E’ stata smentita l’uccisione in Siria di 175 lavoratori della fabbrica Al Badia, rapiti nei giorni scorsi dall’Is, a nord-est della capitale, Damasco. A negare il massacro sono state fonti militari siriane, alle quali era stata, in un primo tempo, attribuita la paternità della notizia. Ciò di cui la stampa locale ancora parla è il rapimento degli operai, e sulla loro sorte quindi è mistero.
Damasco ha nel frattempo rimesso in libertà un fotoreporter americano scomparso nel 2012. Si tratterebbe di Levin Dawes, free-lance di 33 anni.
Resta intanto confermata la data del 13 aprile per l’inizio dei negoziati a Ginevra tra governo e opposizione siriane. L’annuncio è arrivato dall’ inviato Onu per la Siria, Staffan de Mistura che, per quella data, avrà concluso il suo ciclo di incontri istituzionali tra Siria e Russia. La questione principale è sempre legata al ruolo che dovrà avere il presidente siriano Bashar al-Assad durante i negoziati. Daniele Gargagliano ha parlato della delicata fase diplomatica in corso con Stefano Torelli ricercatore presso l’istituto per gli studi di politica internazionale.
D. – L’Unione europea sembra restare sullo sfondo della questione siriana: cosa è mancato o cosa manca all’Europa nel lanciare un messaggio unitario di primo piano sul conflitto siriano?
R. – Ci sono due ordini di problemi: uno è proprio più strutturale, insomma, è un po’ endemico all’Unione europea stessa, cioè la mancanza di una vera e propria politica estera comune, e questo vale anche per tante iniziative politiche. L’Unione europea ha trovato sul lato economico una sorta di voce comune, anche se non tutti gli attori dell’Ue però poi, dal punto di vista politico, invece, emergono i singoli interessi particolaristici dei vari Paesi. Questo si vede anche nella questione della gestione dell’immigrazione. La Siria, e in realtà la gestione di tutto ciò che riguarda il Mediterraneo e il Medio Oriente, è una di quelle questioni su cui non si riesce a trovare una voce comune. Pensiamo – per esempio – a quanto la visione possa essere diversa tra Paesi del Sud Europa – quindi Italia, Spagna, Grecia – che sono molto più coinvolti, chiaramente anche per vicinanza geografica, a quello che accade in Medio Oriente, e Paesi del Nord Europa, che sono quasi estranei alle dinamiche mediorientali.
Redazione Papaboys (Fonte it.radiovaticana.va)
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