“Napoli va amata, come l’ama san Gennaro! Ciò significa che, guardando alla città, il nostro sguardo deve andare oltre la cronaca che appare una continua condanna per Napoli, con le cifre agghiaccianti prodotte da una violenza che coinvolge non pochi giovani e giovanissimi e in alcuni casi – come una terribile bestemmia davanti a Dio – addirittura i bambini”. Lo ha affermato questa mattina l’arcivescovo di Napoli, il card. Crescenzio Sepe, dopo aver annunciato alle 10.08 lo scioglimento del sangue del patrono di Napoli, san Gennaro. “Ci invita a guardare alla città con uno sguardo più profondo”, ha rilevato l’arcivescovo ripreso dall’Agenzia Sir, spiegando che “guardare oggi alla città dal verso giusto significa porla al centro del nostro interesse, della nostra cura, in una parola del nostro amore. Napoli è di san Gennaro perché il santo l’ha scelta, l’ha protetta. L’ha amata”.
Il card. Sepe si è soffermato sulla violenza che “purtroppo cerca continuamente di avvelenare anche i pozzi delle acque pulite di cui la città è sempre e ancora ricca”. “Tra i mali di Napoli – ha ammonito – la sofferenza più nuova e più orribile di tutte racconta la storia atroce e beffarda di una città malata in una parte della sua stessa gioventù; come una pianta insidiata dalle sue stesse radici”. “Sembra non bastare neppure la nomenclatura più ordinaria”, ha rilevato il cardinale, evidenziando come “quella delle baby-gang è una definizione che sa già di muffa e le stese sono diventate così ordinarie da non fare quasi più notizia. Spietata, senza regole e senza capi riconosciuti questa forma di violenza urbana – secondo gli esperti – avrebbe soppiantato non solo la vecchia, ma anche la nuova camorra organizzata”.
“Anche con la protezione e l’incoraggiamento di san Gennaro sono i giovani a reclamare un ruolo da protagonisti” ha affermato il card. Crescenzio Sepe. “Non si tratta di assecondare la vena di giovanilismo che, spesso in maniera superficiale, corre in tutto il Paese. I giovani non possono essere una moda”, ha ammonito l’arcivescovo, secondo cui “chi si rivolge ad essi in maniera strumentale ha davvero poca strada davanti a sé”. “Ai giovani per primi – ha proseguito – va data ragione della speranza che essi stessi dovrebbero incarnare”.
Molti giovani arrivano già stanchi alle prime soglie della vita sociale
La speranza è qualcosa e molto di più di una semplice questione di anagrafe, soprattutto se, come avviene sempre più spesso, ad essi toccano le prime porte in faccia della vita”, ha spiegato. “Non sono pochi i giovani che arrivano già stanchi e consumati alle prime soglie della vita sociale, già caricati, per esempio, dal peso di difficoltà familiari che, a loro volta, incidono o impediscono un normale corso degli studi e mostrano la strada come la prima, ma la più insidiosa, palestra di vita, oltre che il teatro naturale dove recitare, a copione libero, l’antica arte di arrangiarsi”.
Per Sepe, “la delusione, per i giovani, può diventare come un tramonto triste, una sorta di manto sepolcrale che viene a coprire ogni barlume di vita”. “È questo – ha sottolineato – ciò che con tutte le forze, come comunità e come singole persone, come istituzioni o come organismi della società civile, siamo chiamati a contrastare e a non rendere possibile. È questo il nostro primo compito anche come Chiesa, chiamata ad annunciare il Vangelo vivo di Cristo, la Sua parola che è certezza di speranza”. Secondo il cardinale “i giovani sono sconfitti se è sconfitta Napoli, se la città per prima si trova a fare a meno della sua risorsa più preziosa qual è appunto la gioventù”. “Quale presente e quale futuro ci possono essere se oltre 700mila giovani hanno lasciato Napoli e il Sud, come una recente indagine dolorosamente ci dice”, l’osservazione dell’arcivescovo che ha poi puntato il dito contro lo spopolamento e l’invecchiamento della città. “Napoli – ha affermato – ha bisogno di tornare a volare potendo contare prima di tutto sui suoi giovani”. (Agenzia Sir)
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