Contemplativo e allo stesso tempo pratico ma soprattutto un uomo di Dio vicino alle sofferenze della gente a lui affidata come arcivescovo prima di Manfredonia, Cesena e Benevento tanto da essere definito, già da vivo, il san “Carlo Borromeo del Mezzogiorno”. È il ritratto ma anche il profilo di apostolato che ha cadenzato la lunga vita del servo di Dio il frate domenicano – ( Vincenzo Maria fu il nome scelto da religioso) – Pier Francesco Orsini (1649-1730) salito al soglio di San Pietro con il nome di Benedetto XIII (1724-1730).
Un Pontefice ricordato ancora oggi a Roma per la creazione dell’ospedale di San Gallicano in Trastevere a favore di tanti malati privi di adeguati mezzi di sostentamento e per aver fatto ultimare la scalinata di Trinità dei Monti in piazza di Spagna. Toccò sempre all’ultimo Pontefice proveniente dalle fila dell’Ordine dei frati domenicani e dall’Italia meridionale – (l’allora Regno di Napoli; fu l’ultimo Papa “regnicolo”) – indire e celebrare nel 1725 il Giubileo. E proprio a Roma nella sede del palazzo del Laterano il 24 febbraio scorso si è chiusa alla presenza del cardinale vicario Agostino Vallini la fase diocesana della causa di beatificazione. A dichiararlo servo di Dio, su spinta dei suoi confratelli domenicani, è stato nel 1931 Pio XI. «Sono tantissime le testimonianze che lo ricordano come uomo di preghiera, uomo che meditava, uomo che personalmente andava per le chiese di Roma come Papa (e non solo a Roma) per consacrare altari, per stare vicino alla gente – spiega il postulatore della causa di beatificazione Paolo Vilotta –. Nel suo stile di evangelizzazione c’era sempre un carattere misericordioso che ci ricollega idealmente a papa Francesco. Uno dei suoi tratti più significativi fu quello di sentirsi prima di tutto un “semplice frate” alieno da ogni carrierismo».
Nato a Gravina in Puglia nel 1649, di famiglia nobile, entrò presto in convento e divenne religioso nel 1668. Sacerdote a 22 anni nel 1671, fu creato cardinale l’anno successivo da papa Clemente X. Prefetto della Congregazione del Concilio, membro di molte Congregazioni, fu nominato arcivescovo nelle sedi di Manfredonia (16751680), Cesena (1680-1686) e infine Benevento (1686-1724 di cui mantenne la cattedra anche dopo la sua elezione a Pontefice, in via eccezionale). «Si dedicava davvero alla Chiesa – sottolinea ancora Vilotta – era sempre presente, aiutava concretamente i poveri. Quando è stato arcivescovo per 38 anni a Benevento, la sua “patria del cuore”, ebbe l’intuizione di istituire dei monti frumentari per prestare ai contadini indigenti i fondi per acquistare le sementi. Tutto questo lo ha reso “un vescovo speciale”».
Ora gli atti del processo passeranno alla Congregazione delle cause dei santi. «La documentazione anche a livello di fonti storiche e di testimonianze da noi esaminata – è l’argomentazione di Vilotta – ci ha permesso di confermare la fama di santità di Benedetto XIII e ora passa all’esame del dicastero vaticano che può disporre ulteriori indagini su questo Pontefice che fu anche un uomo di grande cultura e difensore della vera dottrina cattolica». I suoi sei anni da vescovo di Roma (1724-1730) furono contrassegnati da profondi atti di pietà, sobrietà e dal distacco da ogni vanità: migliorò, tra l’altro, la condizione carceraria nello Stato Pontificio. E proverbiale fu la sua condanna del gioco del lotto e di ogni forma di azzardo. Incoraggiò da Pontefice la nascita di missioni guidate da francescani (minori, conventuali e cappuccini), domenicani e gesuiti soprattutto verso l’America e l’Asia. A lui si deve, tra l’altro, nel 1726 la canonizzazione di san Luigi Gonzaga.
Aveva 81 anni Benedetto XIII quando il 21 febbraio 1730 morì a causa di una febbre: spirò santamente e per non disturbare il popolo romano impegnato a festeggiare l’ultimo giorno di Carnevale dispose che non venissero suonate le campane a morto. I suoi resti mortali dal 1733 riposano nella Basilica romana di Santa Maria sopra Minerva, affidata da secoli ai domenicani.
Fonte avvenire.it
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