Il primo incontro con il “Rinnovamento nello Spirito” Marcella Reni lo vive come una minaccia: «Mi costringeva a scavare dentro di me». Poi l’insistenza del marito, la preghiera e la parola di Dio le hanno ridonato la fede. E oggi lavora per dare dignità e redenzione a chi è in carcere.
«Ricordo il giorno e l’ora in cui ho incontrato il Signore: era l’8 dicembre del 1992, alle 4 del pomeriggio. Durante la celebrazione per la festa dell’Immacolata Concezione, il sacerdote – con l’ostensorio in mano – mi si avvicinò. Fu allora che scoprii il Dio vivente, che mi amava e mi aspettava».
Marcella Reni è una donna elegante e raffinata. È stata per otto anni direttore nazionale del Rinnovamento nello Spirito e oggi è uno dei sei membri del comitato esecutivo che guida il movimento. All’inizio, però, le cose non sono state facili, anzi: «Ho “lottato” con Dio per quattro anni. Poi, alla fine, mi sono aperta alla misericordia. Ho scoperto che cosa vuol dire avere una fede vera, che ti fa vivere con serenità anche i momenti di sofferenza». Così, l’anno scorso, al medico che le prospettava delle cure lunghe per un tumore al seno, lei sorrise, affermando: «Sono una “deportata” dal Paradiso: dal cielo vengo, e al cielo sono pronta a tornare, quando il Signore vorrà».
Una forza granitica, che l’accompagna anche nella vita quotidiana: «Sono stata oggetto di pressioni da parte della criminalità organizzata: in quel momento, ho capito che credere in Dio significa abbandonarsi concretamente a lui. Così, ho denunciato: ho vissuto un anno sotto scorta, ma non ho avuto paura. Il Signore mi ha dato il coraggio, perché opporsi al male è più difficile che fare il bene».
LE CHIAMATE DI DIO
Oggi, Marcella sa leggere il bene in ogni piccolo attimo della sua vita. Ma non è sempre stato così: «Ero la classica ragazza realizzata nella vita personale e nella carriera: un marito, un figlio bellissimo e un incarico prestigioso, come presidente dei notai del mio distretto, quello di Palmi – Reggio Calabria. Sono stata la prima presidente donna in Italia, e anche la più giovane. A ripensarci oggi, ero come il “figliol prodigo”: avevo preso i miei doni, e me ne ero andata lontano da Dio e dalla Chiesa. Stavo perfino per entrare in politica…». Fu allora che il Signore bussò alla sua porta, e si “servì” prima della mamma, poi del marito. «Avevo organizzato a casa mia una cena importante. Mia mamma tardava, e io iniziai a preoccuparmi. Quando finalmente arrivò, aveva in mano una Bibbia e cominciò a raccontare, tra lo stupore dei presenti, dell’incontro di preghiera cui aveva partecipato. Provai un grande imbarazzo e, nello stesso tempo, una forte apprensione per la salute mentale di mia madre. Così, decisi di controllare…».
Fu questa la prima “chiamata” di Dio. Marcella e il marito andarono, e quello che videro li sconvolse. «Rimasi abbagliata dalla luce negli occhi delle persone. Mio marito fu affascinato. Io capii che Dio esisteva, e che in qualche modo dovevo farci i conti… ma non volevo ancora cedere». E così, mentre il marito iniziò a frequentare il Rinnovamento, Marcella se ne allontanò: «Per me quello era un luogo pericoloso», aggiunge, «perché mi costringeva a scavare dentro di me». Iniziò così un periodo difficile: «Mio marito ed io rischiavamo di allontanarci, quando lui mi propose un patto: avrei dovuto frequentare gli incontri per sei mesi. Soltanto dopo, avrei potuto decidere, se andarmene o rimanere». Fu la “seconda” chiamata.
AFFIDATA ALLO SPIRITO
«Vissi un periodo di grandi battaglie dentro di me: quelle preghiere ad alta voce, quei canti con le mani alzate, quegli abbracci… tutto mi creava disagio. Piano piano, invece, la Parola di Dio mi entrava dentro». Fu allora che Marcella decise di «abbassare tutte le difese e scommettere davvero su Dio. Iniziai a leggere la Bibbia, lasciai spazio allo Spirito Santo e compresi che ogni giorno è un dono, che Dio è gioia, è vita, è risurrezione: non voleva togliermi nulla di tutto ciò che mi ero conquistata, anzi, voleva potenziarlo». Da quel momento, la vita di Marcella Reni è totalmente cambiata «ed è diventata meravigliosa. Vivo ogni giorno con una profezia, perché so che in tutto ciò che mi accade c’è Dio e tutto concorre al bene. Perfino nella malattia, mi sono sentita una privilegiata, perché ho sperimentato la grazia del Signore».
IL SERVIZIO IN CARCERE
Ma la fede da sola non basta e, inevitabilmente, si apre alla missione. Per Marcella, il servizio all’altro avvenne in un carcere. Fu la “terza” chiamata. Oggi, è presidente di Prison Fellowship Italia Onlus – il ramo italiano di un’associazione presente in tutto il mondo e che si occupa di giustizia riparativa – e di Victim Fellowship Italia Onlus. «All’inizio degli anni Novanta», ricorda ancora, «Prison Fellowship International decise di aprire una sezione in Italia. Avevano chiesto a papa Giovanni Paolo II, che li aveva indirizzati al Rinnovamento nello Spirito. Per ragioni professionali e visto che sono laureata in giurisprudenza, i responsabili del Rinnovamento mi hanno proposto di dirigere l’associazione. E io che pensavo di andare nelle carceri per portare Gesù, invece ho scoperto che proprio dentro una cella si trova il Signore. Adesso abbiamo dei percorsi anche con i bambini». Perché il perdono e la misericordia si “imparano” da piccoli.
LA GIUSTIZIA RIPARATIVA
Il progetto Sicomoro è un programma sperimentato dalla Prison Fellowship International (Associazione internazionale delle carceri) e prevede incontri all’interno di un carcere tra detenuti e vittime di reati, con l’obiettivo di favorire una riconciliazione e la riumanizzazione degli uni e degli altri. La prima edizione è stata fatta nel carcere di Opera (Milano), grazie alla collaborazione del direttore, Giacinto Siciliano.
Foto di Federico Balestrini
Fonte www.famigliacristiana.it/Agnese Pellegrini – Foto di Federico Balestrini
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