“Prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita”. Così recita la promessa matrimoniale religiosa e oggi desidero raccontarvi una storia, legata al momento presente e alle questioni sociali ed economiche del covid19, per il contesto in cui si manifesta, ma il cui valore assoluto supera, educa ed al contempo risponde alle sollecitazioni presenti, perché è una storia che fa bene al cuore.
Essere un testimone oculare di questa vicenda, averne fatto l’esperienza, mi ha esortato a una ricollocazione superiore di coscienza e consapevolezza, che di rimando propongo a voi. O, più semplicemente, è una storia che invita a tenere alta la coscienza, a tenerla nel luogo che gli è opportuno per natura, a quelle vette a cui, in quanto esseri umani, dovremmo sempre tendere. Silvio Lorenzi e Debora Cerato sono innamorati, si amano di quell’amore che non teme distanze e difficoltà.
Certo, vivere uno in Campania, l’altra in Lombardia non è alla portata di animi vacui, chiede di non aver paura dei kilometri da fare nel week-end, chiede di non aver timore della stanchezza, chiede soprattutto una presenza interna l’uno nell’altra, chiede un amore che sa rispondere intimamente con sentimenti precisi e chiari, che non vacillino di fronte alla solitudine quotidiana e al bisogno di saziare, a qualsiasi costo, un temporaneo vuoto fisico. Il loro è un amore che chiede il “non importa che non ti abbia, non importa che non ti veda, quello che ti chiedo è solo che tu sia anima della mia anima” della poesia di Pedro Salinas. E loro questo sono stati in grado di mantenerlo negli anni. Silvio e Debora scelgono infine di sposarsi. Sarà Silvio a trasferirsi al nord, perché il loro sogno è sostenuto dalla possibilità di condividere il progetto spirituale che li vede insieme e alleati nel lavoro presso la “comunità Papa Giovanni XXIII”, fondata da Don Oreste Benzi.
I due ragazzi sono felici e guardano con gratitudine al futuro e all’ideale di vita che si rinsalderà nel loro matrimonio. Coinvolgono amici, tanti, e parenti, ma soprattutto il gruppo della comunità che si impegnano a realizzare delle partecipazioni di nozze speciali. Sarà una grande festa, che richiamerà affetti da tutta Italia. La data prevista è il 2 maggio 2020. Gli inviti partono a settembre del 2019.
Quello che si abbatte sui loro proponimenti, nel frattempo, è noto a tutti: Italia in allarme rosso causa covid19. Vietati assembramenti, necessario isolamento sociale, vietati i matrimoni.
L’impatto a livello nazionale ha conseguenze devastanti, saranno oltre 17.000 i matrimoni cancellati tra marzo e aprile 2020, con una previsione totale di 50.000 annullamenti entro giugno e con una perdita, per tutto il sistema economico coinvolto nel settore, di 40 miliardi. La fase 1 vietava qualsiasi cerimonia almeno fino a maggio. Il cuore di Silvio entra nello sconforto, mi scrive parole di tristezza e affanno per questo sogno tanto atteso e ora infranto. Alle volte però accadono dei piccoli miracoli, dei segni si rivelano per dimostrare che esiste una fede che sa provvedere, se in lei crediamo e a lei ci affidiamo, accogliendone l’essenza e le modalità.
Silvio e Debora desiderano sposarsi in chiesa, credono nella promessa matrimoniale religiosa e in quel Dio che è il cemento della loro unione. Dopo alcuni giorni nella preoccupazione, Silvio mi scrive a fine aprile, comunicandomi che il parroco è pronto a celebrare il loro matrimonio, se accettano tutte le restrizioni e le privazioni di quei festeggiamenti che avevano immaginato per loro, e mi conferma che sì, il loro matrimonio si farà! Mi confessa, inoltre, che nelle difficoltà, sentendosi smarrito, ha compreso ancora di più quanto occorresse affidare le nostre povertà al Signore e lasciare che sia lui a indicare la strada.
