R. – E’ un lavoro molto inteso che sta affrontando un grande numero di temi, forse troppi. In questo momento il discorso sembra ancora un po’ confuso, ma speriamo che arriveremo a dei chiarimenti, ovviamente, basati sull’insegnamento perenne della Chiesa, fondamento per una pastorale sana.
D. – Si sta discutendo molto sulla nullità dei matrimoni, sulla possibilità di esprimersi in maniera più efficace sulla dichiarazione di nullità matrimoniale…
R. – Una coppia si unisce in matrimonio e c’è sempre la possibilità che l’uno o l’altro degli sposi abbia viziato il consenso escludendo per un atto positivo della volontà alcuni beni essenziali per la validità del matrimonio: la fedeltà, l’indissolubilità o l’atto di procreare. Queste sono alcune delle ragioni per cui è possibile chiedere la nullità in un processo matrimoniale. Il processo ha tutti gli elementi per arrivare alla verità con certezza morale e quando c’è un personale ben preparato questo processo non dura a lungo e non è contrario alla pastorale.
D. – Viene chiesto uno snellimento della procedura processuale con l’eliminazione del secondo grado di giudizio richiesto oggi per ottenere un annullamento. Lei cosa pensa?
R. – Io non sono a favore di questo, perché per una cosa così importante, ovvero la validità del matrimonio – che tocca anche la salvezza dell’anima – la Chiesa vuole che un primo giudizio sia confermato in seconda istanza.
D. – Gli occhi di molti sono puntati su questo Sinodo soprattutto per alcune tematiche di sofferenza che vivono coppie il cui primo matrimonio è fallito. C’è però tutta una fetta di sposi che vive coerentemente la propria fede cristiana nel matrimonio e che attende dai padri sinodali una parola di conforto, anche perché spesso si trova a dover testimoniare in un contesto che nega i valori cristiani…
R. – Infatti, noi dobbiamo illustrare nel Sinodo, davanti a tutti, la bellezza del matrimonio che è, veramente, una partecipazione all’amore divino, nell’amore tra Padre, Figlio e Spirito Santo; e non dobbiamo considerare solamente i casi difficili. Il Sinodo sul matrimonio e sulla famiglia deve anche, prima di tutto, dare un messaggio positivo sul matrimonio.
D. – Oggi, secondo lei, è una sfida quella di dire chiaramente la visione della Chiesa sul matrimonio tra uomo e donna?
R. – Sì, è una sfida, perché la nostra cultura è totalmente secolarizzata e sta accettando delle cose che contraddicono la verità sul matrimonio. Ma la Chiesa è “controcorrente” e noi dobbiamo accettare la sofferenza che viene dall’annunciare una verità difficile per il nostro tempo; questa è la dimostrazione del nostro vero amore, per il mondo, per i nostri fratelli e sorelle, nel dire loro la verità che ci ha dato Cristo. Se soffriamo – e soffriremo certamente – accettiamo questa sofferenza con gioia perché sappiamo che stiamo veramente servendo in amore i nostri fratelli.
D. – Questo è un incoraggiamento per le tante coppie che entrano nella porta “stretta” del matrimonio, testimoniandone e vivendone però tutta la gioia e la bellezza?
R. – Giusto. Loro danno la testimonianza più bella e convincente di questa verità.
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