I Cherubini, particolare gerarchia angelica, sono spiriti celestiali molto spesso citati dalle Sacre Scritture. L’etimologia del termine sarebbe da rintracciarsi, stando a quanto argomentato dal teologo e biblista luterano Franz Delitzsch nel suo saggio “Assyrisches Handwörterbuch“, nell’assiro karâbu (“grande, imponente”).
Il profeta Ezechiele li descrive come una tetrade di creature viventi, ciascuna con quattro facce: una di leone, una di bue, una d’aquila e l’ultima di uomo. Le mani sono d’uomo, i piedi di vitello e posseggono quattro ali. Due delle ali sono spiegate verso l’alto, nell’atto di sostenere il trono di Dio (la Merkabah), mentre le restanti si stendono verso il basso.
Angelo Cherubino
Angelo Cherubino
Le loro ali emettono un potente fragore “come la voce di Dio onnipotente quando parla” (Ezechiele 10:5) e sono generalmente circondati dal fuoco, elemento comune anche alle altre alte gerarchie.
Al loro fianco vi sono delle “ruote ricoperte da occhi” (Ezechiele 10:9), ovvero gli ‘ōphannīm – in sostanza gli angeli appartenenti alla particolare gerarchia dei Troni.
La loro presenza è direttamente associata a quella del Signore.
Egli dirige il loro movimento, il quale è regolare e “sempre dritto in avanti (…) e, andando, non si voltavano” – a dimostrare la perfezione degli ordini divini (Ezechiele 1:12).
Non è dunque un caso che lo stesso Dio comandi a Mosè di costruirne due a guardia dell’Arca dell’Alleanza, simbolo della presenza del Signore in mezzo a Israele, come minuziosamente descritto in Esodo 25:18-21.
La loro prima apparizione avviene in Genesi 3:24, posti a guardia del Giardino dell’Eden a seguito della cacciata di Adamo ed Eva. Tradizioni israelite del post-esilio babilonese affermano che i cherubini furono tra i primi esseri creati nell’universo, avendo in principio nessuna forma sensibile, come parte integrante del trono divino (1 Samuele 4:4).
È altamente probabile che in tempi remoti tali angeli fossero direttamente identificati con i venti o i turbini (2 Samuele 22:11).
Nel tempio di Salomone
Per quanto riguarda le rappresentazioni dei Cherubini nel tempio, lo storico Tito Flavio Giuseppe (37 d.C. – 100) afferma che nessuno sa o può anche indovinare quale forma avessero (Ant. VIII 3, §3), mentre Filone di Alessandria (20 a.C. – 45 d.C.) ipotizza che rappresentavano i due attributi supremi di Dio, la bontà e l’autorità (“De cherubini” X; “De Vita Moysis” III:8).
Le fonti israelite mostrano d’altro canto un interesse archeologico più che teologico riguardo questi angeli.
Onkelos il proselita (inizi del II secolo d.C.) scrive che “i cherubini avevano le loro teste piegate all’indietro, come un allievo separato dal suo maestro“. Questo estratto ha in vero lo scopo di spiegare il verso in parte ambiguo del passo presente in Esodo 25:20, il che significa che le facce dei cherubini erano piegate in direzione del coperchio dell’Arca ma allo stesso tempo con gli occhi rivolti l’uno verso l’altro.
Per quanto riguarda la forma di questi Cherubini, un anonimo storico ed archeologo ebraico della fine del terzo secolo afferma che avevano la forma di giovani. Tale proposizione ha forse influenzato le successive rappresentazioni che oggi tutti conosciamo: i putti.
Nella mistica cristiana: Santi e Cherubini
Figure celestiali di spicco nella devozione neotestamentaria, i Cherubini vengono non di rado associati ai quattro Evangelisti: quest’ultimi sono identificati con il leone (Marco), toro (Luca), aquila (Giovanni) uomo (Matteo), e così come i Cherubini erano stati posti a guardia della via per l’albero della vita così gli Evangelisti scrissero e custodirono i Vangeli (via) che portano a Gesù (albero della vita).
Nel XIV secolo il beato Giovanni Ruysbroeck l’Ammirevole (1293 – 1381) li definì come coloro che maggiormente assomigliano al Signore – in virtù della loro costante presenza dinnanzi al trono di Dio – e che partecipano all’incessante lode dei Serafini.
Sotto la forma d’adolescenti vestiti di bianco, con delle ali d’oro, apparirono alla beata Camilla Battista Varano (1458 – 1524), clarissa di Camerino, svelando per lei le astuzie del demonio, difendendola con le loro spade di fuoco contro gli assalti diabolici e soccorrendola nei momenti di bisogno (ella li definirà anche “spade di Dio”).
In un interessante estratto alla mistica tali spiriti celestiali sottolineano la loro profonda unione con i Serafini:
Essi mi dichiararono che erano così intimi con Dio, che Dio non stava né poteva stare senza di essi, né essi senza Dio. Mi spiegarono come essi, i Serafini, erano così uniti ai Cherubini, ed i Cherubini così uniti ai Serafini, che gli uni non potevano mai andare senza gli altri verso l’anima. Ed essi dissero: “È ben vero che, in tale anima, i Cherubini esercitano la sovranità, ed in talaltra, sono i Serafini. Ma nell’anima tua, noi, Serafini, esercitiamo la sovranità, così tu risenti più fuoco che luce“. Tale era la verità poiché, benché la luce che ho detto precedentemente ricevuta, sia stata grande ed incomprensibile, io ebbi nondimeno tre volte più fuoco che luce. Così io credo, ora, che quei due angeli che mi tennero così lungamente ai piedi della Croce erano un cherubino ed un serafino.
Santa Teresa D’Avila (1515 – 1582) poteva allo stesso modo vedere e dialogare con esseri celestiali appartenenti a questa gerarchia, i quali prendevano le sembianze di giovani fanciulli dal “volto infiammato”.
Secondo quanto scrive la Santa, fu proprio uno dei Cherubini ad infilzarle simbolicamente un dardo infuocato nel petto: l’avvenimento ha qualche decennio dopo ispirato il celebre artista Gian Lorenzo Bernini nella realizzazione della scultura “L’estasi di Santa Teresa” (1652 – visualizza immagine).
Verso la fine del XIX secolo alla mistica tedesca Mechthild Schönwerth fu in aggiunta rivelata dall’Arcangelo Raffaele un’ulteriore funzione di questi angeli, ovvero quella di protettori delle diocesi in tempi difficoltosi.
Con grande probabilità sia San Pio da Pietralcina che i pastorelli di Fatima ebbero occasione di vedere un cherubino: il primo nel 1918, quando gli si presentò uno spirito celestiale che “aveva in mano una specie di strumento, simile ad una lunghissima lama di ferro dalla punta ben affilata, e pareva che del fuoco uscisse da quella punta“, i secondi durante la rivelazione del terzo segreto osservano “al lato sinistro di Nostra Signora un poco più in alto un angelo con una spada di fuoco nella mano di sinistra; scintillando emmetteva fiamme che sembrava dovessero incendiare il mondo“.
Io sentiva osannar di coro in coro
al punto fisso che li tiene a li ubi,
e terrà sempre, ne’ quai sempre fuoro.
E quella che vedea i pensier dubi
ne la mia mente, disse: «I cerchi primi
t’hanno mostrato Serafi e Cherubi.
(Paradiso, Canto XXVIII)
Fonte www.veniteadme.org
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