Di ritorno dall’Armenia, in aereo, il Papa ha ripetuto che i cristiani “devono chiedere scusa di aver benedetto tante armi”. Lo aveva già detto altre volte. Una, rumorosa, a Santa Marta dopo l’attentato di Parigi. Ieri lo ha ripetuto sull’aereo. Il Papa parla uguale a casa propria e su un aereo al ritorno dall’al di là del mondo, perché il mondo è casa sua. Lo sente così e non ha due discorsi, due verità, due vite da dare. Una per i suoi e una per i lontani, no. Lui ha una sola scodella da cui prende la stessa zuppa per tutti noi.
Il Papa sa che le guerre non sono una tragedia per tutti. Nelle guerre c’è chi muore, e sono tantissimi. Ma nelle guerre c’è anche chi fa festa. Perché con la guerra ci vive allegramente, ci si arricchisce. Tra questi, a capo di questi, ci sono i trafficanti e i produttori d’armi. Il motore per i loro soldi sono le guerre e il carburante per quei motori è l’odio. Senza guerre e senza odio non lavorano, non vivono. Se possono, fanno crescere la “domanda di guerra” perché la loro offerta d’armi, la loro offerta di guerra, è sempre pronta. Offerta pronta, offerta cara. La carne, però, ce la mette la gente, i popoli.
Noi Italiani siamo tra i più quotati produttori d’armi al mondo. Se non ho capito male siamo bravi in pistole e fucili. E quindi devo stare attento a come ne parlo perché è un traino per l’economia nostrana. Ma sono armi, caspita. Non prosciutti, non grana, non Costiera Amalfitana. Diciamocelo: sono armi. Le guerre si fanno con le armi e l’odio con un fucile in mano si chiama guerra. Ricordo una signora che si lamentava della situazione serale in un quartiere. I giovani bevevano troppo e le conseguenze – cioè i loro vomiti – erano sui marciapiedi. Faceva tanti lamenti e tanti discorsi “sui giovani d’oggi”. Poi, parlando, venne fuori che la vineria era la sua. Lei rispose che vendeva con regolare licenza e solo a maggiorenni. Più o meno è come con le armi: a posto con le leggi dello stato, ma la coscienza? Si chiama alcolismo e c’è anche se servi alcol a maggiorenni. Si chiama guerra e nasce armando le persone. E la guerra non c’è solo là, nelle zone di guerra. La guerra ha i campi di battaglia e la guerra ha anche i signori della guerra. Ci sono i campi di battaglia, c’è chi invade e chi è invaso, chi conquista e chi scappa, e poi c’è un altro tavolo su cui si gioca alla guerra. È un tavolo pulito. Una scrivania, per la precisione. Non ci sono combattenti ma manager. Non c’è spargimento di sangue ma ordini di acquisto e bonifici. Non si finisce in un campo profughi ma in un campo da golf, non si riempiono gli ospedali ma i conti in banca. Basta dirselo. Almeno l’ipocrisia di non chiamare “guerra” quella degli uffici, leviamocela di dosso. Sono guerre tutte e due.
Di Don Mauro Leonardi
Articolo tratto da FaroDiRoma