In Siria, si continua a combattere e a morire mentre la città di Aleppo è di nuovo in emergenza per la mancanza di acqua potabile. Già a maggio era mancata per 11 giorni, quando la stazione di pompaggio principale era stata occupata da un gruppo di jihadisti. Intanto, decine di prigionieri sono stati rilasciati ieri in Siria, in seguito all’amnistia generale annunciata dal presidente, Bashar al-Assad. Per parlare della situazione che si vive nella città siriana, Debora Donnini cronista della Radio Vaticana, ha raggiunto telefonicamente il vicario apostolico di Aleppo, mons. Georges Abou Khazen:
R. – E’ la seconda volta che ci troviamo in questa situazione. La causa sembrano essere degli esplosivi messi sotto le tubature centrali, che hanno fatto saltare le tubature e purtroppo anche le fognature. Si è mischiato un po’ tutto e quindi l’acqua non arrivava più in città. Quella poca acqua che arrivava, era inquinata. Molta gente ha avuto anche infezioni e disturbi intestinali.
D. – Un mese fa le accuse di aver causato l’interruzione dell’acqua erano dirette a un gruppo di jihadisti che avevano preso possesso della stazione di pompaggio. Adesso, chi sembra abbia causato questo problema?
R. – La stessa accusa va agli stessi gruppi. Sembra che volessero avanzare un po’ e abbiano fatto saltare degli edifici con sotterranei. Facendo saltare questi, hanno fatto saltare anche le tubature dell’acqua e le fognature.
D. – Quindi, non c’entrano i bombardamenti dell’esercito?
R. – Di sicuro no.
D. – Qual è la situazione della città: chi comanda e chi tiene l’ordine pubblico?
R. – E’ divisa. Ci Sono quartieri dove c’è il governo e quartieri dove si trovano questi gruppi armati. Intorno, nella campagna, ci sono altri gruppi armati ma l’esercito è riuscito ad aprire una strada sicura almeno per la gente, per farla uscire ed entrare, far entrare anche viveri, gasolio, benzina e altro.
D. – Come fa la gente senza acqua potabile, dove beve?
R. – La gente è veramente martoriata. Ha sopportato di tutto eccetto la mancanza di acqua. Noi dobbiamo ringraziare il Signore perché molte chiese e moschee hanno il pozzo artesiano per l’acqua. Quindi, la gente si rivolge a chiese e moschee per prendere l’acqua e la trasportano a mano nelle loro case.
D. – Il quartiere dove lei si trova è sotto il controllo dell’esercito?
R. – Sì, perché noi ci troviamo vicino all’Università e tutta la città universitaria è sotto il controllo dell’esercito.
D. – Ci sono scontri in questi giorni?
R. – Sempre, ogni giorno. Gli scontri si possono sopportare ma quello che è più difficile sopportare è la pioggia di mortai sulla città, esplosioni, gente che muore in casa e per la strada. Quindi, non c’è sicurezza per niente.
D. – E’ una situazione sicuramente molto complessa, anche dopo il fallimento di “Ginevra II”. Voi come pensate che si possa arrivare a una soluzione e cosa chiedete alla comunità internazionale?
R. – Ultimamente, abbiamo avuto il caso di Homs dove c’è stato un accordo, una riconciliazione. Quindi, hanno liberato la città da altre distruzioni e spargimenti di sangue. Noi speriamo che l’esempio di Homs si possa applicare anche in altre città della Siria. Quello però che noi chiediamo, e che abbiamo sempre chiesto, è che la comunità internazionale, soprattutto l’Occidente, prema per la pace, per una riconciliazione e per le trattative.
D. – Lei come vede questa amnistia decisa da Assad?
R. – Noi la vediamo molto positivamente, perché è un segno anche di perdono e riconciliazione. E’ una “pietra” anche per l’avvenire, per vivere insieme una volta finita la guerra. Speriamo che abbia un effetto molto positivo. A cura di Redazine Papaboys fonte Radio Vaticana