Siria-Iraq: annunciata l’istituzione del Califfato Islamico del Levante

I jihadisti dell’Isis (Stato islamico dell’Iraq e del Levante) hanno annunciato la ricostituzione del Califfato, regime politico islamico sparito da circa un secolo. In un audio postato su Internet, l’Isis (che combatte in Iraq e Siria) ha anche designato il suo capo Abu Bakr al-Baghdadi “califfo”, cioé “capo dei musulmani” nel mondo. I miliziani qaedisti dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isis), che da giorni mettono a ferro e fuoco l’Iraq centro-settentrionale, affermano di aver realizzato il sogno che per decenni le dittature “laiche” del Medio Oriente hanno sbandierato di voler realizzare: abbattere i confini coloniali, tracciati un secolo fa tra Iraq e Siria, e creare uno mitico spazio arabo-islamico politicamente unito. “L’abbattimento di Sykes-Picot”, e’ il titolo del documento, diffuso dall’ufficio stampa dell’Isis il 10 giugno scorso, il giorno della presa di Mosul, seconda citta’ dell’Iraq, da parte delle milizie qaediste. Il riferimento e’ al celebre accordo raggiunto sottobanco nel 1916 dal diplomatico francese Franois Georges Picot e dal collega britannico Sir Mark Sykes.

L’ala qaedista irachena si e’ rafforzata nella regione occidentale irachena di al Anbar, confinante con la regione siriana orientale di Dayr az Zor. Dal 2012, con il deterioramento della situazione in Siria a causa del conflitto in corso tra ribelli e forze lealiste, i qaedisti di Anbar hanno esportato la loro jihad in Siria: o, meglio, in quelle che nella terminologia islamica classica sono “le terre di Sham”.

Hanno risalito l’Eufrate e si sono stabiliti a Raqqa, nel nord della Siria, il capoluogo della nuova provincia (wilaya) islamica di “Baraka”, lasciata sguarnita – come Mosul – dalle forze governative. “Baraka” e’ confinante con la wilaya di Ninive, con capoluogo Mosul. E dal 10 giugno – secondo il documento dell’Isis – le due province sono “unite in un unico fronte e sotto un’unica guida (politica e militare)”. La citazione e’ tratta da un “detto” di uno dei piu’ noti capi militari dell’Isis, tale Abu Mohammad al Adnani, mujahid poco piu’ che trentenne attivo sul campo quanto sui social network.

Come mostrano le foto pubblicate sui siti dell’Isis, con ruspe i miliziani qaedisti hanno con facilita’ raso a terra le barriere di sabbia erette dalle autorita’ di Baghdad lungo il poroso confine con la Siria (lungo ben 605 km). “Finalmente questo confine artificioso non esiste piu’. Abbiamo riunito le terre di Iraq e Sham”, si legge su uno dei tweet dell’ufficio stampa della provincia islamica di Baraka. “Le genti di queste terre possono ora ricongiungersi con i loro parenti”, si afferma su un altro post. Quando Sir Sykes e Franois Picot decisero come i rispettivi governi si sarebbero spartiti le terre allora amministrate ancora formalmente dall’Impero ottomano (1916-1918), forse non immaginavano che i loro cognomi, persino storpiati e trascritti in arabo nei modi più fantasiosi, sarebbero rimasti per decenni sulla bocca di milioni di siriani, iracheni, giordani, palestinesi, libanesi. E che quell’accordo da loro raggiunto avrebbe ispirato le più contorte teorie del complotto in Medio Oriente. Dietro questa facciata, però sul terreno i poteri informali hanno continuato a gestire gli affari locali: i leader clanici di Anbar e Dayr az Zor, ad esempio, appartengono alle stesse confederazioni tribali e la solidarieta’ tra loro si e’ dimostrata piu’ volte anche nella storia recente: durante l’invasione anglo-americana, i canali di rifornimento di uomini e mezzi superavano naturalmente la barriera frontaliera.

Non e’ un caso che dopo la presa di Mosul, convogli di centinaia di mezzi dell’Isis attraversino indisturbati il valico di Tal Hamis tra la regione di Hasake siriana e quella di Ninive irachena. L’Iraq ha ricevuto una prima fornitura di aerei da caccia russi Sukhoi per aiutare il Paese nella contro-offensiva agli insorti sunniti che si sono impadroniti di larga parte del Paese. L’annuncio di Baghdad è giunto mentre le forze governative, sostenute dall’aviazione, hanno lanciato un assalto ieri per riprendersi la città di Tikrit, vecchio feudo di Saddam Hussein, a 60km da Baghdad. L’offensiva lanciata il 9 giugno scorso dai ribelli sunniti, insieme agli alleati miliziani qaedisti dell’Isis (Stato islamico dell’Iraq e del Levante), ha provocato più di un migliaio di morti, secondo l’Onu, e la fuga di centinaia di abitanti.

Papa Francesco si è unito ai vescovi dell’Iraq “nel fare appello ai governanti perché, attraverso il dialogo, si possa preservare l’unità nazionale ed evitare la guerra”. Esprimendo vicinanza ai tanti profughi, tra cui i cristiani, il Papa ha aggiunto: “la violenza genera altra violenza; il dialogo è l’unica via per la pace”. Almeno venti membri delle forze di sicurezza irachene sono state uccise nel corso di combattimenti a sud-ovest di Baghdad. Lo hanno reso noto le forze armate. Media locali avevano riferito in precedenza che miliziani qaedisti e i loro alleati sunniti si stavano avvicinando sempre di più alla capitale.Secondo i diversi resoconti, sette soldati governativi sono stati uccisi e 29 altri feriti in scontri vicino a Karbala, dove risiede il Gran Ayatollah Ali Sistani, principale autorità religiosa irachena.

Intanto, il governo iracheno ha annunciato l’avvio delle operazioni di terra e aria per riconquistare Tikrit, città 160 km a nord di Baghdad e conquistata da miliziani qaedisti l’11 giugno scorso. Il portavoce dello Stato maggiore iracheno, il generale Qasem Atta, ha affermato in conferenza stampa a Baghdad che i soldati governativi, sostenuti da elicotteri militari, sono alle porte di Tikrit. Fonti di stampa irachene affermano che sempre oggi sono cominciati raid di elicotteri contro postazioni qaediste a Mosul, seconda città irachena caduta in mano degli estremisti. a cura di Francis Marrash

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