In Siria, nella regione dell’Idlib, assistiamo all’orrore: un altro attacco chimico, con i grandi del mondo a scansarsi di dosso le responsabilità, a dare le colpe ad Assad che però nega tutto. Secondo l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus) i morti sono almeno 65, tra cui 11 bambini. Ma il bilancio potrebbe aggravarsi, si parla di 350 persone, alcune delle quali in gravissime condizioni. Nessuna notizia precisa, nemmeno sul tipo di gas che sarebbe stato usato. Le immagini che arrivano, però, sono certe e sono terribili, di una ferocia e di una violenza mai viste. Bisogna tornare al Vietnam, a Sarajevo, alla Shoah. Bambini e adulti stesi per terra seminudi, con gli occhi sbarrati nello sforzo terribile per continuare a respirare. Hanno la bava alla bocca, esanimi, con lo sguardo stravolto e pieno di paura.
Se taciamo e non facciamo pressione sulla Comunità internazionale per spingerla ad intervenire, siamo complici. Siamo reduci dagli attentati a Londra e a San Pietroburgo. Pensiamo come avremmo reagito, manifestato, se le bombe chimiche fossero esplose lì e non nel Idlib. Esiste l’enorme rischio di vivere con indifferenza questo orrore. Ma l’indifferenza è complicità, connivenza. Come il vergognoso balletto dei distinguo e degli scarica barile cui stiamo assistendo da parte di molti alleati. Il gas è invisibile e crudele. “Ti viene la bava alla bocca, il sangue dal naso. Allora li spogli più veloce che puoi per eliminare gli abiti contaminati, li lavi con l’acqua, con gli idranti. Tutto questo su donne e bambini. Ma quasi sempre è troppo tardi”.
Se dinnanzi a tutto ciò rimaniamo nell’indifferenza, allora davvero dobbiamo aver paura di noi stessi; se non ci viene un conato di vomito per le manovre diplomatiche di chi vuole ridimensionare e strumentalizzare, siamo dei mostri. Mettiamoci dinnanzi a uno specchio e rabbrividiamo. Dimentichiamo lo sdegno che avevamo provato quando avevamo visto Schindler List, perché quei mostri siamo noi, noi quegli assassini.
Oggi, chiunque di noi può fare qualcosa. Può condividere un articolo, postare una foto, creare opinione pubblica. Oggi il compito di reagire dinnanzi all’atroce violenza non è solo dei politici e degli opinion leaders. Ciascuno può denunciare, raccogliere firme, scuotere coscienze, informare. Non lasciare che passi nel silenzio la tragedia di sangue che sta avvenendo in Siria. Sarebbe un silenzio che grida con la nostra bocca. Che grida le nostre colpe.
Di don Mauro Leonardi
Articolo tratto da IlFaroDiRoma