Ecco in sintesi il contenuto dell’Instrumentum laboris. Reso noto questa mattina per il prossimo Sinodo dei vescovi per l’Amazzonia sul tema: “Amazzonia, nuovi cammini per la Chiesa e per un’ecologia integrale”
Questa è l’anima del Documento di Lavoro (Instrumentum Laboris) pubblicato questa mattina dalla Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi e presentato alla stampa. Il Documento è il frutto di un processo di ascolto iniziato con la visita di Papa Francesco a Puerto Maldonado (Perù) nel gennaio 2018. Proseguito con la consultazione del Popolo di Dio in tutta la Regione Amazzonica nel corso dell’anno. Conclusosi con la II Riunione del Consiglio Presinodale dello scorso maggio.
Il territorio dell’Amazzonia comprende parte di Brasile, Bolivia, Perù, Ecuador, Colombia, Venezuela, Guyana, Suriname e Guyana francese in un’area di 7,8 milioni di kmq, nel cuore del Sud America. Le foreste amazzoniche coprono circa 5,3 milioni di kmq, che rappresentano il 40% della superficie globale delle foreste tropicali.
La prima parte del Documento, “La Voce dell’Amazzonia”, presenta la realtà del territorio e dei suoi popoli. E inizia dalla vita e dalla sua relazione con l’acqua e i grandi fiumi che scorrono come vene della flora e della fauna del territorio, come sorgente dei suoi popoli, delle sue culture e delle sue espressioni spirituali nutrendo anche la natura, la vita e le culture di migliaia di comunità indigene, contadini, afro-discendenti, popolazioni che vivono sulle rive dei fiumi e delle città.
La vita in Amazzonia è minacciata dalla distruzione e dallo sfruttamento ambientale, dalla sistematica violazione dei diritti umani fondamentali della popolazione amazzonica: in particolare, dalla violazione dei diritti dei popoli originari, come il diritto al territorio, all’autodeterminazione, alla delimitazione dei territori, alla consultazione e al consenso previo.
Secondo le comunità che hanno partecipato a questo ascolto sinodale, la minaccia alla vita deriva da interessi economici e politici dei settori dominanti della società odierna, in particolare delle compagnie estrattive. Attualmente, i cambiamenti climatici e l’aumento degli interventi umani (deforestazione, incendi e cambiamenti nell’uso del suolo) stanno portando l’Amazzonia a un punto di non ritorno, con alti tassi di deforestazione, spostamenti forzati della popolazione e inquinamento, mettendo a rischio i suoi ecosistemi ed esercitando pressione sulle culture locali.
Nella seconda parte, il Documento prende in esame e offre suggerimenti per le questioni relative all’ecologia integrale. L’Amazzonia oggi è una bellezza ferita e deformata, un luogo di dolore e violenza, come sottolineano eloquentemente i rapporti delle Chiese locali ricevuti dalla Segreteria Generale del Sinodo.
La violenza, il caos e la corruzione dilagano. Il territorio è diventato uno spazio di scontri e di sterminio di popoli, culture e generazioni.
C’è chi è costretto a lasciare la propria terra; molte volte cade nelle reti delle mafie, del narcotraffico e della tratta di esseri umani (soprattutto donne), del lavoro e della prostituzione minorile. È una realtà tragica e complessa, che si colloca al di fuori della legge e del diritto.
I popoli amazzonici originari hanno molto da insegnarci. Riconosciamo che per migliaia di anni si sono presi cura della loro terra, dell’acqua e della foresta, e sono riusciti a preservarli fino ad oggi, affinché l’umanità possa beneficiare della gioia dei doni gratuiti della creazione di Dio. I nuovi cammini di evangelizzazione devono essere costruiti in dialogo con queste sapienze ancestrali in cui si manifestano semi del Verbo. Il Sinodo dell’Amazzonia diventa così un segno di speranza per il popolo amazzonico e per tutta l’umanità.
Il Documento di Lavoro analizza anche la situazione dei Popoli Indigeni in Isolamento Volontario (PIAV). Secondo i dati di istituzioni ecclesiastiche specializzate (es. CIMI) ed altre, nel territorio amazzonico ci sono tra 110 e 130 diversi “popoli liberi”, che vivono ai margini della società o in contatto sporadico con essa. Sono vulnerabili alle minacce provenienti dal narcotraffico, da mega progetti infrastrutturali e da attività illegali legate al modello di sviluppo estrattivista.
L’Amazzonia è tra le regioni con la maggiore mobilità interna e internazionale in America Latina. Secondo le statistiche, la popolazione urbana dell’Amazzonia è aumentata in modo esponenziale; attualmente tra il 70 e l’80% della popolazione risiede nelle città, che ricevono in modo permanente un gran numero di persone che migrano verso di esse e non sono in grado di fornire i servizi essenziali di cui i migranti hanno bisogno. Anche se la Chiesa ha accompagnato questo flusso migratorio, ha lasciato all’interno dell’Amazzonia delle lacune pastorali che devono essere colmate.
Infine, l’ultima parte del Documento di Lavoro invita i Padri Sinodali dell’Amazzonia a discutere sul secondo punto del tema proposto dal Papa: i nuovi cammini per la Chiesa nella regione.
