Asia Bibi, madre cristiana, è rinchiusa da nove anni in isolamento nel carcere di Multan. Il marito: “È pronta a morire per Cristo. Non si convertirà mai all’islam”. Il Paese “bloccato” da gruppi di fanatici che non vogliono l’abolizione della legge sulla blasfemia.
L’ultima speranza di salvare Asia Bibi, la madre cristiana condannata a morte per blasfemia e rinchiusa da nove anni in isolamento nel carcere di Multan, nel Punjab pakistano, sarà l’8 ottobre, quando si aprirà l’udienza finale presso la Corte suprema. Lo fanno sapere i familiari, che il 4 ottobre scorso hanno partecipato a un evento organizzato a Lancaster dall’associazione “Aiuto alla Chiesa che soffre”. Il marito Ashiq Masih, intervistato dal presidente della British Pakistani Christian Association (Bpca), ha dichiarato: “Asia è psicologicamente, fisicamente e spiritualmente forte. È pronta ed è disposta a morire per Cristo, data la sua grande fede. Non si convertirà mai all’islam”.
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perché accusata dalle colleghe di oltraggio al profeta Maometto, ma in realtà la sua unica “colpa” era di aver bevuto dallo stesso recipiente utilizzato dalle altre donne musulmane. Nel novembre 2010 è stata condannata a morte per impiccagione e da allora è sottoposta a regime d’isolamento nella prigione di Multan, dove le viene concessa un’ora d’aria tre volte al mese. In questi anni si è ammalata più volte e alcuni carcerieri, che ormai hanno stretto legami con lei, fanno sapere che non riceve adeguate cure mediche.
Wilson Chowdhry, presidente della Bpca, riferisce che “di rado alla famiglia viene concesso di farle visita. I giornali e le televisioni riportano che Asia Bibi sta bene e viene trattata bene. In realtà sappiamo dalle guardie del carcere che ha iniziato a manifestare sintomi di demenza e perdita di memoria”. “Speriamo che venga rilasciata – ha aggiunto – e che le venga dato tutto il sostegno psicologico e le cure di cui ha bisogno”.
La vicenda della madre cristiana ha polarizzato la società e portato ad ulteriori episodi di violenza, non solo contro i cristiani, ma anche verso i musulmani che si erano espressi in suo favore. Il caso più eclatante è stato l’omicidio di Salman Taseer, governatore del Punjab, ucciso nel 2011 dalla sua guardia del corpo perché aveva criticato la legge sulla blasfemia e si era offerto di perorare la richiesta di grazia per Asia di fronte al presidente del Pakistan.
Nel corso degli anni il processo è stato rimandato più volte per motivi di sicurezza e perché uno dei magistrati si era ritirato dal caso. Lunedì prossimo, 8 ottobre, l’udienza sarà presieduta dal presidente del Tribunale supremo Mian Saqib Nisar, che avrà a fianco i giudici Asif Saeed Khosa e Mazhar Alam Khan Miankhel.
Il card. Joseph Coutts, intervistato da AsiaNews di recente, è intervenuto sulla questione e dichiara che il Paese si trova in una sorta di “stallo”. “Il governo – sostiene – non è abbastanza forte per cambiare la legge sulla blasfemia. Ogni tentativo di modifica deve passare necessariamente dal Parlamento, che però si scontra con un aumento dei gruppi estremisti. Questi gruppi utilizzano la violenza e il terrorismo per portare avanti la loro agenda, sono fautori di un islam fanatico e ottuso, hanno politicizzato la società contro chiunque esprima opinioni differenti”.
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