Siria: crocevia strategico per l’Occidente e l’Oriente

Bambini siriani in un campo profughi. Photo the Gabriel Chaim.

La violenta guerra civile che strazia da tempo la Siria, è causata da numerosi fattori esterni, i quali lottano per interessi diversi, che non portano nulla di buono alla causa della satbilità dell’area. Le conseguenze più dure di tali conflitti sono visibili nel popolo stremato, senza cibo, e non più regolato da leggi certe ed eque. Le potenze mondiali interessate alla regione, non hanno come obiettivo “la salvezza” della Siria. Cercano di salvaguardare gli interessi economici e strategici a danno della sovranità popolare. Le interferenze e le ingerenze, mirano a fornire alle organizzazioni internazionali non il bene della gente, ma la conquista del potere predominante nell’area. Nel futuro, -quando- (speriamo presto), tutte le questioni saranno risolte, la questione non si potrà dire esaurita. Bisogna indagare se il conflitto potrà ripetersi nel tempo, sviluppando sacche di violenza causate dalle questioni di convivenza religiosa, civile e sociale. Lo scopo dei gruppi armati sostenuti dall’occidente, non è quello di liberare la Siria da Hassad. L’obiettivo è quello di azzerare la cultura che ha costituito nei secoli il paese, per trapiantarne una nuova, con la forza. In un futuro scenario, posso ipotizzare una forma di “colonizzazione religiosa”, in contrasto con la laicità dominante prima dello scoppio dei disordini, la quale ha garantito nei secoli la convivenza pacifica tra tutti. Il modo migliore per scoprirlo è, guardare la storia del paese e considerarne la collocazione geografica. E’ possibile dimostrare che la geografia “congiura” contro questo paese. La storia ne è la dimostrazione più convincente; non vi sono quindi soluzioni facili per la Siria, che potrà raggiungere un assetto stabile solo se l’intera zona non penserà agli interessi di parte, ma al bene comune.

La non facile risoluzione delle difficoltà nel paese siriano, sono dovute alle continue interferenze dei mercenari assoldati dai gruppi terroristici, provenienti da tutto il mondo. Il grande problema delle frontiere, aumenta esponenzialmente la questione “sicurezza”

per la Siria. I paesi compiacenti, lasciano passare indisturbati, le leve combattenti. Anzi in alcune nazioni vicine, nei campi profughi, sono in aumento le stazioni di addestramento per i mercenari. Tutto questo avviene sotto gli occhi compiacenti delle autorità. Alcuni combattenti catturati dalle forze governative hanno dichiarato di non sapere per cosa andavano a lottare, altri pensavano di essere arrivati a Gerusalemme…. Uno studio pubblicato dal quotidiano tunisino elettronico al-Shourouk ha analizzato gli elementi stranieri armati in Siria,  per un totale di oltre 79.000 unità. I più numerosi sono indubbiamente i ceceni (14.000 armati), seguiti a ruota dai sauditi (12.000) e dall’Iraq (11.000). Più stupore genera il quarto posto del Libano con 9.000 jihadisti, cui segue la Turchia con quasi 5600 e i circa 5.000 palestinesi. Seguono libici (4400), tunisini (4000), egiziani (2600), giordani (2400), pakistani (1900), yemeniti (1600), afghani (1200), somali (780), russi (750), kuwaitiani (700), tedeschi (668), algerini (600), marocchini (550) e francesi (450). La lista specifica anche il numero di decessi in base ad ogni nazionalità: 3872 sauditi, 3671 ceceni, 2904 libanesi terzi, 2893 libici, 2791 iracheni, 2645 tunisini, 2018 palestinesi, 1947 turchi, … per un totale di oltre 31.000 stranieri morti in Siria. Tra loro anche 9176 donne (tra cui la maggior parte, nell’ordine, saudite, cecene, libanesi, tunisine, giordane e marocchine). Almeno 2.300 sarebbero stati uccisi in lotte intestine, di cui circa 531 di Daash, 979 delle altre bande a loro rivali (Jabhat al-Nusra, Fronte islamico, etc.) e 215 civili.
Mentre ancora sconosciuto risulta il numero dei rapiti e dispersi.
Statistiche dei mercenari stranieri presenti in Siria.

In Siria, un antico proverbio dice: “quando fu creato il mondo, l’intelligenza dichiarò che sarebbe andata in Siria, e lo spirito di discordia si intromise, dicendo che sarebbe andato con lei” . Dominata nei secoli da varie potenze, succedutesi le une alle altre, il paese è un caleidoscopio di culture, religioni ed etnie, tanto che anche “la fede, lì, è un partito. Prima di nascere, si è scelti. È impossibile sottrarvisi: nel Medio Oriente, le culture vi definiscono altrettanto nettamente che le caste in India”. Ma nessuno scoppio di odio razziale in quello sfortunato paese è stato mai esente dall’interferenza delle grandi potenze. Questo è vero anche per una tra le più sanguinose rese dei conti tra etnie, quella del 1860, che fu provocata da una comunità espulsa secoli prima dall’Egitto, i Drusi. Questi erano sostenuti dalla Sublime Porta, che voleva liberarsi dei Cristiani, ma anche dalla Gran Bretagna, tanto che un capo maronita aveva scritto: “i nostri problemi sono diventati quelli della Gran Bretagna e della Francia. Se un uomo picchia un altro, l’incidente diventa un affare anglo-francese e vi potrebbe essere persino una tensione tra i due paesi se una tazza di caffè fosse rovesciata in terra”. Quando, in quell’anno, la Sublime Porta diede via libera ai Drusi per massacrare i Cristiani, fu necessario attendere che la strage – iniziata ai primi di giugno – assumesse dimensioni spaventose prima che le due potenze, fino ad allora rivali, concordassero di intervenire per riportare la pace. Solo il 3 agosto si riunirono infatti gli ambasciatori delle cinque potenze europee a Parigi, e Londra non poté più bloccare l’intervento, di fronte alle notizie di quelle stragi, anche se lo accettò con “notevole ripugnanza” . Come si vede, il gioco della competizione tra potenze aveva finito per strumentalizzare gli odi inter-etnici, e i vari attori si erano decisi a intervenire per fermare i massacri solo quando questo avevano ormai raggiunto dimensioni apocalittiche, come raccontarono i soccorritori dei cristiani d’Oriente.

