«Quello fatto insieme è stato un cammino sinodale». Lo ha detto il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, concludendo i lavori del quinto Convegno ecclesiale nazionale, svoltosi a Firenze sul tema: «In Gesù Cristo il nuovo umanesimo»
«Il convenire, che ha scandito i decenni dopo il Concilio, è divenuto preziosa tradizione di confronto e discernimento a livello comunitario», ha esordito il cardinale: «Ci ha aiutato e ci aiuta a recepire le istanze conciliari, a rafforzare la nostra testimonianza di fede e a contribuire al bene comune del Paese». «Per mesi abbiamo preparato queste giornate, in modo che non fossero un evento isolato, ma il punto di arrivo di un percorso condiviso e approfondito». Firenze, allora, «rappresenta fin d’ora un nuovo punto di partenza per il cammino delle nostre comunità e dei singoli credenti». Qui a Firenze, per Bagnasco, la Chiesa italiana non ha celebrato soltanto il suo quinto Convegno ecclesiale nazionale: «Ben di più, ha scelto di assumere il percorso del Convegno e di mettersi in gioco, in un impegno di conversione finalizzato a individuare le parole più efficaci, le categorie più consone e i gesti più autentici attraverso i quali portare il Vangelo nel nostro tempo agli uomini di oggi».
Testo da meditare. «Il testo del Santo Padre – ha detto ancora Bagnasco – andrà meditato con attenzione, quale premessa per riprendere, su suo invito, l’esortazione apostolica Evangelii Gaudium
nelle nostre comunità e nei gruppi di fedeli, fino a trarre da essa criteri pratici con cui attuarne le disposizioni». Papa Francesco, ha sottolineato il presidente della Cei, «nel discorso programmatico che ci ha rivolto martedì scorso nella cattedrale di Firenze, ci ha mostrato lo spirito e le coordinate fondamentali che si attende dalla nostra Chiesa. Ci ha chiesto autenticità e gratuità, spirito di servizio, attenzione ai poveri, capacità di dialogo e di accoglienza; ci ha esortati a prendere il largo con coraggio e a innovare con creatività, nella compagnia di tutti coloro che sono animati da buona volontà».La scelta dei poveri. La Chiesa italiana distribuisce 6 milioni di pasti al giorno e sono 115mila le iniziative in favore dei vecchi e nuovi poveri, ha ricordato a braccio il presidente della Cei, concludendo i lavori alla Fortezza da Basso. Ripercorrendo la scansione del Convegno, il cardinale ha richiamato «le tante povertà che caratterizzano il nostro contesto sociale, e vanno a incidere sul vissuto concreto delle persone, lasciandole talora ferite ai bordi della strada». «L’uomo rimane spesso vittima delle sue fragilità spirituali e della disarmonia che deriva dalla rottura di alleanze vitali», ha ammonito Bagnasco, secondo il quale «è estremamente diffuso, oggi, un profondo senso di solitudine e di abbandono». «Tanti – l’analisi del porporato – sono spinti ad accettare come verità assolute e incontestabili che il tempo sia denaro, con la conseguenza che solitamente non ne rimane per stare vicino agli ammalati e agli anziani; che il valore della persona sia legato alla loro efficienza, con l’effetto di scartare o sopprimere la vita imperfetta o improduttiva; che dipende essenzialmente dai beni materiali la qualità della vita». Se manca «il collante della fiducia che tiene unita la società», ha avvertito il presidente della Cei, si genera «un carico di sofferenza profonda e in genere inespressa, che rivela il bisogno di una luce per orientare il proprio cammino, e di una mano per non compierlo da soli».
Coerenza nell’impegno pubblico. «Anche alla luce di recenti fatti di cronaca, ribadiamo che l’impegno del cattolico nella sfera pubblica deve testimoniare coerenza e trasparenza», ha detto il Cardinale, riferendosi alla via dell’«abitare», che «significa essere radicati nel territorio, conoscendone le esigenze, aderendo a iniziative a favore del bene comune mettendo in pratica la carità, che completa l’annuncio e senza la quale esso può rimanere parola vuota». «Non partiamo da zero», ha ricordato Bagnasco, rimasto colpito «soprattutto dalle attese emerse dai giovani, dalla loro richiesta di riconoscimento, di spazi e di valorizzazione».
«La gratuità è un tratto tipicamente nostro, parlo dell’Italia», ha proseguito Bagnasco. «La vita di ognuno si decide sulla capacità di donarsi», ha ricordato il Cardinale, sottolineando che «al nostro mondo, spesso così esposto al rischio dell’autosufficienza o alla tentazione di ridurre Dio ad astratta ideologia, l’esistenza di Gesù, fattasi dono perfetto, rappresenta l’antidoto più efficace». «Non basta essere accoglienti», ha proseguito, ripercorrendo le cinque «vie» attorno a cui si sono articolati i lavori: «Dobbiamo per primi muoverci verso l’altro, perché il prossimo da amare non è colui che ci chiede aiuto, ma colui del quale ci siamo fatti prossimi».
«Accompagnare le famiglie, anche con percorsi di educazione alla genitorialità e alla reciprocità», e «porre nuova attenzione per la scuola e l’università». Sono due priorità per il dopo-Firenze, indicate da Bagnasco concludendo i lavori alla Fortezza da Basso. «Siamo a ridosso del Sinodo», ha aggiunto a braccio: «Come non portare la famiglia al centro della nostra attenzione?». Ci vuole uno «stile sinodale», ha aggiunto il presidente della Cei, per rispondere alle attese del Papa, alla vigilia del Giubileo della misericordia. «L’amore assolutamente fedele di Dio è il primo tratto del volto misericordioso di Gesù», ha proseguito fuori testo, poi c’è la «tenerezza che consola». «E’ l’amore misericordioso che genera la Chiesa e che ci porta a camminare insieme», ha assicurato Bagnasco. «Per dare concretezza al discernimento, uno stile sinodale deve sapersi dare obiettivi verso i quali tendere», ha aggiunto: di qui l’importanza di «riprendere in mano l’esortazione apostolica Evangelii Gaudium». «Con questo spirito facciamo ritorno alle nostre Chiese e ai nostri territori, rincuorati, confortati», ha concluso, «senza la paura di guardare in faccia la realtà – anche le ombre – ma con la lieta certezza di chi riconosce, anche nella complessità del nostro tempo, la presenza operosa dello Spirito Santo, la fedeltà di Dio al mondo».
«Le vogliamo bene!». Si è conclusa con questa invocazione di affetto la relazione di chiusura del cardinale Angelo Bagnasco al Convegno di Firenze. «Vorremmo che questo nostro salutarci – le parole del cardinale – fosse come un abbraccio che dai pastori si muove affettuoso e grato verso di voi, cari delegati: in voi vediamo il volto delle comunità cristiane disseminate nel nostro amato Paese. Grazie perché ci siete vicini e ci sostenete con la vostra preghiera e partecipazione». «Ma poi l’abbraccio si allarga – ha proseguito il presidente della Cei – e da voi va incontro ai nostri vescovi e sacerdoti, riconoscendo in noi il segno povero ma vero di Gesù buon pastore. I nostri limiti vi sono noti, ma conoscete anche la sincerità dei nostri cuori, la dedizione sulle frontiere del quotidiano, il desiderio di servire il popolo cui Dio ci ha inviati. Noi siamo lieti del vostro abbraccio, e nei vostri volti leggiamo simpatia e fiducia, nelle vostri voci sentiamo incoraggiamento e sostegno. Anche noi – come tutti – ne abbiamo bisogno!». Infine, l’abbraccio «di popolo e di pastori» al successore di Pietro.
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