontalmente” genera unità, perché è difficile che si preghi insieme per la pace con con i propri nemici: si diventa amici, si cambiano le attitudini. Pregare per la pace vuol dire essere aperti a queste meravigliose sorprese della storia come è stato, poco prima di Natale, l’annuncio della nuove relazioni tra Stati Uniti e Cuba. Quindi, la preghiera ha una sua efficacia perché trasforma la storia, quindi è davvero alla radice della pace.

D. – Papa Francesco ha incoraggiato le scuole della pace della Comunità di Sant’Egidio nel mondo a perseverare nel loro lavoro. Quanto è importante e attuale l’educazione alla pace?
R. – Educazione alla pace significa costruire davvero fin dalle origini un modo nuovo, diverso perché l’ignoranza è sfruttata, usata ed è il covo di ogni forma di violenza in realtà. Crescere insieme, parlare, dialogare, costruire una cultura nuova è un fatto fondamentale. Le scuole della pace sono davvero l’alternativa alla violenza per tanti bambini che vengono strappati alla forza tremenda di queste bande armate. Qui ritrovano un modo nuovo per vivere. Le scuole della pace aprono ai bambini una prospettiva di futuro, li strappano a forme di disperazione; sono davvero un modo di costruire concretamente giorno per giorno la pace in modo stabile.

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