Se Ocsana non abbraccia Silvio “Rubacuori” e il suo amico Putin

Scrivere di donne e Berlusconi è come sparare sulla Croce Rossa, d’accordo, ma questa volta non è gossip: è la storia vista dalla parte dei vinti. La visuale dal podio è diversa dalla visuale di chi sta in ginocchio a lavare pavimenti e pulire corpi.

Leggo della notizia di Silvio felice di essere chiamato “Rubacuori” in Crimea e della sua passeggiata con Putin: “Dovevate vedere – dice il nostro premier – l’amore e la simpatia con cui Putin veniva accolto. Le donne gli si gettavano fra le braccia piangendo e ringraziandolo: in Crimea la gente è contenta di non essere più governata dal governo ucraino”.

Per coincidenza, avviene mentre sono a casa di Ocsana, ucraina, che si è sposata a diciassette anni e a venticinque, con due figli, è venuta in Italia a fare la badante: doveva aiutare il marito a comprare il trattore con cui lavorare quel po’ di terra restituita alla gente dopo la caduta del muro. Al mio racconto, Ocsana piange dignitosamente. Anzi cerca di nascondere la commozione perché non sta bene farsi vedere così. Conoscevo la signora che Ocsana ha assistito per dieci anni: si amavano come madre e figlia e adesso Ocsana, che lavora solo in regola, è rimasta senza madre, senza lavoro e senza casa.

La storia che racconta Silvio non è la storia che racconta Ocsana. Lui dà la versione ufficiale, lei quella reale. Come quando i politici si fanno le foto in metro o in bici per lasciar pensare che la metro funzioni e che le strade siano senza buche. La storia di Berlusconi per le strade della Crimea con Putin, diciamo che non è tutta la storia. Ad essere buoni si può dire che è solo una parzialissima visione. È la storia vista dall’alto.

La storia vista dal basso è un po’ meno pulita, e quando si piange non è per la gioia. Gli ucraini che abbracciano Putin – dice Ocsana – fino a pochi anni fa erano quei russi mandati a diverso titolo in Ucraina per assicurare un mare a chi vuole dominare il mondo e non può permettersi porti ghiacciati sette mesi l’anno. L’orso stritola l’Ucraina da sempre. Ocsana ricorda il periodo comunista, quando le cose si compravano con la tessera; poi quello dei campi ma senza attrezzi per lavorarli: poi, quando c’erano i prodotti della terra ma non c’erano i mercati per vendere; poi la svalutazione, che ha trasformato in carta straccia i quattro soldi risparmiati; infine, ora, con il conflitto alle porte.

Perché in Italia, dopo Ocsana che fa la badante, sono arrivati anche i maschi. Il marito, il fratello, il cognato. Scappano perché è arrivato loro il preavviso di arruolamento per la guerra. Strana gente questi ucraini: sono contenti ma scappano all’estero. Berlusconi “Rubacuori” è stato fortunato a vedere al collo di Putin delle donne perché, a sentire Ocsana, quelle che lei conosce sono arrivate tutte qui ad aiutarci con i nostri anziani e con i nostri malati. Forse le donne viste da Berlusconi “Rubacuori” non erano delle ucraine del tipo di Ocsana.

Quelle della sua terra sono donne che perdono sempre anche quando vincono, perché loro non sono mai armate. Non sono armate di armi quando scoppiano le guerre e non sono armate di penna quando ritorna la pace. Durante la guerra sfamano i figli da sole e difendono se stesse, senza fucili, senza protezione, senza tutto. Poi, durante la pace, ricostruiscono le città con il loro lavoro e rappezzano le famiglie con i loro lutti. Ieri Ocsana traslocava a casa di un altro italiano, ricco vecchio e solo, e voleva finalmente imparare la differenza tra “lei” e “voi” perché con il nuovo datore di lavoro non c’è confidenza.

Già che c’è, Ocsana mi chiede perché a leggere i giornali sembra che l’Italia sia fatta da razzisti quando invece sia lei che che gli altri – tutti in regola, ci tiene a precisare – trovano lavoro. Mentre invece mi racconta cose terribili di come vengono trattati gli ucraini in Inghilterra e in Germania. Perché, mi chiede? Non te lo so spiegare, Ocsana. Come non so spiegarti perché Berlusconi è lieto di essere chiamato “Rubacuori”.

Di Don Mauro Leonardi

Articolo tratto da L’Huffingotnpost

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