A Benedicto ad Franciscum

Si avvicina il novantesimo compleanno di Benedetto XVI, testimone della fede pasquale

Un detto popolare dice che bisogna celebrare le feste quando cadono. A volte cadono addirittura in una data particolarmente appropriata e significativa. Questo vale in modo particolare per il novantesimo compleanno del nostro Papa emerito Benedetto XVI che quest’anno coincide con il giorno di Pasqua.

Si tratta di una bella coincidenza soprattutto perché con l’avvenimento pasquale della risurrezione di Gesù Cristo stanno o cadono la fede cristiana e il suo annuncio, come Benedetto XVI con particolare insistenza sottolinea nel suo libro su Gesù di Nazareth: «Gesù è esistito soltanto nel passato o esiste invece anche nel presente? L’una o l’altra risposta dipende dalla risurrezione. Nel rispondere sì oppure no a quella domanda, non ci si pronuncia su di un singolo avvenimento accanto ad altri; ci si pronuncia sulla figura di Gesù come tale».
La felice coincidenza del novantesimo compleanno con la festa della risurrezione del Signore, la festa di tutte le feste cristiane, ci riporta al contempo al primo giorno di vita di Joseph Ratzinger. Il giorno della sua nascita, il 16 aprile del 1927 era sabato santo, al mattino del quale egli fu subito battezzato con l’acqua pasquale appena benedetta. Lo stesso Ratzinger più tardi, in uno sguardo retrospettivo sulla sua vita, ha interpretato alla luce della fede il fatto di essere stato condotto, subito dopo la sua nascita, alla sua rinascita in Cristo con la nuova acqua della vita pasquale: «Personalmente sono sempre stato grato — scriverà — per il fatto che, in questo modo, la mia vita è stata fin dall’inizio immersa nel mistero pasquale, dal momento che non poteva che essere un segno di benedizione».

In questo modo si palesano al nostro sguardo spirituale due parole chiave che attraversano tutta la vita del cristiano e del teologo, del vescovo e del cardinale, del Papa e del Pontefice emerito: gratitudine e benedizione. Esse rappresentano le articolazioni più evidenti e credibili della vita cristiana nel mistero della Pasqua. Benedetto XVI, che nacque e fu battezzato di sabato santo, nell’ouverture di Pasqua, sta di fronte a noi come testimone grato della fede pasquale. Fede che peraltro bisogna annunciare in un mondo in cui spesso si può percepire così poco della Pasqua e della vittoria divina della vita sulla morte e dell’amore sull’odio.
Ratzinger, nella sua predicazione e nella sua teologia, è stato sempre consapevole anche di questo sfondo oscuro della fede pasquale nel mondo. Ricordando la sua nascita e il suo battesimo egli ha espressamente sottolineato come non sia stato battezzato la domenica di Pasqua ma il sabato santo e che proprio questo giorno caratterizza nel modo più profondo la natura dell’esistenza umana, «che ancora attende la Pasqua, non è ancora nella luce piena, ma fiduciosa si avvia verso di essa».
L’esistenza cristiana si compie nel pellegrinaggio terreno, nel camminare dal sabato santo verso la Pasqua. Infatti nella storia della salvezza è sempre al contempo domenica di Pasqua e sabato santo. E questo “al contempo” porta al cuore delle convinzioni di fede e del pensiero teologico di Benedetto XVI, che consiste nella triade verità, amore e libertà.
«Solo se la verità e l’amore sono in accordo, l’uomo può essere felice: solo la verità rende liberi». Con queste parole nette, Joseph Ratzinger ha condensato in una formula il nucleo del suo pensiero teologico. In questo modo egli tiene unito quel che è inscindibilmente legato, ma che la mentalità odierna spesso separa quando considera amore e verità come contrapposti, collegando la libertà unicamente all’amore, ma non alla verità. E invece, per Benedetto XVI, amore e verità hanno così bisogno l’uno dell’altra e si nutrono talmente l’uno dell’altra che egli può affermare: «L’amore, senza la verità, diviene cieco e si trasforma in caricatura di se stesso — la verità senza l’amore diviene crudele e perde la sua stessa natura».
Agli occhi di Benedetto XVI, il cristianesimo effettivamente è la religione dell’amore non soltanto per la sua origine ma anche nella sua natura più profonda. Il cristianesimo deriva dall’amore di Dio, il quale ci ama e conduce noi uomini all’amore, che noi ridoniamo a Dio e che di conseguenza ci diamo reciprocamente. Questo amore, tuttavia, non è qualcosa di comodo e a buon mercato, ma esige che anche noi ci apriamo alla sua verità, che è impegnativa.
Ratzinger ha molto contribuito al rinnovamento della dottrina cattolica sulla Chiesa, a partire dalla sua tesi di dottorato sul concetto di Chiesa in sant’Agostino sino alla preparazione e alla ricezione dell’ecclesiologia del concilio Vaticano II. Per lui, tuttavia, la Chiesa non è in primo luogo tema della teologia, ma — quale «soggetto vivo e immutabile attraverso i mutamenti della storia» — essa è lo spazio vitale nel quale si compie la teologia in quanto è riflessione di fede. La fede cristiana, infatti, è caratterizzata da due elementi: da un lato dal tu, dal rapporto personale del singolo cristiano con Dio, dall’altro dal noi, nel senso che la fede del singolo cristiano è sempre un credere con la fede della Chiesa e il singolo cristiano può vivere la sua fede solo all’interno della comunità di fede della Chiesa.




Anche questa doppia realtà è già iscritta nel compleanno di Joseph Ratzinger. In occasione del suo ottantesimo compleanno, egli vide nel dato biografico per cui nascita e rinascita gli erano state donate nello stesso giorno, all’inizio della festa di Pasqua, anche un segno del fatto che nascita e rinascita sono legate, come «famiglia terrena e grande famiglia di Dio» e che esse rappresentano «il grande dono delle molteplici misericordie di Dio, il fondamento sul quale ci appoggiamo».




Fonte: Compleanno Benedetto XVI, testimone della fede | Tempi.it

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