Si allargano su più province della Siria i bombardamenti della coalizione internazionale, mentre sul terreno non si fermano i combattimenti tra le milizie curde e quel sedicente Stato islamico (Is). Ieri,anche il parlamento del Regno Unito ha dato il via libera ai raid aerei contro le postazioni dello Stato Islamico in Iraq. E in Europa resta altissimo l’allarme terrorismo. Il servizio di Marco Guerra: Dopo la quinta notte di bombardamenti in Siria, stamani si registrano i primi raid aerei sulle postazioni del sedicente Stato Islamico (Is) nella provincia centrale di Homs, allargando così il raggio d’azione dopo le incursioni nel nord del Paese. Fonti locali segnalano un numero imprecisato di vittime. E già nelle prossime ore i caccia della Raf potranno entrare in azione. Ieri, il parlamento del Regno Unito ha dato il via libera alla partecipazione diretta dell’aviazione britannica alle operazioni della coalizione in Iraq, che vede impegnati anche cinque Paesi arabi. Al momento, Parigi e Londra si astengono però dall’intervento in Siria. Il premier inglese Cameron è stato chiaro: quella in Iraq “sarà una missione che non durerà qualche settimana, ma anni. Dobbiamo essere pronti a questo tipo d’impegno”. Gli fa eco il capo del Pentagono, Chuck Hagel, secondo il quale “nessuno deve farsi illusioni”,”L’Isis – ha aggiunto – non si sconfigge solo con i raid aerei, serve un’azione più ampia, anche politica”. Ma a combattere in prima linea restano le milizie curde, che stanno cercando di fermare l’avanzata dei jihadisti nel nord della Siria. E una svolta potrebbe arrivare dal cambio di atteggiamento della Turchia, finora la grande assente della coalizione anti-Is. “La nostra posizione è cambiata”, ha detto il presidente turco Erdogan, lasciando intendere un contributo di Ankara nella guerra contro lo Stato islamico. Sempre più coinvolta nella crisi anche Teheran: un generale dell’esercito iraniano ha detto che se i jihadisti si avvicineranno al confine, saranno attaccati anche in territorio iracheno. E proprio in Iraq l’esercito annuncia la riconquista di 24 villaggi nella provincia di Diyala. Intanto, cresce sempre di più l’allarme terrorismo in Europa, visto che si contano oltre 3.000 europei arruolati nelle file dell’Is che potrebbero rientrare e rendersi protagonisti di attentati. Ma sulla situazione ascoltiamo il commento di mons. Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria:
R. – La sola forza militare non è la soluzione. Bisogna sanare il terreno da questo “humus” che produce questi estremismi, questo terrorismo: se non si tira via da sotto la brace, il fuoco continuerà ancora a bruciare. Quindi, in questi Paesi bisogna mettere mano a riforme serie di democrazia, di pluralismo che coinvolgano tutti i gruppi presenti nel Paese: parlo della Siria, in questo momento, e dell’Iraq, ma soprattutto della Siria. Purtroppo, il conflitto può produrre ancora questi estremismi e la questione della Siria è molto, molto delicata, direi, rispetto a quella dell’Iraq. Per l’Iraq si può intravedere una via di uscita, presto o tardi, ma per la Siria è ancora troppo complicata la situazione… Quindi, l’uso della forza non è “la” soluzione.
D. – La situazione umanitaria resta drammatica: cosa può dirmi dell’emergenza in Siria?
R. – Soprattutto in questi ultimi tempi, quello che si vede è il panico che si sta diffondendo. Molta gente ha paura, è terrorizzata da quello che può capitare, è terrorizzata dall’avanzata di questi estremisti e quindi cerca di scappare… E’ un panico che si diffonde un po’ a tutti gli strati che provoca questi esodi massicci versi i Paesi vicini. I cristiani sono anche loro in questa situazione e bisogna anche ricordare che durante tutto questo conflitto le minoranze sono l’anello più debole della catena, poiché questo Is ha posto l’alternativa: o convertirsi all’islam, oppure pagare un tributo e non ostentare segni religiosi come croci, suono di campane… Chi può, cerca di vendere qualche proprietà e pensa di fuggire all’estero. Tutti, compresi i cristiani.
D. – Lei ha evidenziato il forte sentimento religioso dei musulmani e ha parlato di valori sui quali convergere…
R. – Io direi che un modo di tagliare l’erba sotto ai piedi di questi fondamentalisti è quello di ricuperare, soprattutto in Europa, i valori religiosi che sono molto, molto forti, molto sentiti in questi Paesi musulmani. Loro ci accusano spesso di essere atei e ci accusano di immoralità, è giusto quindi far vedere che l’Europa crede nei valori religiosi e, conseguentemente, crede anche alla pratica di questi valori religiosi. Altrimenti, anche questo sarà un humus per la crescita e lo sviluppo di questi fondamentalismi. Fonte: Radiovaticana