Francesco di Assisi si accontentò di quello che era. Non desiderò essere più grande, non desiderò di essere più sano, non desiderò di essere nato in Francia, né desiderò aver frequentato l’Università.
Si accontentò delle qualità che Dio gli aveva concesso e non si lamentò di non possedere ciò che Dio gli aveva negato. Volle conoscere e misurare le proprie possibilità per poterle portare alla perfezione. Nella ripartizione provvidenziale che Dio fa dei suoi doni, si accontenterà dei talenti che gli erano stati dati. Voleva accrescerli e svilupparli perché portassero il maggior frutto possibile. La conformità con il dono che uno possiede è la massima sapienza possibile. L’invidiare quello che uno non ha e non potrà avere, produce squilibrio e malcontento interni. Francesco volle approfittare al massimo del suo temperamento malaticcio, del suo corpo esile, per realizzare un’opera gigantesca.
Era un uomo largamente dotato di beni naturali interiori, prodigo delle sue ricchezze, molto umano, estremamente affabile, abile negli affari e nelle relazioni della vita sociale; grandioso, magnanimo secondo il racconto di Tommaso da Celano, che completa la sua personalità, mostrando che era nemico di qualunque cosa potesse essere ingiuriosa per altri. San Bonaventura aggiunge alcuni preziosi ritocchi: “…benché vivesse tra giovani lascivi e fosse incline ai piaceri, non seguì gli istinti sfrenati dei sensi e, benché vivesse tra avari mercanti e fosse intento ai guadagni, non ripose la sua speranza nel denaro e nei tesori”. Provava una generosa compassione verso i poveri; pazienza, gentilezza e affabilità di modi gli erano abituali. Naturalmente non tutto in lui era oro: nella sua gioventù si occupava poco delle cose divine e della pietà. Di poca o nulla istruzione nelle cose di Dio, cedette alle sue tendenze naturali e all’impeto delle sue passioni.
Sempre il Celano scrive che egli superava in vanità tutti i suoi coetanei; si sforzava di essere il primo in eleganza e vanagloria, nei giochi, nei capricci, nelle parole allegre e vane, nelle canzoni e negli abiti lussuosi e comodi; dilapidatore del suo denaro. Dio non lo aveva creato impeccabile né santo.
Le sue eccellenti qualità umane contrastavano con gli altrettanti grandi difetti umani. Egli studiò se stesso con intensità non comune; il suo primo discepolo sarà sorpreso di vederlo passare la notte domandandosi, con inquietudine, “Chi sei tu, Signore? E chi sono io?”. Voleva conoscere profondamente Dio, ma anche se stesso al fine di comprendere che cosa doveva modificare in sé per essere il ritratto di Dio, in Gesù Cristo modello visibile di santità.
Non nacque santo. Si migliorò attraverso un continuo studio delle sue qualità e dei suoi difetti, prendendosi come era, non invidiando le possibilità degli altri, ma cercando di colmare sempre le sue deficienze ed accrescere i suoi talenti personali.(Assisi OFM)
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