Francesco D’Assisi, nel suo testamento spirituale scrisse – tutto ciò che mi sembrava avaro, mi fu convertito in dolcezza-. Dice l’amore: non confondetevi alle verità di questo mondo. E il vostro amore si è dimostrato più forte del virus.”
Con questa storia, vi racconto ciò che significa l’essenziale, su cui poi si può costruire qualsiasi impalcatura, per qualsiasi altezza, ma se è proprio l’essenziale a mancare come si può guadare al cielo? La scelta di Silvio e Debora è apparsa ai miei occhi un atto di stravolgente, dirompente bellezza, non per questo supponente nel proporre, alle coppie che hanno scelto di rimandare il loro matrimonio, il facile e retorico“potete fare così”.
Ognuno è libero di scegliere per come sente e come può, però quando incontri due creature che sono un’ispirazione di verità, una domanda sorge dentro: è davvero necessario tutto il superfluo che ruota intorno al matrimonio? Cosa aggiunge? Cosa toglie? E si potrebbe sposarsi perché lo si sceglie, nel momento in cui si sceglie e rimandare a più tardi i festeggiamenti? Si riesce a rimanere soltanto in due davanti a questa volontà?Il matrimonio di Silvio e Debora ha la dolcezza, il tepore e la potenza della primavera che esplode a dicembre. E’ il 2 maggio 2020, siamo in Lombardia, ancora lockdown totale, ma ho il privilegio di poter seguire il matrimonio attraverso la diretta web, creata per tutti gli affetti lontani. Quello che accade davanti ai miei occhi è una pagina che avrebbe bisogno di essere scritta con la luce anziché l’inchiostro. La chiesa si presenta nel suo spazio liberato dai banchi, è una sala investita da un bagliore, che, passando dalla finestra alle spalle dell’altare, investe il crocefisso dalle braccia aperte, tese quasi incontro ai ragazzi, a questi sposi che a lui ricorrono con lo sguardo, dietro l’unico banco posto al centro dello spazio. Un organo e il suo musicista raccontano in nota le parole delle letture e i sorrisi e le piccole lacrime di gioia, che ridisegnano il profilo delle guance dei presenti: i quattro testimoni agli angoli della chiesa e il parroco. Perché questo matrimonio è un miracolo di fede e la fede è una custodia di speranza a cui si addice l’acqua fertile della commozione. Silvio e Debora sono splendidi, sorridono e si sorridono come ho visto raramente fare, avvicinando con sguardo complice le loro sedie, perché le loro mani possano stringersi durante la cerimonia di sacramento. Le parole del sacerdote, sull’altare, risuonano di una verità che mi folgora, “questo è il più bel matrimonio che abbia mai celebrato, perché oggi resta solo l’essenziale. Restano Silvio e Debora, il sacramento matrimoniale e la loro scelta coraggiosa.
Credo che chiunque si sposa dovrebbe saggiamente, umilmente porsi questa domanda, e se la risposta, in cuor suo, sarà di assenso non potrà che uscirne rinsaldato. Infine, allo scambio delle promesse e degli anelli Silvio e Debora sono stati teneri, sorridenti, di un’asciuttezza dolce, tipica della saggezza pacifica, che si è liberata in un canto festoso con gli sposi che si tenevano per mano, alzando le braccia al cielo. Quando un sentimento è potente sfonda le porte e io ho dimenticato di essere connessa attraverso il web, ero lì, ne partecipavo; così è stato anche per gli altri in collegamento. La verità ultima che raccolgo da questa scelta bellissima e coraggiosa, risiede in una forza che fonda su un’ammissione di debolezza. Sposarsi in chiesa è un profondo, radicale, atto di umiltà: è chiedere il sostegno della fede nelle nostre povertà, nelle nostre imperfezioni, nelle nostre contraddizioni, significa saper chiedere supporto e affrontare con la grazia gli inciampi nel cammino, perché diventino risorsa. Alla fine l’amore ha avuto l’ultima parola e la pandemia è diventata l’occasione di una consapevolezza nuova. L’augurio di questa storia esemplare è che così possa essere per tutti.
di Rosalba Panzieri per LA DISCUSSIONE
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