L’unico gesto di generosità, nei due mesi in cui le potenze litigavano anziché fermare l’eccidio, fomentato da Istanbul, era venuto da una personalità del mondo islamico, il capo della resistenza algerina all’invasione francese, Abd El Khader, costretto all’esilio a Damasco nel 1845: egli infatti si era interposto con i suoi seguaci tra i Drusi e le loro vittime, salvando un gran numero di Cristiani. Per questo egli divenne l’unico nemico giurato della Francia a essere decorato con la “Légion d’Honneur”! Venne poi il periodo del Mandato, dal 1920 al 1946, in cui i Francesi riuscirono a inimicarsi tutte le etnie, tanto da finire cacciati dalla regione; la fine della Seconda Guerra mondiale portò infatti all’indipendenza della Siria, che da allora ha avuto a lungo governi instabili, e ha subito ben tredici colpi di Stato, fino a quello che, nel 1970, ha portato al potere la famiglia Assad. Il fatto che ora sia implosa, e che si siano messe di mezzo le varie potenze, con alcune di loro tese a impedire ad altre di intervenire, non è un fatto sorprendente, visto quanto è stato detto finora. Non meraviglia neanche la grande preoccupazione della Turchia di fronte all’attivismo dei Curdi di Siria, fin troppo appoggiati dal governo autonomo dell’Iraq del nord: questi fatti dimostrano solo con quale forza la geografia eserciti la sua azione attraverso i secoli.

Questa volta, però, l’instabilità in Siria non viene sfruttata solo da Stati terzi – Russia, Cina, l’Occidente, l’Iran e la Turchia – ma anche da potenti gruppi non statuali. In questi anni, la lotta per contenere la cosiddetta “Espansione Sciita” ha portato la “Galassia sunnita”, capeggiata dalle sue componenti più estreme, come i Wahabiti, a scatenare una guerra senza quartiere in tutte le aree in cui ambedue queste grandi correnti dell’Islam convivono. Dopo quanto avvenuto tra le due comunità in Pakistan, in Iraq, in Libano e in Bahrein, il mondo sunnita è arrivato a far convergere tutto il suo peso economico e umano per risolvere la crisi siriana a proprio favore, tanto che persino al Qaeda – finora dedito a colpire l’Occidente – ha concentrato gli sforzi per far trionfare la causa sunnita. Di seguito una bella testimonianza di vicinanza alla gente: l’intervento delle Chiese a sostegno del popolo, continua tra mille difficoltà. Antoine, vescovo emerito di Aleppo, ha chiesto al Catholic Relief caldeo aiuto, per le famiglie cristiane che vivono a Aoun. Secondo l’associazione di “Aiuto alla Chiesa che soffre”, il vescovo raccoglie donazioni, per aiutare la gente a riparare le case distrutte dalla guerra. Inoltre, è garantito a chi si trova in difficoltà, il cibo, le bevande e il riscaldamento. Questa è la prima volta dopo tre anni dalla crisi siriana, che il popolo viene aiutato in maniera così meticolosa, e articolata. Nonostante questa opera di sostegno alle difficoltà, il vescovo e le Suore di Gesù e Maria,  cercano di convincere i cristiani a non lasciare la regione. Ha riferito suor Annie:”nonostante le tragiche circostanze in cui vive il popolo, la gente si rifiuta di lasciare le case. Al fine di aiutarli a superare la crisi, siamo stati loro vicini, con la speranza di arrivare presto alla fine di questo orribile conflitto”. FM

أطلق المطران أنطوان أودو، أسقف حلب للكلدان الكاثوليك نداء لإغاثة العائلات المسيحية المتضررة وتأمين حاجات الأشخاص المصابين بحسب ما أفادت عون الكنيسة المتألمة التي تقوم بجمع التبرعات

من أجل تزويد المصابين بالعلاجات المناسبة وإصلاح بيوت المسيحيين. كما وتسعى عون الكنيسة المتألمة جاهدة بتأمين الحاجات الأولية من مأكل ومشرب وتدفئة.

وتؤكّد عون الكنيسة المتألمة بأنها المرة الأولى التي تصل المبالغ إلى هذا الحد منذ بداية الأزمة السورية أي منذ ثلاثة أعوام تقريبًا. كما وقد طلب المطران أودو من الأخت آني وهي راهبة من راهبات يسوع ومريم بأن تساعد المسيحيين بألاّ يغادروا المنطقة. ومن جهتها، أفادت الأخت آني: “بالرغم من الظروف المأساوية التي تمرّ فيها البلاد، لا يزال الناس يرفضون مغادرة بيوتهم ونحن نساعدهم لكي يتخطّوا الأزمة التي نـأمل في أن تصل إلى نهايتها”.

 

Le fonti dell’articolo sono tratte da: www.comitatoatlantico.it

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