La realtà delle chiese locali ha bisogno di una Chiesa partecipativa, che si renda presente nella vita sociale, politica, economica, culturale ed ecologica dei suoi abitanti; di una Chiesa accogliente verso la diversità culturale, sociale ed ecologica per poter servire senza discriminazione persone o gruppi; di una Chiesa creativa, che possa accompagnare assieme al suo popolo la costruzione di nuove risposte ai bisogni urgenti; e di una Chiesa armoniosa, che promuova i valori della pace, della misericordia e della comunione
Le comunità hanno difficoltà a celebrare frequentemente l’Eucaristia per la mancanza di sacerdoti. “La Chiesa vive dell’Eucaristia” e l’Eucaristia edifica la Chiesa. Per questo, invece di lasciare le comunità senza l’Eucaristia, si propone di rivedere alcuni dei criteri di selezione e preparazione dei ministri autorizzati a celebrarla. Le comunità chiedono una maggiore valorizzazione, accompagnamento e promozione della pietà con cui il popolo povero e semplice esprime la sua fede attraverso immagini, simboli, tradizioni, riti e altri sacramenti. Si tratta della manifestazione di una saggezza e di una spiritualità che costituisce un autentico luogo teologico con un grande potenziale evangelizzatore. Sarebbe opportuno riconsiderare l’idea che l’esercizio della giurisdizione (potere di governo) deve essere collegato in tutti gli ambiti (sacramentale, giudiziario, amministrativo) e in modo permanente al Sacramento dell’Ordine.
Oltre alla pluralità delle culture all’interno dell’Amazzonia, le distanze generano un grave problema pastorale che non può essere risolto con i soli mezzi meccanici e tecnologici. È necessario promuovere vocazioni autoctone di uomini e donne in risposta ai bisogni di un’attenzione pastorale sacramentale. Il loro contributo decisivo sta nell’impulso ad un’autentica evangelizzazione dal punto di vista indigeno, secondo i loro usi e costumi. Si tratta di indigeni che predicano agli indigeni con una profonda conoscenza della loro cultura e della loro lingua, capaci di comunicare il messaggio del Vangelo con la forza e l’efficacia di chi ha il loro bagaglio culturale.
Affermando che il celibato è un dono per la Chiesa, si chiede che, per le zone più remote della regione, si studi la possibilità di ordinazione sacerdotale di anziani, preferibilmente indigeni, rispettati e accettati dalla loro comunità, sebbene possano avere già una famiglia costituita e stabile, al fine di assicurare i Sacramenti che accompagnano e sostengono la vita cristiana.
È richiesto di identificare il tipo di ministero ufficiale che può essere conferito alle donne, tenendo conto del ruolo centrale che esse svolgono oggi nella Chiesa amazzonica.
Viene chiesto il riconoscimento delle donne a partire dai loro carismi e talenti. Esse chiedono di recuperare lo spazio dato da Gesù alle donne, “dove tutti/tutte possiamo ritrovarci”. Si propone, inoltre, di garantire ad esse la loro leadership. Nonché spazi sempre più ampi e rilevanti nel campo della formazione: teologia, catechesi, liturgia e scuole di fede e di politica.
Si propone, quindi, di promuovere una vita consacrata alternativa e profetica, inter-congregazionale, inter-istituzionale, con un senso di disponibilità a stare dove nessuno vuole stare e con chi nessuno vuole stare. Si raccomanda che la formazione alla vita religiosa includa processi formativi focalizzati sull’interculturalità, l’inculturazione e il dialogo tra le spiritualità e le ‘cosmovisioni’ amazzoniche.
Il Documento mette in risalto anche un importante fenomeno da tenere in considerazione, ovvero la rapida crescita delle recenti chiese evangeliche di origine pentecostale, soprattutto nelle periferie: “Ci mostrano un altro modo di essere chiesa dove il popolo si sente protagonista e dove i fedeli possono esprimersi liberamente senza censura, dogmatismo o discipline rituali”.
Essere Chiesa in Amazzonia in modo realistico significa porre profeticamente il problema del potere, perché in questa regione le persone non hanno la possibilità di far valere i propri diritti contro le grandi imprese economiche e le istituzioni politiche. Oggi, mettere in discussione il potere nella difesa del territorio e dei diritti umani è mettere a rischio la propria vita, aprendo un cammino di croce e martirio. Il numero di martiri in Amazzonia è allarmante (p. es., solo in Brasile, tra il 2003 e il 2017, 1.119 indigeni sono stati uccisi per aver difeso i loro territori). La Chiesa non può rimanere indifferente a tutto questo. Al contrario, deve sostenere la protezione dei difensori dei diritti umani e ricordare i suoi martiri, tra cui donne leader come Suor Dorothy Stang.
Durante il periodo di elaborazione dell’Instrumentum Laboris, la voce dell’Amazzonia è stata ascoltata alla luce della fede. Si è cercato di rispondere al grido del popolo e del territorio amazzonico per un’ecologia integrale e per nuovi cammini. Questo al fine di favorire una capacità di profezia in Amazzonia. Queste voci amazzoniche interpellano il Sinodo dei Vescovi a dare una nuova risposta alle diverse situazioni. Inoltre, a cercare nuovi cammini che rendano possibile un kairós per la Chiesa e per il mondo.
Fonte Vatican News – Cristiane Murray
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