381 deputati a favore, 30 contrari, 14 astenuti: così ha votato la Camera giovedì sul disegno di legge del cosiddetto “divorzio breve”, cioè la riforma del diritto di famiglia circa tempi e modi di giungere alla cessazione degli effetti civili del matrimonio. L’unica forza politica che si è opposta è stata quella dei Popolari per l’Italia-Udc. Se il disegno di legge passerà anche al Senato, basteranno 6 mesi (o 12 al massimo, se uno dei coniugi si oppone) per arrivare al divorzio. Fino ad oggi erano necessari 3 anni. Su problemi e conseguenze di questa riforma, il Sir ha intervistato il direttore dell’Ufficio di pastorale familiare della Cei, don Paolo Gentili. Con questo disegno di legge che succederà al matrimonio in Italia? L’immagine che ho davanti è come di tante case degli italiani con alcune crepe, che invece di essere riparate vengono rase al suolo. Nel senso di matrimoni che iniziano ad avere difficoltà e che vengono cancellati in rapidissimo tempo.
È una immagine che riguarda solo la dimensione civile del matrimonio o può anche investire il suo portato religioso? La struttura stessa del matrimonio, essendo un sacramento ‘naturale che sta nell’originario dell’uomo e del rapporto tra maschile e femminile, porta a conseguenze che inevitabilmente si riflettono sull’indebolimento anche di chi si sposa in chiesa. Forse oggi chi si vuole ‘sposare per sempre ha veramente l’unica scelta nel sacramento, il resto essendo diventato ‘fast’. Questo indebolimento del matrimonio civile porta a far risplendere ancora maggiormente quei legami, penso ai coniugi anziani, che con tanta fatica hanno superato anche grosse divisioni o travagli.
Oggi c’è chi “festeggia” affermando che col “divorzio breve” l’Italia è cambiata e che non è più legata a una vecchia visione cattolica della vita. C’è da festeggiare? La questione vera è se c’è qualcuno che ancora sta difendendo la famiglia. Io ho davanti agli occhi quei bambini che stanno piangendo per le divisioni dei genitori. Ma anche quei bambini che hanno lacrime di gioia quando vedono i genitori, dopo percorsi faticosi a volte di due-tre o più anni, recuperare l’unità della coppia. Perché come l’amore ha bisogno di tempo per poter fiorire, sbocciare, crescere, anche per ricostruirsi dopo una crisi ha bisogno di tempo. E certamente sei mesi o anche un anno sono tempi troppo rapidi per cancellare un amore, specie dove la rabbia acceca e diventa l’unico modo con cui leggere le cose.
Dopo il varo di questa legge, i giovani saranno maggiormente portati a pensare al matrimonio come un qualcosa di “leggero”, che si fa e si disfa in tempi rapidi? Purtroppo, se la legge passa, sarà davvero così. E questo lascia presagire che la scelta diverrebbe molto fragile, ancor più di quello che già avviene. Insomma sarà più lungo il tempo per prepararsi al matrimonio che quello per cancellarlo.
Da 2000 anni i cristiani celebrano il matrimonio basato su fedeltà, indissolubilità e apertura alla vita: è una scelta ancora al passo coi tempi? Ancora oggi, pur essendo minata da molte parti, la famiglia resta il fattore di felicità più importante. Quando hai dei problemi, delle questioni, in fondo sono proprio i legami familiari che ti sostengono, che ti custodiscono, ti ridanno speranza. È chiaro che questo sarà il fattore di felicità anche nel futuro. Se riusciamo a difenderla, difenderemo l’umanizzazione della vita. C’è veramente una deriva culturale nel rendere il matrimonio una scelta fragile e dovremmo auspicare un maggior sostegno alle famiglie e a chi fa la fatica di tenere unita la famiglia ogni giorno.
Come chiedere questo sostegno allo Stato, se è lo Stato stesso che sancisce che la famiglia è un patto, sì formale e ufficiale, però facilmente “solubile”? Mi sembra che nel nostro Paese ci sia poco sostegno alla famiglia, poco alla natalità. Se ci fosse stato tutto l’impegno legislativo che in tempi così rapidi ha fatto approvare questa legge, per lo meno in un ramo del Parlamento, sullo stesso versante del sostegno alla famiglia, forse oggi avremmo meno separazioni.
La Chiesa non è forse un po’ “crudele” nell’annunciare un sacramento che propone un impegno dei due coniugi davanti a Dio così serio e vincolante? Se crudeltà vuole dire mostrare l’orizzonte della felicità di amarsi, allora vogliamo essere ‘crudeli’, tanto da indicare la via del Calvario che porta a donarsi per l’altro. Questa non è crudeltà, è la via della felicità e la famiglia lo è in questo senso. L’amarsi è la via della felicità, non il cancellare tutto con uno sbrigativo atto di legge. Volere stare uniti e perdonarsi, se è il caso, significa ricreare di nuovo la possibilità di amarsi l’un l’altro come dice Papa Francesco: i coniugi si custodiscono reciprocamente e a loro volta custodiscono i figli. E quando sono anziani vengono custoditi dai figli. Questo è il vero orizzonte di progresso nella società. di Luigi Crimella