Quando questo non è facile si ricorre a ragazzi di età inferiore a quanto stabilito dalla legge o perché non si seguono le procedure normali di reclutamento o perché essi non hanno documenti che dimostrino la loro vera età. Per i ragazzi che sopravvivono alla guerra e non hanno riportato ferite o mutilazioni, le conseguenze sul piano fisico sono comunque gravi: stati di denutrizione, malattie della pelle, patologie respiratorie e dell’apparato sessuale, incluso l’AIDS. Inoltre ci sono le ripercussioni psicologiche dovute al fatto di essere stati testimoni o aver commesso atrocità: senso di panico e incubi continuano a perseguitare questi ragazzi anche dopo anni. Si aggiungano le conseguenze di carattere sociale: la difficoltà dell’inserirsi nuovamente in famiglia e del riprendere gli studi spesso è tale che i ragazzi non riescono ad affrontarla. Le ragazze poi, soprattutto in alcuni ambienti, dopo essere state nell’esercito, non riescono a sposarsi e finiscono col diventare prostitute. L’uso dei bambini soldato ha ripercussioni anche su gli altri ragazzi che rimangono nell’area del conflitto, perché tutti diventano sospettabili in quanto potenzialmente nemici. Il rischio è che vengano uccisi, interrogati, fatti prigionieri. L’età minima, secondo la Convenzione n° 138, corrisponde ai 18 anni. Ricerche, hanno mostrato come la principale categoria di ragazzi che diventa soldato in tempo di guerra, sia soggetta allo sfruttamento lavorativo in tempo di pace. Chi vive in campi profughi è particolarmente a rischio di essere sfruttato da gruppi armati. Le famiglie e le comunità sono distrutte, i ragazzi sono abbandonati a se stessi e la situazione è di grande incertezza. I rifugiati sono così spesso alla mercé dei gruppi armati.
La triste storia si ripete per i bambini siriani. I ribelli hanno una grande necessità di forze fresche da arruolare -commenta Pietro Vernizzi-, e per un bambino basta uno stipendio di cinque dollari. I minorenni da otto-nove anni in su sono utilizzati regolarmente nella guerriglia messa in atto dai terroristi. L’esercito Siriano Libero, che si professa laico, ha creato al suo interno la “Brigata dei Bambini Liberi”, composta soltanto da minori armati di mitra e kalashnikov. I vertici militari si sono addirittura vantati dell’itituzione di questa triste brigata, affermando che si tratta di bambini democratici che “difendono la loro patria”. La realtà è che i bambini dovrebbero rimanere fuori da qualsiasi gioco politico, religioso e ancor più militare. Ad Osama Saleh, sono poste alcune domande, molto interessanti.
Questo sfruttamento dei minori avviene anche da parte dell’Esercito regolare di Assad? “No. Nell’Esercito di Hassad i soldati hanno tutti almeno 18 anni. Sono i ribelli a usare i bambini, non solo per combattere, ma anche come scudi umani. Sapendo che le milizie regolari non sparerebbero mai su un minorenne, le opposizioni armate mandano avanti i bambini e dalle loro spalle sparano ai soldati. Se per errore uno di questi minorenni rimane ucciso, sfruttano doppiamente la sua morte mandando ilo video ad Al-Jazeera. Ho raccolto testimonianze dirette su questa inumana pratica quando insieme a una delegazione italiana mi sono recato in Siria e ho visitato i soldati feriti all’ospedale militare.
Quanto è rilevante il fenomeno di estremisti che dall’italia si recano in Siria per combattere la guerra santa? “Secondo le stime ufficiali i militanti provenienti dall’Italia sono una cinquantina di persone, ma io ritengo che siano molti di più. Diversi di loro li conosco personalmente da anni. Uno di loro è stato ripreso dalla Cnn mentre uccideva un soldato siriano a petto nudo. Sono numerosi quelli che dall’Italia sono scesi in Siria, e sono pochi quelli che sono tornati. Dobbiamo tenere conto che si tratta di terroristi, nel vero senso della parola, i quali hanno sfruttato il loro passaporto siriano per andare a combattere contro i loro concittadini per scopi politici. Tra loro ricordo che c’è anche Ammar Bacha, che ha sposato la figlia di Mohamed Nour Dachan , capo dell’Ucoii, l’Unione delle Comunità Islamiche in Italia” di Francisc Marrash
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