Il consacrato appartiene a Dio, la sua vera eredità è Lui, la sua ricompensa è Lui, non ha bisogno quindi di andare elemosinando amore nelle pozzanghere del mondo. La vocazione è questione di amore e quindi chiamata a soffrire per amore come lo sposo per la sposa, come Cristo per la Chiesa. Geremia giunge persino a maledire il giorno in cui nacque però sempre dentro di se porta la verità dell’incontro con Dio dal quale ormai nulla lo potrò separare, ormai la sua vita è felicemente compromessa. “Ma nel mio cuore c’era un fuoco ardente, trattenuto nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo!”. La vocazione è come un fuoco che Dio mette dentro l’uomo, il quale ne prende consapevolezza perché non può più bastare a se stesso; non ne può più di sentire parlare di Dio, ma lo vuole conoscere, vedere e amare di persona. Chi abbraccia Dio, abbraccia ogni uomo soprattutto il più ferito. La vocazione è un amore più grande che ci conquista per poi tradursi in un amore concreto, umano, vicino, personale per ogni persona che Lui ci fa incontrare. di Roberto Oliva
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