«Se dovessi scegliere una reliquia della tua Passione, prenderei proprio quel catino colmo d’acqua sporca. Girare il mondo con quel recipiente e ad ogni piede cingermi dell’asciugatoio e curvarmi giù in basso, non alzando mai la testa oltre il polpaccio per non distinguere i nemici dagli amici, e lavare i piedi del vagabondo, dell’ateo, del drogato, del carcerato, dell’omicida, di chi non mi saluta più, di quel compagno per cui non prego mai, in silenzio finche tutti abbiano capito nel mio il tuo amore» (Madeleine Delbrêl).
Chissà per quale motivo la mistica francese Madeleine Delbrêl scelse per sua eredità il catino del giovedì santo. Leggere e rileggere questo testo mi ha sempre profondamente commosso.
Mi sento legato a Madeleine, una donna che ha vissuto gomito a gomito con operai, donne del popolo, gente comune in un ambiente marxista e ateo, amando e accogliendo tutti e mettendo in pratica il Vangelo: la sua casa era aperta a tutti e una moltitudine di gente la riteneva un punto di riferimento per problemi e consigli. Una donna che ha saputo amare. Donando ciò che aveva: se stessa. Una donna che è entrata nell’ottica oblativa della Croce, una figura certamente da riscoprire. Ella, come tanti ancora oggi, era lontana dalla fede perché si rifiutava di accettare un Dio «inammissibile in quanto indefinibile», un Dio assurdo e medievale trascinato fino al XXI secolo solo perché considerato come un alibi di fuga dalla realtà. Una donna conquistata dal Crocefisso che aveva imparato a ritenere Dio «indispensabile come l’aria». Insieme con Madeleine Delbrêl mi voglio inoltrare in questa riflessione sul mistero della Croce.
Ho sempre creduto (convincendomene giorno dopo giorno) che il Calvario è il luogo del sacrificio estremamente espressivo dell’amore; un amore del quale sono destinatari tutti gli uomini. Anche tu che leggi! Sul Golgota si realizza l’incontro di Dio con l’umanità e dell’umanità intera con se stessa. Si compie la riconciliazione fra il Cielo e terra e fra l’uomo e Dio. In questo c’è posto anche per me, per te! Sul Calvario si attinge la forza della misericordia per imparare ad essere radicali e non rigoristi!
Sul Calvario si comprende che vivere è scegliere la Vita! Scegliere la Vita è decidersi per Dio. Decidersi per Dio è procedere in questa storia (fatta alla volte di sofferenza) cambiando progressivamente le chiavi di lettura della realtà, trasformando di volta in volta ciò che appare impossibile in un punto di partenza; leggendo all’interno degli eventi la presenza costante di una Possibilità di vita che può nascere dal dono, dal coraggio di mettere in gioco ciò che si possiede. Anche se stessi, se è necessario! Dal Calvario si comprende bene che la passione di Gesù è sempre perennemente intrecciata con la passione degli uomini e delle donne di ogni tempo; Lui Crocifisso è per le persone e per i popoli crocifissi della storia, di ieri, di oggi e di sempre.
L’Amore anima la nostra vita.
L’Amore crocifisso attesta la vicinanza di Dio all’uomo, ad ogni uomo.
L’amore è una scoperta che conosce anche alle volte l’oscurità e il dubbio: ma Lui c’è, pronto a squarciare i nostri silenzi offrendo a tutti bagliori di luce infinita.
Sono appunti che ogni tanto annoto sul mio diario, per obbedienza al mio direttore spirituale che anni addietro mi convinse che era conveniente scrivere. Per non dimenticare, per non tralasciare «brandelli di grazia». Credo, sia necessario, oggi, avere il coraggio di scontrarci con la Croce di Gesù che è per noi la più efficace comunicazione del perdono di Dio. Essa rafforza la mia fiducia nell’Amore perdonante di Dio. Sotto la croce, una vita lacerata diventa risanata e integra: è questa la più grande misericordia!
Il Crocifisso scardina l’individualismo e l’indifferenza: sul suo Corpo è impressa la legge del dono e dell’offerta. Il Crocifisso è il segno credibile che una esistenza donata ha valore persino oltre la morte; essa porta senso nel “non senso“. Il Crocifisso sprigiona energie di Vita eterna dalle ceneri della morte. Dio ama il mondo, lo ama infinitamente nel suo Figlio offerto per amore. Dio ha scelto l’uomo! Anche oggi, anche ora!
Vi confido un segreto: quando sono triste mi metto in piedi e guardo la Croce. La Croce: 2 legni incrociati che ci ricordano che Lui è sempre pronto ad abbracciarmi. Ognuno di noi è come una croce. Mettiti in piedi, quando ti senti solo, misconosciuto, dimenticato, sottovalutato, incompreso e prova ad allargare le braccia! Ogni volta che ti ricordi di essere come una croce la vita di un altro diventa tua: come ha fatto Lui.
