A mezzogiorno è già tutto pronto. Nell’aula multimediale della parrocchia di Sant’Ilario di Poitiers, dove in genere si incontrano per le catechesi le comunità neocatecumenali e dove si vedono i film con i ragazzi che frequentano catechismo, la scena si presenta con tavoli apparecchiati semplicemente e dalla cucina adiacente arriva un profumo di sugo appena fatto. Sta per essere servito un pranzo.
Gli ospiti cominciano ad arrivare solo qualche minuto prima delle 13 e ad accoglierli ci sono alcuni volontari e il parroco, don Nicola Colangelo. Siamo all’inaugurazione della Mensa dell’amicizia, un pasto caldo e quattro chiacchiere per chi ha bisogno, per chi ha fame, per chi non sempre ce la fa a far quadrare i conti alla fine del mese.
«Non una “mensa per i poveri”», ci tiene a sottolineare don Nicola, «ma per i bisognosi, perché ormai ha bisogno anche tanta gente che povera non sembra e noi vogliamo offrire un pasto caldo e ben servito anche a loro, almeno una volta a settimana». Siamo nella borgata di Palmarola, in via Cologno Monzese, periferia nord-ovest della capitale che quasi affaccia sui prati di via Casal del Marmo. La chiesa di Sant’Ilario di Poitiers, con un bacino di circa 10 mila anime, colpisce perché i locali parrocchiali sono su strada al primo piano di un palazzo abitato anche da altre famiglie e la chiesa vera e propria, pur sapientemente affrescata con tutta la simbologia cristiana, è costruita in locali che scendono verso il basso dal livello stradale e che probabilmente erano pensati come un garage. Ma certamente la forma non è la sostanza.
UNA PARROCCHIA SOLIDALE
Qui, in questo saliscendi di strade dove non ci sono piazze, non ci sono teatri e luoghi di aggregazione e i giovani si incontrano nei bar o sui muretti, la chiesa vuole tornare a essere un punto di socialità. «La mensa infatti non risolve certo il problema e la crisi che stiamo vivendo, ma il pranzo vuole essere un inizio per mettere in atto un progetto di solidarietà e per tornare a parlare tra noi», continua don Nicola, qui da otto anni.
Tutto è cominciato dal basso, dall’idea di due laici volontari che si sono incontrati in parrocchia e che si sono trovati sulla stessa lunghezza di pensiero del parroco che già aveva pensato ad iniziative di questo tipo: Pino Reali e Daniele Quattrocchi. Il primo, pensionato, vive in parrocchia da quattro mesi. «Io e mia moglie ci stiamo separando», dice, «e con la pensione che ho non ce la facevo a trovare una sistemazione dove vivere, così a settembre ho chiesto aiuto a don Nicola che mi ha offerto di stare in questi locali. Abbiamo messo una brandina e, visto che sono in pensione, ho deciso di dedicare tutto il mio tempo ai servizi in parrocchia. In pochi mesi la mia vita è cambiata e adesso sono felice di dedicarmi agli altri e di essere a disposizione della comunità 24 ore su 24».
Daniele, invece, dipendente Atac (l’azienda dei trasporti pubblici di Roma, ndr) ed ex autista, è un volontario di varie realtà sociali da 20 anni. «L’idea della mensa è nata parlando con Pino e con don Nicola e guardando alle esigenze della gente sempre più in difficoltà». Racconta: «Prima è stato attivato il servizio di smistamento abiti usati, poi il servizio della doccia che mettiamo a disposizione per chi ne ha bisogno, il pulmino della solidarietà che una volta al mese fa visite specialistiche gratis e da poco anche il Banco alimentare che distribuisce pacchi cibo alle famiglie che hanno bisogno».
Adesso c’è anche la mensa settimanale che, grazie anche al sostegno del vescovo di zona, monsignor Paolo Selvadagi, si pone come progetto per tutto il territorio di questa prefettura della diocesi di Roma e vuole servire le necessità delle tre parrocchie di questo territorio (Sant’Ilario di Poitiers, Santa Maddalena di Canossa e San Massimo) ma anche ospitare coloro che vogliono venire a pranzo da altre zone di Roma. Ogni giovedì si possono raggiungere fino a una ventina di coperti.
PER STARE INSIEME
In cucina c’è Sebastiano Barbagiovanni, detto Nello, anche lui pensionato e volontario della zona che si è offerto di fare il cuoco vista la sua abilità in cucina. E poi c’è sempre qualche signora che porta un dolce o che propone una ricetta sfiziosa. «Il menù è semplice ma sostanzioso», dice don Colangelo, ex cappellano militare della cittadella della Cecchignola, «e per soddisfare tutti eviteremo cibi vietati dalle diverse religioni. Ma quello che ci sta a cuore oltre a dare un pasto caldo è tornare a dialogare con la comunità che partecipa ma con distanza, fornire anche una parola oltre a un piatto cucinato, perché la crisi è economica e materiale ma innanzitutto spirituale, il ceto medio si sta assottigliando perché si sono persi i veri valori e la vita sociale è dominata da denaro ed egoismo, per questo tante famiglie sfiorano la povertà».
Gli ospiti e i volontari siedono insieme e a tavola c’è anche don Nicola che apre il pasto con la benedizione e il ringraziamento a Dio. Su una parete della stanza c’è un grande dipinto con una scena evangelica; dall’altra parte, una bacheca con le coppe dei tornei di scacchi vinte dai parrocchiani. In mezzo alla sala, i tavoli apparecchiati. C’è un’atmosfera familiare, semplice nonostante non tutti si conoscano tra loro. Linetta (nome di fantasia) è rumena, non vuole far sapere che è venuta qui, si vergogna un po’, non conosce nessuno all’infuori del suo compagno ma si siede tra gli altri. Franco, pensionato, ex tossicodipendente frequentatore di comunità terapeutiche, è già seduto. Dice: «Vivo in questa zona e di solito vado a pranzo alla mensa don Calabria ma adesso il giovedì vengo qui. Ci sono gli amici, e questa è la mia parrocchia, mi sento a casa e sono contento che abbiano aperto questa servizio». «Tra poco arriveranno gli egiziani», dice uno dei tre volontari, «quei tre ragazzi che lavano le macchine all’officina vicino, hanno assicurato che appena staccano vengono a mangiare». Sono le 13, si sente profumo di pasta al pomodoro. Il pranzo, alla mensa dell’amicizia, sta per iniziare.
L’appuntamento è per tutti i giovedì, alle 13 a San’Ilario di Poitiers, via Cologno Monzese 10 a Roma. Per tutti coloro che si sentono in difficoltà. Paga la Provvidenza, assicura il parroco.
Foto di Carlo Gianferro
Fonte www.famigliacristiana.it/Geraldine Schwarz