“Si tratta della più grande popolazione di rifugiati per un solo conflitto in una generazione – ha detto l’Alto Commissario Antonio Guterres – è una popolazione che ha bisogno del sostegno del mondo, ma che invece vive in condizioni disperate e sta precipitando sempre più nella povertà”. Ai rifugiati si aggiungono poi altri 7,6 milioni di sfollati presenti in Siria, molti dei quali non raggiungibili dalle organizzazioni umanitarie. “Il peggiorare della situazione sta spingendo un crescente numero di siriani verso l’Europa e anche più lontano, ma la stragrande maggioranza di loro rimane nella regione”, ha precisato Guterres. Sono infatti 1.805.255 i siriani presenti in Turchia, 249.726 in Iraq, 629.128 in Giordania, 132.375 in Egitto, 1.172.753 in Libano, e 24.055 nell’Africa del Nord.
“L’esodo dalla Siria è il più alto registrato dal 1992, quando il numero di rifugiati dall’Afghanistan toccò la cifra sbalorditiva di 4,6 milioni – si legge nella nota dell’Unhcr – in realtà la cifra è anche più alta, perchè non comprende le oltre 270.000 richieste di asilo presentate dai siriani in Europa e i migliaia di siriani non ricollocati nei Paesi vicini”. In assenza di una prospettiva di pace in Siria, a questo ritmo il numero dei rifugiati siriani potrebbe toccare i 4,27 milioni entro la fine del 2015.
Per far fronte a tale situazione, l’Unhcr ha stimato in oltre 5 miliardi di dollari i fondi necessari per il 2015, riferendo di aver ricevuto finora solo il 24% di tale importo. “Questo significa che i rifugiati si troveranno ad affrontare nuove riduzioni degli aiuti alimentari e a lottare per permettersi servizi medici salvavita o per mandare i propri figli a scuola”, ha ammonito l’agenzia dell’Onu. E “la vita per i siriani in esilio è sempre più dura: circa l’86% dei rifugiai che non sono nei campi in Giordania vive con meno di 3,2 dollari al giorno, sotto la soglia di povertà, mentre in Libano il 55% dei rifugiati vive in rifugi di fortuna”.
Intanto i Paesi confinanti più direttamente interessati dai flussi di profughi – Turchia e Giordania – pensano a una “fascia di sicurezza” tra i loro confini e la Siria, che permetta di contenere la minaccia dell’Isis e anche di allestire strutture per chi fugge dal Paese in guerra. In realtà nel caso della Turchia, l’idea di un cuscinetto lungo la frontiera con la Siria denuncia i timori di un rafforzamento curdo nell’area, che finisca per rilanciare il progetto di uno Stato curdo indipendente.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Avvenire
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