In occasione dell’Anno della Misericordia nell’isola di Lampedusa, dal 16 al 17 gennaio, si terranno tre eventi giubilari. Sabato 16, alle 16.00, il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, presiederà la celebrazione dei Vespri e aprirà la Porta Santa nel Santuario della Madonna di Porto Salvo. Domenica 17 gennaio, Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, si terrà alle 9.30 alla “Porta d’Europa”, scelta dal cardinale Montenegro come luogo giubilare, una sosta di preghiera e di riflessione sul tema della Giornata “Migranti e rifugiati ci interpellano.
La risposta del Vangelo della misericordia”. Alle 11, nella parrocchia San Gerlando, il porporato presiederà una celebrazione eucaristica e consegnerà il Crocifisso, dono di Papa Francesco, alla comunità di Lampedusa. Si tratta del crocifisso, la cui croce è formata da remi di barche, regalato dal presidente cubano Raúl Castro al Papa durante il suo viaggio apostolico a Cuba. Sull’apertura della Porta Santa a Lampedusa, ascoltiamo il cardinale Francesco Montenegro al microfono di Federico Piana per Radiovaticana:
R. – Credo che proprio quel Santuario abbia una sua storia. Vicino al Santuario ci sono delle grotte: in quelle grotte si radunavano cristiani e musulmani per pregare. E’ un luogo speciale, potremmo dire, dove gli uomini si sono incontrati e insieme hanno guardato il Cielo. Aprire la Porta di quel Santuario è desiderare che tutti ci sentiamo coinvolti in questa storia che apre il cuore a Dio e il cuore ai fratelli. Lampedusa ha un ruolo importante nella storia del mondo: l’ha avuto e ce l’ha. Ed è proprio attraverso quella Porta che noi ci apriamo, come il Signore ci chiede, verso gli altri, soprattutto verso quelli per cui bisogna usare più misericordia.
D. – Per lei, cosa vuol dire aprirsi verso gli altri? Per Lampedusa, per le persone che sono lì, per le persone che si sono dedicate e si stanno dedicando agli altri?
R. – Ci sarebbe da dire: continuare a fare quello che hanno sempre fatto. E non solo recentemente, ma anche quando non c’era questo esodo di popolazioni, i lampedusani sono stati sempre accoglienti nei riguardi di chi arrivava nell’isola dalla terra africana. La gente lo racconta – anche quelli di una certa età; dice, la gente, che spesso capitava che quando erano a tavola o in altri momenti della giornata, sentivano bussare alla porta ed era qualche tunisino che arrivava e loro lo accoglievano. Allora, se quella porta i lampedusani l’hanno sempre aperta, ecco, forse è opportuno continuare a tenerla aperta perché ci si renda conto che la storia ha bisogno di cambiare un po’, ha bisogno di caricarsi più di umano, di umanesimo.
D. – L’apertura di questa Porta Santa può essere, secondo lei, anche un monito all’Europa, che è tentata di chiudere le porte chiuse, ad aprire il proprio cuore agli altri, ai profughi, alle persone che arrivano in cerca di una vita migliore?
R. – E’ un monito che si fa prima ai credenti: dei lampedusani, anche il Papa ha sottolineato la loro generosità e hanno sempre mostrato questa generosità. Probabilmente, noi credenti ancora dobbiamo fare dei passi in avanti, perché anche noi qualche volta siamo presi dalla paura. Se noi riusciamo a cambiare il cuore e aprire la porta del cuore, la storia già sta cambiando. Se poi questo segno, che vale per noi credenti, è un segno che gli altri possono e vogliono leggere, ecco che allora è una possibilità data a tutti di aprire – ripeto – la porta del cuore per andare incontro e per accogliere chi viene.
D. – Altro momento forte sarà quello di domenica, nella Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, quando lei sosterà proprio davanti a questo monumento che è la Porta d’Europa, per riflettere un po’ sul tema di questa giornata: “Migranti e rifugiati ci interpellano, la risposta del Vangelo della misericordia”:
R. – Probabilmente, più che parlare in quel momento si dovrebbe tutti tacere. Anch’io. Perché quella porta parla da sola. Quella porta è un segno per tutto il mondo. Quella porta significa incontro, significa passaggio. E per il credente si apre la porta della Chiesa; per quella Porta d’Europa non ci sono ante: è una porta che la storia esige che resti sempre aperta. Allora noi ci fermeremo davanti a quella porta anche ricordando – credo che sia stato Oscar Wilde che ha detto: “Laddove c’è sofferenza, il suolo diventa sacro”. Allora, anche se è un segno laico, un segno e un luogo artistico, se è sacro perché c’è il povero che passa, l’immigrato che passa, noi davanti a quel luogo dobbiamo fermarci e dobbiamo riflettere. Ecco il significato di avere scelto anche quel luogo come luogo del Giubileo, luogo giubilare. Qualcuno potrebbe dire: ma è solo un monumento. No. Quella porta è molto più che un monumento. E’ una chiave di lettura per la nuova storia del mondo.
D. – Un altro simbolo sarà il crocifisso che Papa Francesco ha donato a Lampedusa, e che lei consegnerà nella parrocchia di San Gerlando…
R. – E’ un crocifisso – potremmo dire – “speciale”: è speciale perché significa l’attenzione del Papa che continua a esserci per quel pezzettino di terra e per quegli abitanti. E’ un crocifisso speciale perché è stato donato da una terra dove la sofferenza, anche lì, è di casa; ed è speciale perché l’artista, nel poggiare il Cristo, non ha voluto poggiarlo su una comune croce, ma come croce ha messo insieme i remi dei pescatori e degli immigrati cubani. Allora, se voglio trovare Cristo – e questo serve per noi credenti – sappiamo che dobbiamo trovarlo dove c’è un uomo che soffre, un uomo che grida. Ecco, il Cristo con le braccia aperte che guarderà verso il mare, diventa per tutti segno di speranza perché se l’urlo di sofferenza che il Cristo ha innalzato sulla Croce racchiude le urla di tutti gli uomini, credo che allora la Pasqua ci sarà per tutti. E quel Cristo ci conduce verso la Pasqua.
Redazione Papaboys (Fonte it.radiovaticana.va)