S. Ugo fu indubbiamente il primo Santo che si possa ricollegare cronologicamente alla città di Alessandria, non a caso la sua nascita, che per altro non è certo, è fatta risalire dagli storici esattamente all’anno di nascita della città, 1168.
La famiglia nobilissima dei conti Canefri dall’antico Gamondio intervenne alla fondazione di Alessandria circa nell’anno 1168. L’importanza di tale famiglia è ricordata nel Cartario alessandrino. Specialmente dal doc. XXII vol. 1. pag. 32 e 33, steso dal notaio del sacro palazzo Guglielmo e datato “aput Ecclesiam Sancti Arndreae de Gamondio 31 ottobre 1109”, da cui conosciamo la più antica genealogia dei Canefri, la quale ci indica il capostipite di essi in quel Conte Adolfo Manfredo, che aveva sposato la contessa Maria, figlia del re Adalberto dei marchesi Anscaridi d’Ivrea, fondatrice di S. Maria della Corte in Gamondio e già defunta nell’anno 1005. Questo conte Adolfo è indicato come bisavolo del conte Ottone il quale col consenso di sua moglie contessa Maria e di suo fratello conte Baudolino dona tutti i suoi crediti alla chiesa di S. Andrea di Gamondio. Sappiamo poi da tale atto notarile che tanto l’Adolfo quanto i suoi discendenti professavano «ex regia stirpe sue» legge longobarda, dichiarazioni ripetute parecchie altre volte in altri documenti relativi ai Canefri. Il che varrebbe a provare la lontana loro discendenza dagli ultimi re di quella nazione.
Però la maggior gloria di tale famiglia consiste non tanto nello splendore dei suoi antenati quanto nella manifesta e sincera vita religiosa di azione cattolica, si direbbe oggi, dei suoi membri.
La famiglia del Santo
Di S. Ugo si conosce la data precisa della morte avvenuta in Genova l’8 ottobre 1233, ma non quella della nascita, avvenuta in Alessandria (per comune opinione degli storici) negli inizi della sua fondazione cioè circa nell’anno 1168.
Suo padre fu Arnoldo Canefri, figlio di Nicola e di Agnese, e nipote di quel certo Ottone, di cui si è detto, che nel 1109 donava tutti i suoi crediti alla Chiesa di S. Andrea di Gamondio.
Sua madre fu Valentina Fieschi, figlia del Conte Ugo di Lavagna, e sorella di quel Sinibaldo Fieschi che fu Papa col nome di Innocenzo IV, e del Conte Alberto da cui discese poi S. Caterina Fieschi‑Adorno di Genova. Ma non essendoci la presenza di una Valentina Fieschi negli alberi genealogici di questa famiglia in Liguria, forse è più verosimile che il cognome di «Fieschi» le sia derivato invece dal feudo allora chiamato in latino, «Frisconaria» (successivamente «Frissonaria», e «Fresonara»), che in quell’epoca apparteneva alla famiglia Canefri; tanto più che in quei tempi — prima dell’introduzione dei cognomi — questi ultimi quasi sempre si toglievano dalle località d’origine delle stesse persone, oppure dai feudi che possedevano.
Guelfi del Comune
L’annalista Ghilini all’anno 1225 nell’indicare il partito a cui appartenevano le principali famiglie alessandrine pone i Canefri tra i guelfi del comune nel quartiere di Gamondio.
Questo in contraddizione ad una popolare convinzione, che vuole i Canefri fra le fila dei Ghibellini.
