Genitori e docenti, devono tenere presente l’antica massima «si prendono più mosche con una goccia di miele che con un barile di aceto», che non vuol dire cedere ad ogni richiesta e capriccio…
Lo scrittore Alessandro D’Avenia, in un suo articolo di qualche tempo fa, ha definito il rapporto tra studenti, famiglia e docenti “un triangolo amoroso che può salvare la scuola”. Di solito i mass media, in questo ambito, riportano solamente notizie sconcertanti come il genitore che picchia il professore, quasi mai vengono fuori notizie di percorsi positivi e costruttivi di collaborazione.
Il punto di partenza in questo dialogo che istituzionalmente dura per molti anni dovrebbe essere la ricerca del bene più grande, cioè quello degli studenti. Con questo orizzonte concreto, per quanto si possa sbagliare, il rischio di prendere cantonate si riduce al minimo tra persone – per così dire – civili. Il resto, soprattutto quando si arriva alla violenza fisica o verbale, entra in un altro contesto che è quello dell’inciviltà e della delinquenza, in cui non c’entra più tanto la scuola poiché potrebbe accadere in ogni luogo.
Un tempo, dai racconti dei nonni, vi erano genitori che affidavano agli insegnanti il figlio totalmente e dicevano pure: «Non si preoccupi di dargli qualche schiaffo quando ce ne fosse il bisogno, al resto poi ci penserò io!». Erano altri tempi, quelli delle bacchettate sulle mani, dello stare in ginocchio sui ceci, in piedi dietro la lavagna, e fantasiosamente altre modalità punitive.
Fortunatamente questo periodo è passato e siamo convinti che quelle punizioni erano davvero fuori luogo, pesanti, umilianti. Pedagogicamente, genitori e docenti, dobbiamo tenere presente l’antica massima «si prendono più mosche con una goccia di miele che con un barile di aceto», che non vuol dire cedere ad ogni richiesta e capriccio o lasciar passare tutto. Questo “vasetto di miele” va preparato con cura e confezionato insieme – scuola e famiglia – perché la coerenza dell’azione educativa è già essa stessa un passo importante per la crescita dei figli/alunni.
Un altro aspetto utile è la costanza nel dialogo tra le parti, non relegata ai soli ricevimenti per la consegna delle pagelle o quando arrivano i problemi più o meno seri, bensì ad un’intesa durevole, formale o informale, discreta e non invasiva, che tenga il polso della situazione in modo ordinario.
Poi c’è la fiducia reciproca, costruita sul patto educativo e sulla conoscenza reciproca, che non può essere lasciata al caso visto il “tesoro prezioso” che sono i figli/studenti, in un affidamento responsabile e condiviso, non uno scaricabarile né da un lato né dall’altro.
Tra gli ingredienti fondamentali non dobbiamo dimenticare la persona del figlio/studente, cioè il fatto che non è un oggetto da spostare da casa a scuola e viceversa; man mano che cresce va responsabilizzato e coinvolto con equilibrio nelle dinamiche educative e nel patto stretto tra scuola e famiglia, perché possa essere lui/lei protagonista di questa bella storia che può diventare la scuola, di questo “triangolo amoroso” e virtuoso di cui nessuno nasconde le difficoltà, affrontate, però, nella consapevolezza del bene più grande. di Don Marco Pappalardo (Donboscoland)