Chi ama per primo entra nel Cuore vergine di Gesù. Diventa amore, come Lui!
Sul Calvario si capisce che l’amore vero mette il «tu» prima dell’ io; si comprende che Lui è un Dio mendicante d’amore; il Dio delle briciole, cui basta così poco, veramente poco!
Esistono, purtroppo, “mezzi uomini” che vivono, nascosti, al sicuro, nel fango delle loro trincee. Uomini che hanno paura di lasciarsi scovare ed di uscire alla luce! Sul Calvario si capisce che quel Dio per mille volte tradito ci raggiunge nel dramma della Croce, lì dove ha lasciato appeso il suo amore per ogni uomo. Le piaghe del risorto, “non grondano più sangue, ma irradiano luce” (cit. A. Louf). Così, misteriosamente, se lo voglio, non sono più io a toccare le sue ferite per credere, ma è Lui che tocca le mie per farmi rivivere.
In un mondo come il nostro, così rumoroso, sfuggente e indaffarato nella ricerca della ”sopravvivenza”, la Croce ci ricorda che la fede è una proposta feconda. In un mondo malato di materialismo cinico e di un individualismo calcolatore, costretto da tante opacità e immobilismi l’Uomo della Croce ci ricorda che vale la pena superare la logica umana del ”ciascuno per sé”.
Dio vuole uomini di fede, capaci di capire il suo progetto di salvezza e di collaborare con impegno instancabile alla sua realizzazione nel mondo. A noi che spesso ci sentiamo stanchi e non avvertiamo più la speranza necessaria per compiere scelte dettate dalla fede Dio ci chiede di prendere ancora posto nel nostro cuore. Cristo vive in ogni uomo credente ”autoconsegnatosi” a lui, trasformandolo in apostolo nel senso più pieno del termine!
La Croce , infatti, il paradosso finale di Dio; davanti a Lui nudo, sfigurato, così irriconoscibile che necessita di un cartiglio sulla sua testa per essere identificato, lasciamoci raggiungere dal suo sguardo, che non cerca i nostri occhi ma il nostro cuore, lasciamoci raggiungere dalla sua mano piagate che cerca le pareti del nostro cuore per bussare dolcemente alle sue porte.
La risurrezione che la Pasqua, tra qualche giorno, annunzierà è il mistero che interpreta tutta la vita di Gesù e insieme può illuminare – anche e se lo vogliamo – tutta la nostra vita. La Croce non è stato un ”errore di procedura”, ma una libera consegna di Gesù alla volontà d’amore del Padre. Proprio per questo del Risorto dobbiamo contemplare i buchi dei chiodi e lo squarcio nel costato! Quelle ferite sono feritoie per sbirciare nel mistero infinito dell’amore di Dio. La contemplazione della croce, di quest’abisso d’amore ci conduce a comprendere in pienezza il mistero della resurrezione.
Salvati dall’amore: questo siamo noi, questo sono io, sei tu! Uomini salvati dall’amore: questo è il mondo, questa è la Chiesa! Realtà salvate dall’amore. Ogni giorno. Se non ami, Dio resta distante, allarghi il tratto da Lui che ha scelto di nascondersi nel tuo amore per poterti incontrare. Amare ci rende simile a Lui, avvero ”Creatori” di vita, perché «Dio non fa altro che questo, tutto il giorno: sta sul lettuccio della partoriente e genera» (cit. M. Eckhart). Amare è generare vita sul mondo.
Lasciati fecondare dall’amore e nutrire da Lui; lasciati ”rompe dentro”, lasciati ”aprire” per germinare e per crescere, per generare frutto e per mettere in circolo la Vita.
Ognuno di noi è una reliquia della passione! In quest’ottica, inseriti nel dramma del Calvario, ognuno può rispondere alla domanda ”chi è Gesù?”.
Chi è Gesù: è “Colui che mi fa gioire come Lui, soffrire come Lui, desiderare come Lui, sperare come Lui, amare come Lui” (cit. don Giovanni Moioli). Così che quando parlo di Lui, tanto sono unito a Lui, parlerò di me e parlando di me, parlo di me, come di uno che è formato da Lui.
Vorrei concludere ricordando un episodio della vita di Sant’Angela da Foligno: apparendo, un giorno della settimana santa, Cristo le disse una parola divenuta, nel tempo, celebre: “Non ti ho amato per gioco!“. Vale la pena, probabilmente, tenerla a mente: Cristo non ci ha amato per gioco ma davvero. Con tutto se stesso.
Andrea Maniglia