A Peralta del Sal, in Aragona, si pensa che José de Calasanz sarà presto “canonigo”. O chissà, vescovo. E’ prete dal 1583, dopo ottimi studi, con l’aiuto dei facoltosi genitori, ed è assai stimato dai vescovi, che gli danno incarichi d’importanza: tra essi, nel 1592, quello di andare a Roma per certe pratiche con la Santa Sede. Ma è un viaggio di sola andata. Giuseppe Calasanzio (come lo chiamano a Roma) durante l’iter delle pratiche fa catechesi e assistenza nei rioni popolari, scoprendo un universo giovanile di miseria e di ignoranza, con la criminalità conseguente.
Il Concilio di Trento ha fatto nascere molte scuole festive di catechismo, a cura di parrocchie e confraternite; si fa già molto, rispetto a prima. Ma in lui matura un progetto completamente nuovo: salvare i giovani realizzandoli, con l’insegnamento della fede e della morale insieme a quello delle scienze umane, in scuole quotidiane e gratuite, con programmi graduati, classi successive, esami. Non è un progetto da lui studiato: ne realizza il modello novità dopo novità, mentre insegna nella scuola fondata dal parroco di Santa Dorotea in Trastevere, e trasformata via via da lui nella prima vera scuola popolare d’Europa (1597).
Si trova fondatore quasi senza averlo voluto, con scolari che si affollano e per i quali trova nuove sedi. Per risolvere il problema capitale degli insegnanti, con l’approvazione di papa Paolo V, fonda nel 1617 la “Congregazione Paolina dei Poveri della Madre di Dio delle Scuole Pie”, formata da sacerdoti ed educatori, votati alla formazione cristiana e civile dei giovani mediante la scuola. (Sono i Padri Scolopi, che nel XX secolo saranno diffusi in oltre 20 Paesi di 4 continenti).
Nel 1622 Gregorio XV costituisce gli Scolopi in Ordine Regolare con voti solenni e riconosciuta autorità, che favorisce la loro espansione in Italia e in Europa. Una crescita forse troppo impetuosa, non esente da imperfezioni, come ogni iniziativa nuova.
A questo punto, ecco un’esperienza terribile per il Fondatore: veder morire la sua opera. E non per mano di nemici della fede: sono uomini di Chiesa, sono anche uomini suoi, quelli che lanciano durissime accuse all’opera e a lui. Denunciato al Sant’Uffizio, spogliato della sua autorità, vede l’Ordine declassato a semplice Congregazione senza voti, abbandonata da molti dei suoi figli spirituali. Lui fa coraggio ai pochi rimasti: “L’Ordine risorgerà!”. Lo ripete fino alla morte, che lo coglie a 90 anni.
Sant’Uffizio o no, i romani lo tengono per santo e vogliono che cominci al più presto la causa canonica. E Giuseppe sarà canonizzato: nel 1767, da Clemente XIII. Un po’ tardi. Ma già da cento anni l’Ordine è risorto, come lui aveva previsto. Nel 1948, Pio XII lo proclamerà anche “Patrono davanti a Dio di tutte le scuole popolari cristiane del mondo”.
Di Domenico Agasso
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