Da domani 4 novembre alle 21 (forse alle 22, si attende oggi conferma) scatterà il coprifuoco a livello nazionale laddove non sarà già presente perché ci si troverà in una ’zona rossa’, decisa dalla Regione in virtù di un indice di contagio Rt ampiamente sopra il livello di guardia (1,5). In quel caso (e si sarebbe nell’area più alta di quelle 3 considerate la nuova scala del rischio), tutti i negozi resterebbero chiusi tranne quelli considerati di prima necessità, come è già avvenuto nel primo lockdown, ovvero alimentari, farmacie, parafarmacie, tabaccai ed edicole.
Ma sono le altre ’aree’, ovvero quelle precedenti alla dichiarazione di ’zona rossa’ che il governo, in queste ore, sta cercando di disegnare e declinare sotto forma di modalità diverse. Con scenari che cambiano – e sono elemento di duello tra governo e Regioni – e che potranno cambiare fino alla stesura finale del Dpcm, prevista per oggi (almeno secondo le attese). Ieri sera, il confronto tra governo e Regioni (ma il premier Conte non era presente) è durato fino a tarda sera e solo oggi si conosceranno i dettagli dell’eventuale intesa. Ma, intanto, nel dettaglio, le varie opzioni in campo.
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Ristoranti, bar, pasticcerie. Nei giorni scorsi si era diffusa la notizia che il governo stesse per richiudere tutti i centri di aggregazione pubblici, dunque a partire proprio da bar e ristoranti, per cercare di raffreddare, sull’intero territorio nazionale, la curva del contagio in continua ascesa. Ora, invece, sulla base della divisione nelle tre aree di rischio, si parla di una chiusura generalizzata dei ristoranti solo la domenica a pranzo e la sera degli altri giorni della settimana a causa del coprifuoco nazionale e chiusura conseguente dei bar dove l’indice Rt superi l’1,5%.
Ma anche in questo caso, la discussione è tutta aperta; chiudere la sera alle 21, a livello generale e soprattutto per gli esercizi pubblici, è un’ipotesi che, secondo quanto si apprende, Italia viva non condivide e sulla quale chiede che ci si sposti quanto meno alle 22. Allo stesso modo sulla chiusura dei ristoranti la domenica il confronto sarebbe aperto. Per Iv, spiegano fonti di maggioranza, si tratta di un danno gratuito ai ristoratori e al settore agro alimentare, avrebbe rilevato la ministra Teresa Bellanova, oltre a portare alla perdita del «controllo sociale – si spiega nel governo – con il rischio di assembramenti nelle abitazioni private», quest’ultimo di fatto incontrollabile.
Misure più restrittive in Alto Adige, che per pochi giorni aveva invece allungato gli orari: fino al 22 novembre, bar e ristoranti rimarranno chiusi ma è ammesso l’asporto fino alle 20 e il servizio a domicilio fino alle 22.
Fatta salva l’ipotesi di una dichiarazione di zona rossa da parte della Regione di appartenenza, stavolta lo stop alla cura delle persone dovrebbe averla scampata. L’ipotesi stop per barbieri, centri estetici e parrucchieri non ha trovato, infatti, conferme nelle fonti governative: il premier avrebbe deciso, con l’avallo della maggior parte dei governatori, che in quelle Regioni con basso tasso di rischio, i parrucchieri e i centri estetici potranno regolarmente andare avanti con la loro attività nel rispetto del protocollo.
Sul tavolo l’ipotesi di una chiusura generalizzata dei centri commerciali nei weekend su tutto il territorio nazionale ma su questo, oltre ai renziani, si riscontrano diverse perplessità nel governo e forti perplessità degli esercenti. Il Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali (Cncc) ha manifestato «il proprio disappunto alla luce dell’impegno profuso nel garantire sia i servizi essenziali, sia la sicurezza dei clienti e di tutti i lavoratori del settore e, di conseguenza, chiede che tale misura non venga inclusa nel prossimo Dpcm».
E laddove, vista la situazione, le chiusure dovessero diventare inevitabili, il Cncc chiede che «i centri commerciali siano quanto meno tenuti in debita considerazione nel programma di ristori che verrà predisposto dal Governo»
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