Tra i più banali luoghi comuni, inutili non solo per infondatezza, ma per superficialità, per inettitudine all’analisi nella profondità dei concetti, c’è una strana credenza che trova i cattolici incapaci di vedere, ‘gregge’ nel senso peggiore del termine, come massa inidonea al ragionamento, all’individualità (intesa come robustezza della personalità), vittima di scelte di fatto subite, imbambolata da fiabesche vicende intrise talvolta di romanticismo, ma prive di valenza storica…
Intanto c’è da dire che se il Buon Dio ci avesse voluto aquile, non avrebbe pensato per noi al Buon Pastore, ma ad un allevatore accipitridae (ampia categoria di uccelli rapaci). Poi, è doveroso precisare che la pecora riconosce perfettamente la voce del suo padrone e non lo subisce, ma gli obbedisce per fiducia.
Avviene, tuttavia, tra gli stessi cattolici, che si ragioni in senso favorevole o contrario al Santo Padre, ben celati dietro le considerazioni politiche, atte debolmente a salvaguardare principi vagamente democratici, paradossalmente inficiati dal fatto stesso che se ne discuta, in luogo del rispetto, in essi insito a prescindere.
La democrazia, in ogni caso, non è nella logica della Chiesa: ‘’Tu es Petrus…’’. Non è stato necessario mettere ai voti, né improntare lo squallore devastante delle campagne elettorali, né far piovere promesse – non necessariamente da mantenere a tempo debito – come manna dal cielo. Gesù aveva le idee perfettamente chiare, nonostante Pietro non fosse l’esemplare per eccellenza, avesse un brutto carattere, fosse ribelle, lo avesse rinnegato ben tre volte. Non aveva, dunque, un curriclulum ineccepibile.
Per quanto l’umanità da sempre zavorri la Chiesa a terra, che ‘è’ senza margine di discutibilità, al di sopra di tutto c’è una forza motrice ben più abile dei marchingegni dell’uomo, malato di furbizia travestita da intelligenza, egregiamente superiore al taglio di forbice e al calcolo delle probabilità: nel momento in cui la Sede Petrina è ‘vacante’, e – a questo punto – qualunque ne sia la ragione, sale il canto del Veni Creator fino ad impregnarne l’universo. Inneggia dovunque, dal Conclave alle più piccole comunità, dal fedele che staziona in Piazza San Pietro per giorni, ai bambini ai quali bravi catechisti spiegano l’evento…
“Esorto vivamente i Cardinali elettori a non lasciarsi guidare, nell’eleggere il Pontefice, da simpatia o avversione, o influenzare dal favore o dai personali rapporti verso qualcuno, o spingere dall’intervento di persone autorevoli o di gruppi di pressione, o dalla suggestione dei mezzi di comunicazione sociale, da violenza, da timore o da ricerca di popolarità. Ma, avendo dinanzi agli occhi unicamente la gloria di Dio ed il bene della Chiesa, dopo aver implorato il divino aiuto, diano il loro voto a colui che anche fuori del Collegio Cardinalizio avranno giudicato idoneo più degli altri a reggere con frutto e utilità la Chiesa universale”. (UDG n. 83).
Nella fattispecie storica, tra l’altro, della coesistenza di due Pontefici – in merito alla quale per fede e sull’esempio del Santo Padre Benedetto XVI, non si può dubitare della volontà di Dio – a maggior ragione diventa insensato ostruire l’opera petrina di Papa Francesco: la preghiera non è mai fallimentare e sull’elezione di entrambi s’è pregato e tanto, come nel momento sconvolgente delle dimissioni. E la canizie spirituale di del predecessore, indice di eccelsa maturità dell’anima, di indiscussa saggezza interiore, non può che fare da garante.
«…Direi che lo Spirito Santo non prende esattamente il controllo della questione, ma piuttosto da quel buon educatore che è, ci lascia molto spazio, molta libertà, senza pienamente abbandonarci. Così che il ruolo dello Spirito dovrebbe essere inteso in un senso molto più elastico, non che egli detti il candidato per il quale uno debba votare. Probabilmente l’unica sicurezza che egli offre è che la cosa non possa essere totalmente rovinata. Ci sono troppi esempi di Papi che evidentemente lo Spirito Santo non avrebbe scelto». (Benedetto XVI). Ecco perché è determinate la certezza dell’infallibilità della preghiera: questo è il tempo in cui la fede non è conseguenza d’obbligo o d’educazione, ma ogni fedele è autonomo nella propria scelta spirituale. E ogni battezzato che prega, ottiene l’adesione alla volontà di Dio. Non domanda la propria riuscita, ma che vengano orientati al cuore del Padre i desideri del proprio cuore.
E anche laddove le osservazioni siano legittime, oggettive, ponderate, è necessaria l’umiltà di non pretendere la ‘’verità in tasca’’ che non appartiene all’uomo: ciò che oggi risulti politicamente incomprensibile, non condivisibile, talvolta impensabile o addirittura assurdo, per la scienza umana sempre, per natura, al confine con la confusione della superbia, può entrare nel disegno di Dio di cui nessuno ha potenziale prevedibilità.
Ben oltre, quindi, le considerazioni delle ragioni di stato, relative alle dinamiche – per così dire – di governo, va l’obbedienza al Papa. È suscitata per fede, si può (e si ‘deve’) chiedere per grazia.
O si crede, dunque, o non si crede.
di Loredana Corrao