R. – Il contributo è enorme non soltanto ai comunicatori ma ai semplici fedeli. Intanto Papa Francesco dimostra di essere perfettamente un Papa “cross mediale”, nel senso che attraversa tutti i territori comunicativi con la stessa disinvoltura che è radicata nella sua autenticità. Il perno della sua comunicazione è la comunicazione faccia a faccia, ma tutte le altre forme, quella televisiva, il videomessaggio, la telefonata, il tweet sono tutte modalità convergenti – appunto – che si radicano nella sua autenticità, che è l’autenticità del testimone e non del testimonial. Lui non rimanda se stesso, ma è il medium del messaggio di cui si fa portavoce e autentica incarnazione. Per questo è così convincente: dimostra che le strategie comunicative in realtà sono abbastanza artificiose. Siamo sempre preoccupati degli effetti, di trovare il modo più convincente; in realtà l’unico modo convincente è l’autenticità da un lato, quindi l’essere testimoni, e la parresia quindi la capacità di parlare con franchezza senza preoccuparsi tanto – al contrario – di tutti gli effetti delle propria comunicazione.
D. – Cosa invece questa presenza sui social network sta dando all’azione pastorale di Papa Francesco tutta rivolta ad uscire anche nel continente digitale?
R. – Certo, a me sembra che l’icona che il Papa ha utilizzato nel messaggio per la 48.ma Giornata mondiale delle Comunicazioni Sociali – quella del samaritano – sia veramente indicativa in questo senso, perché nei territori digitali si possono incontrare anche gli stranieri, oppure si può incontrare altri nella posizione di stranieri, altri che ritengono – appunto – il messaggio cattolico come un messaggio in stile antiquato. Ho notato che su Twitter, per esempio, i rilanci soprattutto di alcuni grandi gesti simbolici del Papa sono fatti anche da persone che mai entrerebbero in una chiesa. Quindi io credo che questo territorio in particolare, che è un territorio frequentato da persone di tutte le estrazioni e ideologie però sensibili a cogliere lo spirito del tempo, sia un luogo in cui è possibile incontrare e notare questa missione di evangelizzazione e portarla anche al di là dei nostri consueti perimetri.
D. – La comunicazione di Francesco è molto visuale. Spesso procede proprio per immagini. Anche qui il suo successo come comunicatore che, pur non avendo ma usato praticamente internet da cardinale, invece si ritrova da Papa ad avere un grande ascolto sui social network…
R. – Penso che la sua sia una comunicazione gestuale ed iconica: gestuale nel senso che il primo medium comunicativo è il corpo, il primo modo di comunicare è ridurre le distanze, quindi uscire dai protocolli, avvicinarsi alle persone accarezzarle, con una gestualità che da una parte rompe i cerimoniali, ma dall’altra non crea un clima di equivalenza, siamo tutti uguali, lui rimane il Papa, rimane autorevole, ma esprime una paternità in questa sua sollecitudine anche affettuosa. Quindi il gesto è il primo medium comunicativo. Poi a me viene in mente questa espressione: “lui risveglia le parole”, nel senso che usa delle parole che sono delle immagini, parole che richiamano l’esperienza quotidiana e sono comprensibili proprio perché rievocano quelle situazioni quotidiane che ciascuno di noi conosce benissimo che però vengono illuminate da una luce diversa nei suoi discorsi, nei suoi modi di presentare la fede attraverso questa quotidianità. Quindi c’è il gesto e c’è l’immagine iconica relativa alla quotidianità: due modi visuali di comunicare estremamente efficaci.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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