In Siria e Iraq non si ferma l’offensiva dei jihadisti del cosiddetto Stato islamico (Is). In territorio iracheno gli islamisti stringono d’assedio migliaia di turcomanni, mentre è di almeno 500 morti il bilancio degli scontri a Raqqa tra esercito siriano e gli integralisti che hanno conquistato una importante base militare. Secondo una Ong siriana, oltre 300 ribelli nelle ultime ore si sono arruolati tra le file dell’Is.
Intanto il ministro degli Esteri di Damasco, Walid al Muallim, ha detto che il governo è pronto a collaborare alla lotta contro il terrorismo e a dare il via libera a raid Usa e britannici sotto il suo coordinamento.
Per una testimonianza della situazione sul terreno Marco Guerra della Radio Vaticana ha intervistato il vescovo caldeo di Aleppo e presidente di Caritas Siria, mons. Antoine Audo:
R. – Siamo un po’ confusi. Non si sa esattamente cosa stia accadendo. Come cristiani, come siriani, speriamo di avere una soluzione di riconciliazione, di pace, con l’aiuto delle Nazioni Unite. C’è bisogno di una forza internazionale per la pace. La situazione ad Aleppo è piuttosto difficile, con problemi di elettricità, di acqua; non c’è sicurezza: non si sa quando arrivano le bombe. E, malgrado tutto, come cristiani, cerchiamo di essere vivaci, presenti, di fare attività. Per esempio, questa settimana faremo alcuni giorni di riflessione con tutta la gente che lavora con noi alla Caritas. Si cerca di sopravvivere, di essere attivi, presenti. Non possiamo fare altre cose.
D. – Ma si percepisce l’arrivo dei combattenti dello Stato islamico? Qual è la situazione sul terreno?
R. – In città, nel centro di Aleppo, dove vivono la maggioranza dei cristiani e ci sono anche altri, non c’è una presenza diretta violenta. Siamo sotto la protezione del governo. Intorno alla città ci sono tanti gruppi che attaccano e lanciano bombe. Questa è la situazione.
D. – Avete sentito racconti, testimonianze sulle aree finite sotto il califfato?
R. – Sì, abbiamo sentito le notizie che arrivano da Mosul e da Raqqa. Abbiamo notizie che parlano di legge, di comportamenti da tenere, di violenze. Sì, sì, e questo generalmente fa paura alla gente.
D. – Quindi, c’è una reazione da parte della popolazione? Ha paura dell’arrivo dell’Isis?
R. – Sì, sì: è normale. Speriamo, però, che non sia una realtà. La domanda è: “Chi sostiene questi gruppi?”. Questa è la domanda che rivolgiamo alla coscienza internazionale. Chi vende armi? Chi ricava interessi da queste violenze?