Categorie: Italiae et Ecclesia

Settanta volte sette: la ‘cifra’ del perdono

Hanna Arendt, l’autrice del best-seller La banalità del male – riflessione centrata sul processo al gerarca nazista Eichmann colpevole di aver mandato a morte milioni di ebrei nei forni crematori -, a proposito del perdono scrive: «A scoprire il ruolo del perdono nel dominio degli affari umani fu Gesù di Nazaret. Il fatto che abbia compiuto questa scoperta e l’abbia articolata in un linguaggio religioso non è una ragione per prenderla meno sul serio in un senso strettamente profano».

Questa frase citata anche da Alberto D’Auria nell’introduzione al suo libro Il potere terapeutico del perdono (Sugarco Edizioni) chiarisce come il perdono non sia unicamente un tema di interesse religioso ma investe profondamente la natura e il destino dell’essere umano anche sotto una prospettiva laica.

L’individuo che ritiene di aver subito un torto tende a riempirsi diodio e rancore che, polarizzando e monopolizzando in ogni momento la sua mente, la imprigionano all’interno di rigidi propositi di vendetta. Questa sete di rivalsa, apparentemente gratificante, sconvolge completamente la sua vita comportando l’auto-inflizione di una pena ancora più grande del dolore inizialmente ricevuto.

L’atto di perdonare, oltre ad assumere un alto valore spirituale nell’ambito della visione cristiana dell’uomo, si caratterizza per essere strutturalmente un comportamento a forte e positivo impatto psicologico per la funzione “liberatoria” che rappresenta.


Come sostiene l’autore: «È un percorso che aiuta a stare bene e accompagna l’essere umano nel cammino di realizzazione personale e sociale».

Il libro si inserisce perfettamente all’interno del Giubileo Straordinario della Misericordia indetto da Papa Francescoper mostrare ad un mondo sconvolto dagli enormi conflitti e dalle laceranti contraddizioni della fine del secolo scorso e dell’inizio del nuovo, il volto misericordioso di Dio che perdona i Suoi figli e indica loro la strada maestra del perdono. Il Pontefice nell’omeliadel 13 Marzo 2015 proprio in occasione dell’annuncio dell’Anno Santo ha pronunciato le seguenti parole: «Non dimentichiamo che Dio perdona tutto, e Dio perdona sempre. Non ci stanchiamo di chiedere perdono».

Uno dei “luoghi” in cui c’è un enorme bisogno di perdono è oggi l’ambito della coppia dove la conflittualità è diventata estremamente dolorosa e perniciosa a causa del prevalere, da parte di ciascuno dei due partner, dell’attenzione ai propri bisogni individuali piuttosto che a quelli comuni.



«La relazione di coppia, infatti, è una forma di legame completamente diverso da tutti gli altri (…) In una relazione sentimentale, invece, il rapporto tra i partner assume un valore differente poiché il grado di coinvolgimento è totale. Il sentimento che si prova per la persona amata cambia drasticamente il nostro modo di trattarla e di vederla. L’altro sarà per noi l’unico destinatario di tale sentimento, e inoltre con lui spenderemo gran parte della nostra vita, ogni giorno, affrontando insieme sfide grandi e piccole, e condividendo numerose esperienze di vita, fino a creare un percorso condiviso, costituito da ricordi creati insieme».

Questo intenso coinvolgimento, unito al peso delle problematiche che prima o poi la coppia nella sua storia si trova ad affrontare, comporta il rischio di vivere dei momenti dolorosi in cui ciascuno, non sentendo più l’altro sintonizzato con i propri sentimenti e bisogni, percepisce di essere “tradito”.

«Quanto più è forte il legame che ci lega all’altro, tanto più è probabile che il gesto subito venga sentito come fortemente doloroso. Così quando a essere messa in crisi è la relazione amorosa, i sentimenti coinvolti si accentuano e diventano molto intensi, e il dolore può farsi sentire all’ennesima potenza».

Questa rottura della sintonia di coppia può essere così devastante e spaventare al tal punto da indurre a perdere la speranza nellapossibilità di una riparazione, e far ritenere il legame d’amore irrimediabilmente compromesso.

«Purtroppo spesso si pensa al conflitto esclusivamente in termini negativi, pensando che sia controproducente e privo di soluzioni, ma esso può anche diventare occasione di crescita per la coppia, portando i partner ad avere una maggiore consapevolezza dei propri limiti e fragilità, per scoprire nuove potenzialità che rendono la coppia più forte e unita».



Pertanto la soluzione non è quella di negare il conflitto che in qualche modo si è determinato, né di considerarlo insanabile, bensì di avere il coraggio di affrontarlo. Ma come?

«Questi sentimenti possono essere inizialmente contenuti. Ma se non vengono affrontati subito, possono diventare più grandi e più potenti. E potrebbero pure cominciare a prevaricare sui sentimenti positivi. (…) Inizialmente, potremmo ritrovarci travolti dalla nostra stessa amarezza o senso di ingiustizia. Potremmo sentirci intrappolati e non vedere la via d’uscita. Perdonare non significa negare la responsabilità della persona che ci ha feriti o giustificare il suo comportamento scorretto. Si può perdonare la persona senza scusarne il comportamento. Il perdono è innanzitutto un gesto d’amore che si attua verso se stessi in quanto consente di lasciare andare i pensieri e i sentimenti disfunzionali per concentrarsi su aspetti più positivi e costruttivi».

La nostra cultura invece ci presenta invariabilmente il perdono come un segno di debolezza e vigliaccheria, mentre sottolinea l’idea che siano vincenti la vendetta e la rabbia che vengono proposte dai media come le “soluzioni”. È negato o comunque svalutato il potere che si nasconde nel perdono, il profondo impatto positivo che può scaturire dal suo esercizio e come esso vada letto all’interno di una scelta coraggiosa, non certo di viltà. Ciascuno di noi ha la capacità e la libertà di perdonare, e può attuare questa scelta quando vuole e tutte le volte che vuole: fino a “settanta volte sette”.

«Perdonare vuol dire soprattutto amare perché, senza l’amore, il perdono non ha né ali né radici e diviene un gesto vuoto di significati, di pacificazione solo apparente. Perdonare significa costruire insieme su fondamenta solide, entrare in comunione profonda con l’altro, capire le sue ragioni. Ecco perché il perdono non va in una sola direzione: si perdona e allo stesso tempo si è perdonati».

Il cristiano ha un’altra strada da intraprendere nel percorso verso il perdono: appellarsi al Signore. Supplicare e chiedere a Lui di donargli la Sua grazia per perdonare l’offesa, liberarsi dal risentimento e trovare un significato al male ricevuto, perché come dice San Paolo «tutto concorre al bene di coloro che amano Dio».




Redazione Papaboys (Fonte it.aleteia.org/Silvia Lucchetti)

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