Ma i Canefri quasi certamente erano Guelfi e ciò è confermato dal fatto che questi compaiono sempre in prima linea, investiti di alte magistrature civili ed ecclesiastiche della repubblica alessandrina. Tutti i documenti del Cartario ne fanno ampia fede. Un Pietro console di Gamondio tra il 1152 ed il 1167; un altro Pietro console di Alessandria tra il 1177 ed il 1200: un terzo Pietro tra il 1204 ed il 1208 pure console di Alessandria; un Oberto ed un Anselmo pure consoli tra il 1208 ed il 1227; tre cosiddetti cardinali cioè costituiti nelle prime dignità ecclesiastiche cioè Pietro nel 1062, Ranieri ed Ottone nel 1153, a ed Ugo zio paterno di S. Ugo prevosto e dignità del Capitolo fra il 1178 ed il 1201; un Canefro priore e procuratore del celebre monastero cistercense dei Tiglieto tra il 1189 a ed il 1199; ed una Giacoma fondatrice del monastero femminile di S. Maria di Bannio in Sezzadio nel 1232; senza tener conto dei molti altri consiglieri ed anziani della credenza.
La terza Crociata
Dopo il grido unanime: “Dio lo vuole” al Concilio di Clermont nel 1095 sull’invito alla prima Crociata bandita dal Papa Urbano II; seguì l’invito di S. Bernardo per ordine di Papa Eugenio III, in cui presero la Croce l’Imperatore Corrado III il Re di Francia Luigi VII ed il Conte Amedeo III di Savoia con molti Principi e Baroni; si giunse alla terza.
La terza Crociata fu resa necessaria dalle pessime notizie che venivano dall’oriente; della disfatta dei Cristiani a Tiberiade e della presa di Gerusalemme operata da Saladino nell’anno 1187. Fu un grido di desolazione per tutta la Cristianità.
Papa Clemente III appena eletto in Pisa il 16 dicembre di quell’anno 1187 non tardò a bandire dal pulpito la Crociata e decise i Pisani ad armare e spedire una prima flotta di 50 navi al comando dell’Arcivescovo Ubaldo contro Saladino. Impose a tutti, laici ed ecclesiastici la cosiddetta decima saladina per sopperire alle spese di guerra; e per mezzo di Guglielmo Arcivescovo di Tiro suo legato, sollecitò il favore di tutti i patentati cristiani. Tra i principali presero la Croce l’imperatore Federico Barbarossa col suo secondogenito Federico Duca di Svevia, Filippo Augusto re di Francia, Riccardo Cuor di Leone re d’Inghilterra e Corrado figlio di Guglielmo IV detto il “Vecchio” Marchese di Monferrato, con molti altri Baroni.
Gl’inviti di S. Bernardo
Questa crociata non ebbe grandi successi, e condusse ad una tregua di tre anni alla condizione che restasse in mano ai Cristiani tutta la costa di Palestina da Giaffa a Tiro e con la facoltà ai Cavalieri di S. Giovanni e del Tempio di poter rimanere nei loro ospedali per accogliervi ed assistervi i pellegrini nei Luoghi Santi. Anche Alessandria fu invitata dai messi papali a favorire questa santa impresa; ed essa rispose generosamente fornendo il soldo ad un assai buon numero di cittadini; e molti nobili e ricchi delle principali famiglie come Guasco, Trotti, Pozzi, Ghilini, Lanzavecchia, Del Pero, Inviziati, Gambarini, Cermelli ed alcuni altri presero la Croce, ed a loro spese si unirono alle milizie assoldate dal Comune.
E’ molto probabile – per non dire quasi certo – che fra questi nobili non nominati dall’annalista Ghilini vi fosse pure Sant’Ugo. Egli aveva allora circa vent’anni, età più che mai facile agli entusiasmi.
Doveva essere ancora viva nella sua città e nella sua famiglia la memoria e la risonanza della voce potente e vittoriosa di S. Bernardo, passato 40 anni prima per le terre alessandrine e della sua dimora nel vicino monastero cistercense di S. Maria del Tiglieto alle sorgenti dell’Orba, nel suo viaggio a Milano per riconcigliarla con la S. Sede, a Genova per sopire le sue rivalità e discordie con Pisa, onde unire in un fascio tutte le forze nella Crociata precedente.
Le relazioni d’amicizia che legavano i Canefri ai Monaci Cistercensi del Tiglieto appaiono più volte confermate nei documenti del Cartario alessandrino
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