Si delinea l’azione internazionale per annientare la minaccia del cosiddetto Stato islamico (Is), attivo in Iraq e in Siria, che nessun Governo ritiene altro che un gruppo terroristico, anche se sulle modalità di tale azione diversi osservatori paventano possibili contrasti. Di una vasta coalizione internazionale contro le milizie dell’Is ha parlato il presidente statunitense, Barack Obama, nel discorso alla Nazione tenuto ieri, alla vigilia del tredicesimo anniversario dello spaventoso attacco terroristico subito dagli Stati uniti l’11 settembre 2001.
Il segretario di Stato americano, John Kerry, cercherà oggi di garantirsi il sostegno di diversi Paesi del Vicino Oriente, i cui ministri degli Esteri si appresta ad incontrare a Gedda, in Arabia Saudita. Dopo l’incontro di ieri a Baghdad con il primo ministro Haider Al Abadi, Kerry ha detto che il nuovo Governo iracheno, con sunniti, sciiti, curdi e cristiani, rappresenta «il cuore e la spina dorsale dell’azione» illustrata da Obama per combattere e infine distruggere l’Is.
Il presidente Obama ha confermato di essere deciso ad estendere al territorio siriano i bombardamenti aerei contro l’Is già in atto su quello iracheno in appoggio alle forze governative di Baghdad e alle milizie, sciite e curde, loro alleate. Ma per quanto riguarda la Siria ha ribadito chiaramente che l’intervento non sarà in alcun modo concordato con il Governo del presidente Bashar Al Assad. «Non ci possiamo fidare del regime di Assad che non riguadagnerà mai la legittimità che ha perso», ha detto, aggiungendo anzi che intende fornire aiuti militari all’opposizione siriana, puntando su questa anche per la lotta contro l’Is.
Il presidente americano ha detto infatti di essere determinato a fermare, con le bombe e con il supporto alle forze locali, la marcia sanguinosa dei militanti sunniti che si sono impadroniti di vaste aree fra Iraq e Siria. Con un discorso alla nazione, Obama ha spiegato che l’intervento Usa in territorio siriano sarà intenso e capillare, più di quello usato contro al Qaeda in Yemen o Pakistan.
Nessun soldato statunitense combatterà sul terreno, ma alcuni saranno stazionati in Arabia Saudita per addestrare i gruppi moderati che lottano contro l’Is e 500 in Iraq per sostenere le forze locali. Obama ha riaffermato con forza il primato dell’America nel mondo e il suo dovere di guidare e proteggere, ma si è anche fatto forte dell’appoggio di una serie di Paesi schieratisi al suo fianco, compresi alcuni arabi. “L’America guiderà un’ampia coalizione – ha detto Obama – per respingere questa minaccia terroristica”.
In merito l’Arabia Saudita avrebbe già garantito sostegno per l’addestramento e le basi logistiche, secondo fonti diplomatiche statunitensi citate oggi dal quotidiano «The New York Times». Secondo molti osservatori, l’intervento in Siria così prospettato potrebbe portare a nuovi contrasti con il Governo di Mosca, che ha sempre denunciato l’appoggio occidentale all’opposizione siriana.
Già prima del discorso di Obama, il ministro degli Esteri russo, Serghiei Lavrov, aveva detto che i raid contro l’Is in Siria potrebbero essere un pretesto per colpire le forze di Damasco. Nel frattempo si è positivamente conclusa oggi la vicenda dei 45 caschi blu della missione dell’Onu nel Golan sequestrati due settimane fa dalle milizie ribelli islamiste del Fronte Al Nusra, impegnate in combattimento con le forze governative siriane. I caschi blu, tutti originari delle isole Fiji, sono stati rilasciati questa mattina.
A cura di Redazione Papaboys fonti:
Osservatore Romano, Radio Vaticana, BBC