Categorie: Caritas et Veritas

Se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere

Gesù non vuole che la sua Chiesa sia una moltitudine di anime sole, cuori soli, persone sole. Spesso questo purtroppo succede. Si è nella stessa “navata”, ma ognuno vive la sua solitudine, che non viene rotta neanche con il segno della pace. La solitudine è povertà. La comunione è ricchezza. La solitudine è povertà perché ognuno è rinchiuso nel suo carisma, imprigionato nel suo spirito, nel suo corpo, nella sua anima, dietro le sbarre della sua pochezza. Nella solitudine anche il ricco è povero, perché manca delle chiavi per entrare nel regno dei cieli.

Anche il più grande ricco di questo mondo, senza l’altro, è povero, anzi poverissimo, perché la sua ricchezza non sfocia nell’eternità. È una ricchezza vana, effimera, inefficace, inconcludente, momentanea. Tutto ciò che non si trasforma per noi in eternità è solo veleno di morte. Il povero per il ricco è “l’elemento chimico spirituale” che trasforma la sua ricchezza in eternità, in gloria imperitura, in vita eterna. È questo il motivo per cui la ricchezza vissuta nella solitudine è marcia. È in tutto come un uovo non fecondato messo sotto la chioccia. Mai da esso potrà nascere la nuova vita. Il povero è quel seme portentoso che fa sbocciare vita eterna per il ricco. Il povero così diviene il più grande dono che il Signore concede al ricco.

Gesù vuole che ognuno viva di vera comunione. Non la chiede a livello di folle oceaniche. Sa che questo è impossibile. Il finito mai potrà abbracciare ciò che di per se stesso è quasi infinito. Vuole che si inizi dal niente, dal poco: da due o tre. Bastano solo due persone unite nel nome di Gesù e cambia la vita dell’intero universo. L’acqua di questo mondo è tutta composta di due soli elementi: idrogeno e ossigeno. Messe le giuste quantità si forma l’acqua che disseta la terra. Le giuste quantità bisogna attingerle nel cuore di Cristo, guidati dalla sapienza dello Spirito Santo.

Quando due cuori si fondono nella preghiera e chiedono al Padre, Questi sempre li ascolta. Nulla diviene loro impossibile. La fusione però non deve essere superficiale, epidermica, deve essere fatta in Cristo in modo irreversibile. Ci si fonde con Cristo, in Lui, si diviene un solo cuore con il suo. Dal suo cuore si innalza la preghiera che verrà ascoltata dal Padre. La nostra comunione spesso è solo nelle intenzioni. I cuori rimangono divisi, separati, ognuno persegue le sue vie, percorre i suoi sentieri. Questo non è vero accordo. È finzione di comunione. Il cuore è in comunione non quando prega per l’altro o con l’altro, ma quando sente con l’altro.

Alle nozze di Cana è stato sufficiente che il cuore di Gesù sentisse con il cuore di Maria, vivessero di perfetta comunione e il miracolo si è compiuto all’istante. Così anche presso la croce. Il cuore di Gesù manifesta il suo progetto di amore alla Madre, questa lo accoglie come il suo progetto e Maria diviene Madre dei redenti, Madre della Redenzione, Madre di tutti i figli adottivi di Dio. Alle nozze è Lei che chiede. Presso la croce è invece Lui che dona, offre. Da questi due cuori è scaturita la nuova umanità. Sono però due cuori fusi l’uno nell’altro. La vera comunione è fusione. È creazione di una cosa sola. È divenire l’altro, nell’altro, per l’altro.

Il fratello che commette una colpa contro di noi, va ammonito non perché ha offeso noi. Questo sarebbe egoismo bello e buono. Va ammonito perché non pecchi più, poiché, se continuerà a peccare, si potrebbe chiudere per lui il Paradiso. Non è l’offesa fatta a noi il motivo dell’ammonizione,  ma la reale possibilità che lui si possa perdersi in eterno. Se viene trattato alla fine come un pagano o un pubblicano, non è perché noi vogliano essere tutti dei catari, cioè persone pure senza alcuna impurità morale nella nostra comunità. Anche questo sarebbe egoismo, oltre che stoltezza infinita. Nessuno è perfettamente puro e nessuno autenticamente santo. Siamo tutti in cammino verso la luce piena. Lo trattiamo come un pubblicano o un pagano perché si vuole unicamente la sua salvezza eterna. L’esclusione serve a fargli prendere coscienza del suo stato spirituale in modo che possa ritornare sulla retta via. L’esclusione sarebbe una quarta ammonizione perenne, una parola ripetuta non detta. Oggi abbiamo abolito la perdizione eterna, oggi diciamo che tutti siamo avvolti dalla misericordia di Dio, perché allora non fare della comunità già su questa terra un’immagine del Paradiso? La falsità non è amore. Quanti sostengono queste cose odiano i propri fratelli. Li vogliono all’inferno insieme a loro.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci un amore grande per tutti. di Don Francesco Cristofaro

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