Vengono beatificati questa mattina a Madrid quattro monaci benedettini, uccisi in odio alla fede nel 1936 durante la guerra civile spagnola. Il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei santi, presiede il rito nella cattedrale dell’Almudena. Ascoltiamo le parole del porporato al microfono di Roberto Piermarini per Radio Vaticana:
R. – Si tratta dell’ennesimo eccidio perpetrato contro il clero cattolico durante quei tristi anni della persecuzione della Chiesa. Anche i Beati Benedettini hanno mostrato di non aver paura del martirio, subito con fortezza cristiana e con animo mite e perdonante. Avevano bene in mente le raccomandazioni della Regola benedettina, che dice: «Non rendere male per male. Non fare ingiuria, ma sopportare pazientemente l’ingiuria ricevuta. Amare i nemici. Non rimaledire, ma piuttosto benedire quelli che ci maledicono. Soffrire le persecuzioni per la giustizia». Così si comportarono i nostri martiri. Furono fucilati nella loro patria, uccisi a sangue freddo non perché erano malfattori, ma perché erano sacerdoti. Uno di loro, Padre Antolín, già sfuggito nel 1918 alla persecuzione messicana, fu catturato e condotto al supplizio con altre quattrocento trenta persone. Mori gridando «Viva Cristo Re!».
D. – Com’è possibile che uomini miti, inermi e innocenti siano stati brutalmente maltrattati e barbaramente uccisi?
R. – È il grande enigma del male, che abbrutisce il cuore dell’uomo. Il clima socio-politico degli anni ’30 del secolo scorso in Spagna fu caratterizzato da una manifestazione senza precedenti di terrore contro la Chiesa cattolica. Credo che con gli occhi della fede, si possa vedere in questo orrore la momentanea supremazia del regno del male, fatto di odio e di conflitti, sul regno di Dio, che è regno di pace, di giustizia e di amore. In quel periodo, come ci ricorda il Vangelo prima della morte di Gesù, «il sole si eclissò e si fece buio sulla terra» (Lc 23,44). Il nemico di Dio per breve tempo riuscì a dispiegare la sua fredda ala di morte e di ostilità fratricida, bagnando di sangue innocente la terra spagnola, patria benedetta di martiri, di santi, di missionari.
D. – Perché la Chiesa riapre questa tragica pagina di storia?
R. – La risposta è semplice. La Chiesa rilegge quegli anni di sangue per un duplice motivo. Anzitutto, perché vuole conservare la memoria dei giusti, il ricordo della loro testimonianza di bene. I quattro monaci erano, infatti, persone buone e miti. Di Padre José Antón Gómez un suo biografo dice che era una persona sorridente, arguta, colta, che si prodigava per gli altri. Dice un teste: «In confessionale era per le anime il maestro, il padre, il santo». Anche di Padre Antolín Pablos, si dice che era monaco nella cella, nel confessionale e nella biblioteca. Come missionario in Messico, era già sfuggito miracolosamente alla persecuzione scoppiata in quel paese nel 1914. Era sempre disponibile per i numerosi fedeli che chiedevano il suo consiglio. Il madrileno Juan Rafael Mariano Alcocer Martínez, uomo colto e amante della liturgia, era un brillante oratore e scrittore. Anche Padre Luis Eulogio Vidaurrázaga Gómez, il più giovane dei quattro, era di carattere nobile e sincero. Apprezzato predicatore era soprattutto un apostolo dell’Eucaristia. I quattro benedettini di Silos, del monastero madrileno di Montserrat, si aggiungono oggi ai 1.600 martiri spagnoli beatificati dalla Chiesa a partire dal 1987. È una schiera immensa di fedeli, che hanno sacrificato la loro vita per impedire la scristianizzazione della Spagna.
D. – Lei parlava anche di un secondo motivo per tenere sempre in evidenza questa pagina tragica della storia della Chiesa…
R. – Certo. Con il ricordo dei martiri la Chiesa intende ammonire tutti, credenti e non credenti, a non ripetere più questa vicenda di orrore e di morte, ma a creare ogni giorno gesti di vita, opportunità di incontro, atteggiamenti di accoglienza e di comprensione. Seguendo l’esempio dei martiri, la Chiesa oggi invita tutti a vivere secondo le beatitudini evangeliche, dissetando la città dell’uomo con l’acqua benefica del perdono, della mitezza, della fraternità, della gioia. Infine, la testimonianza dei martiri ci ricorda la parola di Gesù che ci esorta a non avere paura: «Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno il potere di uccidere l’anima» (Mt 10,28).
Redazione Papaboys (Fonte it.radiovaticana.va)
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