R. – Il Natale viene celebrato con la solita gioia, però, ecco, in alcune zone con restrizioni particolari: ho presente qualche parrocchia che è in zone sotto il controllo dei fondamentalisti, e lì non si può celebrare con segni esterni, come il suono delle campane, addobbi esterni… E poi, anche in tante altre comunità è un Natale in cui si notano, quest’anno, dei posti vuoti: tanta gente che ha dovuto emigrare perché la situazione non permetteva di vivere per mancanza di lavoro, insicurezza…
D. – Quali saranno le celebrazioni?
R. – Le celebrazioni della Vigilia saranno anticipate: anziché la Messa com’era prima del conflitto, a mezzanotte, sarà alle cinque del pomeriggio, cioè in ore più convenienti e meno esposte a rischi. Si celebra qui, a Damasco, nelle cattedrali sia cattoliche sia ortodosse, e nelle diverse parrocchie: un po’ dappertutto c’è questa preparazione. Anche quest’anno si celebrerà con gioia, anche se non con segni esterni, ma con una gioia profonda. E quello che si nota è che la gente partecipa sempre di più, con molta fede. È già il quarto Natale – purtroppo – che si vive in questa situazione, e si spera che sia l’ultimo.
D. – Il messaggio di Gesù Bambino che nasce in una situazione di povertà, di guerra, forse è ancora più forte…
D. – Quando le condizioni sono queste, è ancora possibile provare la speranza e la gioia del Natale?
R. – La speranza non manca mai. Io sempre, alla fine, ho fiducia che il Signore non ci abbandoni, che non abbandoni questa gente. Si spera che prima o poi possa essere trovata la strada per una soluzione pacifica di questo lungo conflitto, anche perché il Signore ha dotato la persona umana della ragione. Anche la comunità internazionale è convinta che sia necessario uscire da questo inferno: la ragione dice che non si può più continuare. E speriamo che oltre alla ragione ci sia anche la volontà. Ci sono tanti tentativi che la comunità internazionale, anche ultimamente, sta elaborando. Speriamo che possano avere frutti.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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