Senza un’azione rapida, l’intera generazione dei bambini siriani rischia di scomparire. A lanciare l’allarme è l’Alto commissariato dell’Onu, nel rapporto dal titolo “L’avvenire della Siria e la crisi dei bambini rifugiati”. Centinaia di migliaia di bambini che non vanno a scuola, migliaia senza genitori, abbandonati a se stessi, molti mandati a lavorare per salari bassi e in condizioni pericolose. La ricerca dell’agenzia delle nazioni unite per i rifugiati denuncia una vita dolorosa, esclusione e insicurezza per circa 1,2 milioni di piccoli. Intanto la diplomazia internazionale continua a lavorare alla conferenza di pace cosiddetta Ginevra 2, prevista per il prossimo 22 gennaio. Ma sul terreno gli scontri tra gli oppositori e le forze lealiste del regime Assad continuano a Homs, Damasco Idlib, Hilla, con un bilancio giornaliero di decine di vittime. Sul rapporto, che prendendo a riferimento la situazione nei campi profughi di Libano e Giordania, mette in mostra il volto di una Siria che rischia di scomparire, Cecilia Sabelli ha intervistato Federico Fossi, dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (servizio della Radio Vaticana anche in file audio):
R. – Il Rapporto evidenzia come i bambini siriani rifugiati soffrano di rabbia e isolamento siano bambini con famiglie separate dalla guerra. Evidenzia anche l’abbandono scolastico e come conseguenza il ricorso al lavoro minorile.
D. – C’è anche tra loro chi non possiede documenti…
R. – Molti bambini sono nati in esilio e non avendo certificati di nascita, sono esposti al rischio di apolidia e cioè di non avere una cittadinanza. Questo ha delle conseguenze che riguardano principalmente le difficoltà di poter frequentare le scuole o nel poter ricevere assistenza sanitaria e altri servizi. Per cui i diritti umani di questi bambini sono pericolosamente intaccati dal fatto di non avere dei documenti che attestano la loro nascita.
D. – Cosa accade a questi bambini quando arrivano nei campi? Nel Rapporto si parla di quello di Zatri, il secondo campo profughi più grande del mondo…
R. – I bambini quando arrivano nei campi, laddove c’è bisogno naturalmente, vengono curati: nel campo di Zaatari, in Giordania, oltre 1.300 bambini sono stati curati per ferite, principalmente da arma da fuoco, tra ottobre del 2012 e ottobre del 2013. Un altro aspetto molto importante è quello dell’assistenza psicologica: sono bambini che ovviamente hanno subito dei fortissimi traumi, che portano a comportamenti anomali. Devono essere ovviamente trattati il prima possibile per evitare che si possano protrarre nel tempo.
D. – I bambini sono il futuro di ogni nazione. Come garantire un avvenire alla Siria?
R. – E’ importante che le famiglie possano ricevere un sostegno economico. Questo impedisce, appunto, ai bambini di dover ricorrere al lavoro minorile. E’ importantissimo anche aiutare i Paesi in cui sono ospitati e qui è fondamentale il supporto della Comunità internazionale. Questa può agire attraverso diverse forme – programmi bilaterali di sviluppo, rapporti prioritari fra le istituzioni finanziarie internazionali e questi Paesi, che devono essere considerati come Paese partner – per far sì che i Paesi confinanti con la Siria, che hanno tenuto le frontiere aperte e che si stanno assumendo un carico enorme sui loro sistemi sociali e finanziari, possano essere assistiti nel gestire questo flusso di rifugiati molto pesante. Stiamo parlando di ben oltre 2 milioni di rifugiati.
Fonte: Radio Vaticana