R. – Adesso, acqua, acqua, acqua! Il problema dell’acqua è molto difficile. I gruppi di milizie hanno chiuso le pompe dell’acqua nella città dove abitiamo e quindi soffriamo la sete, tutta la popolazione è sotto la minaccia di questa sete. Cerchiamo di aprire i nostri pozzi e cerchiamo di distribuirla, abbiamo lasciato tutto per concentrarci sulla distribuzione dell’acqua. Non sappiamo come finirà questa situazione ma, come si può immaginare, è un bisogno, una necessità enorme, una grande difficoltà, specialmente durante l’estate. Poi, c’è bisogno di cibo, di medicine, di assistenza dal punto di vista umano, non solo spirituale.
D. – C’è un rischio sanitario ad Aleppo?
R. – Sicuramente. All’inizio della crisi tanti bravi medici che erano in prima linea sono scappati dal Paese e tanti ospedali e cliniche private si trovano senza medicine e c’è tanta carenza di questi elementi essenziali.
D. – Voi avete un’idea di chi possano essere questi terroristi?
R. – Sappiamo che vengono da un’ottantina di Paesi, la maggioranza viene dal di fuori della Siria. Vengono per avidità di denaro o come mercenari o anche con l’idea del fondamentalismo puro e vengono a seminare la morte. Quello che possiamo cogliere di quello che stanno facendo è che non pensano di rimanere, perché uno che brucia tutto attorno non pensa a un futuro, non pensa di avere una famiglia lì. Chi distrugge le scuole e anche gli ospedali e le chiese, le moschee, sicuramente non pensa di continuare a vivere lì.
D. – Sono rimasti i cristiani ad Aleppo in Siria?
R. – Sì, sono rimasti. Noi abbiamo decine di migliaia di cristiani che sono rimasti in questa parte della città controllata dall’esercito regolare, o perché non hanno i soldi per scappare fuori, o perché credono che in questo momento c’è una grande missione per loro di testimoniare con questa difficoltà, con questa crisi, la loro fede.
D. – Che cosa fa lei come parroco?
R. – Ultimamente, dall’inizio della crisi, la Chiesa è tornata un po’ a coprire tantissimi uffici di tipo anche umano. Andiamo verso i bisogni umanitari prima di tutto. Dal mattino alla sera, mi trovo a lavorare nell’associazione della nostra Caritas parrocchiale. E poi anche ci occupiamo sicuramente della cosa essenziale, quella spirituale. Ma oggi la Chiesa è tornata ad occupare uno spazio enorme. Non possiamo coprire tutti i bisogni che lo Stato deve coprire, ma cerchiamo oggi – proprio perché siamo l’unico punto di riferimento della nostra gente – di coprire tante cose anche dal punto di vista della società.
D. – Ci sono segnali di speranza perché la situazione possa normalizzarsi?
R. – I segnali di speranza non li vediamo all’esterno. Cerchiamo di vederli dentro il cuore, con questa speranza noi viviamo.
D. – Cosa volete dire ai cristiani in Occidente?
R. – Voglio chiedere a loro di vivere la loro fede nella profondità, nella radicalità la loro vocazione cristiana. La nostra gente vive veramente con profondità e radicalità questo cammino di purificazione che ha fatto forse il buon ladrone: è una purificazione attraverso la sofferenza che apre il cuore e gli occhi. Quindi, forse quello che auguro e che chiedo ai cristiani di tutto il mondo è proprio di accogliere la nostra esperienza, viverla in modo spirituale nella comunione con noi e cercare di aprire il cuore a questa presenza sofferente di Gesù che soffre oggi nel suo corpo mistico in Siria.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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